La tentazione atomica di Lula Alla guerra preventiva il Brasile oppone il ricorso alle armi
nucleari
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Il
presidente Usa Bush ha ormai inaugurato coi fatti la "guerra preventiva" e il teorema politico nei
neo-conservatori. L'intera classe politica brasiliana aveva già da tempo avvertito questo cambio di rotta durante i contatti e le intese preventive relativi
all'Alca (Area di libero commercio delle Americhe). Quale la reazione del
governo di Brasilia, dell'attuale classe dirigente? In un mondo ove la ragione del diritto è la ragione del più forte
non si è escluso il ricorso all'atomica. E non ci si è limitati a un pensierino, a
un'indiscrezione: al contrario sono emerse quattro tappe, le prime quattro tappe, che delineano la futura strategia militare del
governo.
E' il 13 settembre del
2002, il candidato alle elezioni presidenziali Inacio Lula da Silva
pronuncia una conferenza presso la Fondazione di alti studi e strategia di Rio de
Janeiro. Siamo nel corso delle ultime fasi della campagna elettorale. Di fronte ai militari il futuro presidente critica i tagli alle
forze Armate per il 2003 e promette revisioni. Aggiunge che un paese, per essere rispettato, deve essere una potenza militare; difende uno
«stato forte» e il servizio militare obbligatorio. Il presidente non si ferma
qui, e coinvolto dagli applausi dei militari elogia la capacità di pianificazione del regime militare del
1964. Manifesta entusiasmo per il progetto della marina di costruire un sottomarino nucleare e per quello
dell'aeronautica volto alla costruzione di un veicolo per lanciare i satelliti.
Quindi le due ultime chicche: definisce «leonino» l'accordo con gli Stati Uniti per l'uso della base spaziale di Alcantara nel Maranhao, e condanna l'adesione del Brasile al
Tnp, il Trattato di non proliferazione nucleare. Secondo Lula l'accordo avrebbe senso solo se tutti si impegnassero a non usare le armi nucleari; chiaro il riferimento ai cosiddetti
"stati nucleari" che evidentemente si guardano bene dall'impegnarsi in questa direzione. L'allora candidato ribadisce che il trattato non ha garantito l'effettivo disarmo delle nazioni che erano già detentrici di un arsenale nucleare; con l'unico risultato che i
paesi che conservano una capacità di distruzione pressoché illimitata impediscono alla maggioranza l'accesso a un
«certo armamento». Per il futuro Presidente questa disuguaglianza di potere nelle relazioni internazionali deve essere corretta.
Il trattato in questione è in vigore dal 1970, vieta ogni ricerca finalizzata alla costruzione della bomba atomica
e impegna le potenze nucleari al disarmo. Il Brasile è l'ultimo paese ad aver
aderito: lo ha fatto nel 1998, anche con l'appoggio del Pt (Partito dei
lavoratori, lo stesso di cui era leader Lula prima di diventare presidente,
ndr). Alle inevitabili polemiche ribatte il portavoce della campagna elettorale petista
Andrè Singer, riuscendo solo a gettar benzina sul fuoco: segnala infatti che gli U.S.A. non solo si sono rifiutati di ridurre ulteriormente il proprio arsenale ma non si sarebbero neppure impegnati a non usarlo.
Secondo alcuni analisti politici questo esito sarebbe l'inevitabile conseguenza dell'affinità ideologica tra la sinistra e settori militari brasiliani, dell'inconscia ammirazione dei petisti verso la politica di
Geisel. Seconda la vulgata più diffusa Geisel, presidente della Repubblica negli anni '70, avrebbe
infatti raffreddato i rapporti politico-diplomatici e commerciali con gli
Usa., cercando di approssimarsi all'Europa. Soprattutto la Germania Federale, ma in certa misura anche i "paesi-oltre cortina", come testimonierebbero le Lada e "Moscovitch" importate negli anni' 70 e ancora circolanti (magari non nel centro finanziario
paulista). E tutto ciò nel nome di un nazionalismo patriottico condito di anti-americanismo, adesso rimproverato a Lula. Ma questa è appunto la vulgata...
Lula verso l'atomica: II
tappa - 2 Ottobre 2002 La rivista Istoè, nell'immediatezza del voto presidenziale, con interessanti maxi-interviste, ha ritratto ciascuno dei quattro candidati. L'intervista a Lula del 2 Ottobre è già nella storia; qui conferma la sostanza del citato
intervento, quello pronunziato durante la conferenza organizzata dai militari. Si riportano le testuali parole del futuro
presidente: «Perché un paese sia rispettato nel mondo, questo deve essere molto forte dal punto di vista tecnologico o economico o militare. L'ideale sarebbe esser forti sui tre fronti, come gli
Usa. Il Brasile non è forte in alcuno. Siamo deboli. Sono un pacifista dalla nascita. Ma questo non significa che si debbano smantellare le
forze armate. Un giorno potresti averne bisogno. Il Brasile ha firmato il Trattato di
non-proliferazione delle armi nucleari immaginando che gli Stati Uniti adempissero ai propri obblighi: smantellare il proprio arsenale e non attaccare con armi nucleari i paesi che non le posseggono. Ma non adempiono. La proibizione riguarda solo noi e non loro? Rimango con una rosa in mano per affrontare le loro armi? Il Brasile deve esigere che si rispettino i trattati che ha firmato. [...] Il nostro Paese non è una repubblichetta, è una grande nazione. [...] Sono favorevole a che non si posseggano armi nucleari. Ma dobbiamo sopravvivere tra la mia utopia di un mondo disarmato e la potenza e prepotenza militare degli
altri». Gli psicologi del linguaggio, messi di fronte a questa intervista, impazzirebbero: si noti che ogni affermazione di tipo pacifista viene seguita dalla congiunzione "ma" o comunque da una proposizione che ne limita, e fortemente, la portata. Forse che il buon Lula ha qualche dubbio sull'efficacia delle note
diplomatiche di Celso Amorim nel convincere Rumsfeld e Condoleeza Rice a dar tempestiva esecuzione al
Tnp?
Il ministro brasiliano della Scienza e Tecnologia, Roberto Amaral, del Psb, rilascia una infuocata intervista a Bbc Brasil. Il suo messaggio in sintesi? Il Brasile deve procurarsi le conoscenze necessarie per la costruzione della bomba atomica. Riportiamo testualmente le parole del Ministro: «Lei sa che non si possono avere forze armate deboli, a quel punto è meglio non averle. Bisogna avere forze armate moderne, di difesa. Tutto lo sviluppo militare brasiliano è difensivo, ma deve avere un elevato sviluppo tecnologico. E soprattutto uno sviluppo proprio. Non ha senso avere forze armate che dipendono da tecnologia importata, acciocché i suoi aerei si alzino in volo, le sue navi navighino, ed i suoi carri armati avanzino. [...] Siamo contrari alla proliferazione nucleare, abbiamo firmato il trattato di non proliferazione delle armi nucleari, ma non possiamo rinunciare alla conoscenza scientifica. Rinunceremo alla produzione di armi ma non possiamo rinunciare a nessuna conoscenza scientifica. Ciò ricomprende ogni conoscenza, compresa quella per la fabbricazione della bomba atomica. La conoscenza del genoma, del DNA della fissazione nucleare. Ogni conoscenza. Vogliamo conoscere tutto ciò che è possibile». Tralasciamo le polemiche scaturite da quest'altra storica intervista, e le inevitabili e rituali smentite. Ovviamente impazzano anche i sondaggi sull'atomica brasiliana. Il più recente? Si: 29,58 %. No: 63.38 %. Non so: 7,04 %.
I buonismi sono finiti, la «fame» per il momento può anche attendere; il governo fa sapere che agli inizi del 2004 si deciderà, per la gioia della forza aerea, quali "caccia" andranno a sostituire gli antiquati Mirage III. Il comandante dell'Aeronautica Luiz Carlos Bueno ha confermato: «Nel prossimo semestre il ministro della Difesa Viegas definirà un nuovo programma e le imprese che concorrono alla fornitura dei "caccia" potranno presentare nuove proposte. I Francesi presenteranno un Mirage miracoloso». (Il riferimento è al caccia del consorzio franco-brasiliano Embraer/Dassault, ndr). I concorrenti sono i russi Mig-29 e Sukhoi Su-35, l'anglo-svedese JAS-39 Gripen, dalle molte componenti Usa, l'americano F-16, il suddetto Mirage del consorzio franco-brasiliano Embraer/Dassault. Militari e politici terranno d'occhio i bilanci, ma alla fine sceglieranno la proposta che assicuri il trasferimento della tecnologia, condizione unica per una effettiva modernizzazione della difesa aerea. Tutti ricordano infatti il caso dell'Argentina nell''82, molto vulnerabile nella difesa delle Isole Malvinas, perché interamente dipendente dalla tecnologia straniera. E tutti, militari e politici, si sono identificati con l'Argentina...
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