Cidade de Deus consacrato come “classico” Anteprima del libro
“Alle radici del cinema
brasiliano”
|
In concomitanza con l'uscita nelle sale italiane del film Cidade de Deus del regista brasiliano Fernando Meirelles (che inesplicabilmente viene presentato con il titolo in inglese "City of God" dalla casa distributrice Mikado), pubblichiamo un capitolo del libro "Alle radici del cinema brasiliano", a cura di Gian Luigi De Rosa, che uscirà nel prossimo mese di giugno, edito dalla Oédipus di Salerno e dall'Istituto di Studi Latinoamericani di Pagani.
Cidade de Deus: Uma arma na mão e uma idéia na cabeça
Cidade
de Deus di Paulo Lins è uno dei romanzi più interessanti nel
panorama letterario brasiliano degli anni Novanta.[1]
Nella sua versione cinematografica è diventato un caso nazionale
in Brasile ancor prima di essere presentato al pubblico (agosto 2002). Le
ragioni di una serie di dibattiti e discussioni che hanno coinvolto
giornalisti, critici e opinione pubblica e che hanno reso cult
un film ancor prima di essere visto, risiedono nella situazione attuale in
cui si trovano le grandi città brasiliane, in cui la criminalità
organizzata spesso riesce a prendere il sopravvento sulle forze di polizia
e dove la povertà si è trasformata in una costante storica. La
prosa di Paulo Lins, ibrida per la molteplicità di registri linguistici
utilizzati nel libro, passa dal linguaggio da favela (molte gírias
e frasi fatte incomprensibili anche a una parte dei lettori brasiliani, in
quanto relative alla sola città di Rio de Janeiro e appartenenti ad una
terminologia in voga dagli anni Sessanta agli inizi degli Ottanta) a un
linguaggio a volte troppo elevato. Da
«Deu-se um corte na manhã, oriundo de uma oração de verbo
intransitivo e sujeito morto»,[2]
si passa a dialoghi come quello che segue: «Vou rapar fora dessa vida
de uma vez por todas, morou? Senão vou amanhecer com a boca cheia de
formigas ou então se fuder numa cadeia. Essa onda de bicho-solto é pra
maluco».[3]
Il problema della lingua
diventa un problema più ampio nel momento in cui si passa alla
trasposizione filmica. Il registro linguistico che utilizza Meirelles
è piuttosto uniforme, anche
se la narrazione di Busca-Pé è lontana dalla gíria
che dilaga in tutti i dialoghi. Ecco un interessante esempio di gíria
nelle parole di Cabeleira e Berenice: Cabeleira: «Alô Berenice. É o seguinte, vou te mandar uma letra invocada agora. Pô mina...já viu falar em amor à primeira vista»?
Berenice: «Malandro não ama, malandro só sente desejo». Cabeleira:
«Assim
não dá prá conversar...». Berenice:
«Malandro não conversa, malandro desenrola uma idéia». Cabeleira: «Pô! Tudo que eu falo, tu mete a foice»! Berenice: «Malandro não fala, malandro manda uma letra»! Cabeleira:
«Vou parar de gastar meu português contigo que tá foda». Berenice:
«Malandro não para, malandro dá um tempo». Cabeleira:
«Falar de amor contigo é barra pesada». Berenice:
«Que amor que nada. Tu tá é de sete-um»! Cabeleira:
«É que o otário aqui te ama».
Fernando
Meirelles, il regista del film, sceglie di trasformare il narratore
extra-diegetico del libro in narratore intra-diegetico. Il filo della
narrazione viene intessuto attraverso la voce in off
di uno dei personaggi minori del libro, Busca-Pé. Facendo un confronto
con due trasposizioni cinematografiche degli anni Sessanta: Macunaíma
e Vidas Secas, vediamo in che
modo la costante presenza nel testo letterario di un narratore
extra-diegetico sia stata risolta in modo diverso: Nelson Pereira dos
Santos lo abroga totalmente, mentre Joaquim Pedro de Andrade ne
fa un uso mirato e limitato. Busca-Pé,
nel libro di Lins, fa parte dell’universo della favela Cidade de Deus,
in cui si confrontano e si incontrano centinaia di personaggi.
All’interno dei tre capitoli del libro: A história de Cabeleira, A
história de Bené e A história
de Zé Pequeno, incontriamo storie di tantissimi personaggi che
definire piccoli o marginali nell’evoluzione del racconto ridurrebbe il
loro apporto alla totalità dell’opera. Ed è in questo universo che
Fernando Meirelles sceglie il suo personaggio principale, Busca-Pé,
affidandogli la narrazione ed anche un barlume di speranza per il futuro,
visto che il piccolo fotografo sarà uno dei pochi che riuscirà ad uscire
dalla favela. La
scelta di Lins è di utilizzare i personaggi per narrare, un po’
autobiograficamente, la storia della marginalità della favela Cidade de
Deus, costruita come agglomerato di case popolari in seguito al nubifragio
che distrusse alcune favelas del centro di Rio alla fine degli anni
Cinquanta.[4] Ed
è fondamentalmente questo il motivo per cui il film ha suscitato tanto
scalpore, accendendo sia l’interesse degli spettatori sia della critica.
L’argomento è tanto scottante in quanto fotografa le grandi megalopoli
brasiliane ormai in balia del narco-traffico. È ormai routine in questi
ultimi tempi vedere quartieri e zone commerciali chiusi per intere
giornate per ordine dei trafficanti. Vedere tutto questo trasformarsi in
film, anche se la sceneggiatura prende spunto da un romanzo, e non
scorgere una via d’uscita alla violenza lascia molte domande e poche
risposte. La
violenza che i cinemanovisti rappresentavano nei loro film e la
violenza riscontrabile in molti film della Nova Safra è
rapportabile, anche se con una differenza sostanziale. La violenza nel
Cinema Novo è una violenza priva di odio, brutale, pura nella sua essenza
estetica e con un forte messaggio etico, incarnando la speranza di
poter modificare la
realtà. Alcuni film tra cui: Como nascem os anjos (1996),
Um céu de estrelas (1997), Um
copo de cólera (1999), Cronicamente
inviável (2000), Quase Nada (2000),
O Invasor (2001), Cidade de Deus (2002), Ônibus 174 (2002) e Madã
Satã (2002) ripropongono la tematica della violenza, considerata in
parte come eredità del Cinema Novo. Questi film non cercano di spiegare
il fenomeno, non giudicano le cause né le conseguenze del fenomeno della
violenza; sono piuttosto uno specchio che constata la realtà com’essa
appare senza aggiungere né sottrarre niente. Alla telecamera di Glauber
si sostituisce un’arma, così come ironizza uno dei personaggi del film
di Meirelles, ma al contempo è un chiaro riferimento all’eredità
glauberiana.
Il film è rapportabile a Pixote (1981), per la tematica
dell’infanzia negata, anche
se Hector Babenco, regista argentino naturalizzato brasiliano,
cerca una via d’uscita alla vita marginale dei meninos
de rua attraverso la figura materna della prostituta (ormai cult
l’immagine di Marília Pêra che allatta Pixote). Meirelles non ci prova
neanche, i suoi meninos ammazzano e tradiscono per i soldi, per il comando, per
essere qualcuno ed uscire dall’anonimato della favela. Emblema
di questi nuovi Pixote è Filé com Fritas: «Se
me der um ferro, eu formo o bonde pra passar ele»! – disse Filé
com Fritas, um dos esculachados, de apenas oito anos. «Vai
formar bonde porra nenhuma! Tu tem que parar com essa onda de roubar e
procurar uma escola… Tu è criança, rapá»! – disse Galinha.
«Meu irmão, eu fumo, eu
cheiro, desde nenenzim que peço esmola, já limpei vidro de carro, já
trabalhei de engraxate, já matei, já roubei… Não
sou criança não. Sou sujeito homem»[5] Gli
otto anni di Filé com Fritas sono già tanti, e nonostante le parole di
Mané Galinha, entrato nel narcotraffico e nella guerra tra bande per
vendicare lo stupro della propria ragazza e l’assassinio di alcuni
parenti da parte di Zé Pequeno, il bambino afferma la sua età adulta,
urlando di essere «sujeito homem» ed elenca le proprie qualità
di adulto: fuma, sniffa cocaina, ha già rubato e chiesto l’elemosina e
soprattutto ha già ucciso. La relazione letteratura-cinema per
quanto riguarda Cidade de Deus
è interessante anche per un ulteriore dettaglio;
l’ultima edizione del romanzo, quarta ristampa e seconda edizione
nel 2002, contiene una vera e propria revisione attuata dall’autore. I
personaggi principali, resi famosi dal film, hanno nomi diversi: Cabeleira
si trasforma in Inferninho, Bené diventa Pardalzinho, Dadinho è Inho
fino a quando Exú non lo ribattezza Zé Pequeno che nella nuova edizione
diventa Zé Miúdo; cambiano, di conseguenza anche i titoli dei tre
capitoli dedicati a Cabeleira, Bené e Zé Pequeno. La stessa Angêlica
cambia nome e diventa Adriana. Incontriamo una serie di modifiche che
vanno da intere frasi aggiunte o rimosse, si passa da «Em dias de
chuva, o tempo corre mais rápido, a ausência do sol faz as horas
passarem despercebidas para quem está ao léu dará», pagina 14
della versione del 1997, a «Em dias de chuva, as horas passam
despercebidas para quem está ao léu dará», pagina 13 della nuova
edizione. Altre modifiche mantengono una connessione semantica interna
molto forte: Il “bar do Pingüim” diventa il “bar do
Batman” e Salgueirinho diventa Passistinha, nel primo caso
ipotizziamo una liason in relazione ai due personaggi del fumetto,
il passaggio è dal personaggio cattivo (Pinguino) all’uomo pipistrello,
nel secondo caso, Salgueirinho (riferito alla Scuola di Samba Salgueiro)
diventa Passistinha (diminutivo di passista de samba), scompare il
riferimento ad una sola scuola di samba per
poterle comprendere tutte. Ed infine, quella che ci è parsa una
delle più incomprensibili modifiche attuate dall’autore, il segno
zodiacale di Zé Pequeno: da Leone diventa Gemelli. La
revisione, però, ha interessato soprattutto i personaggi e qualche frase,
così come è stato chiarito sopra. Le storie delle centinaia di
personaggi della prima edizione si ritrovano per intero nell’ultima
edizione, resta la stessa ossatura del romanzo. La particolarità di
queste alterazioni richiama la nostra attenzione solo perché la spinta al
cambiamento nasce in seguito alla trasposizione filmica del libro e ne è
diretta conseguenza. Una tale quantità di modifiche tra le due edizioni
potrebbe fare la felicità di buona parte della critica alla ricerca di
motivazioni estetiche interne all’economia dell’opera letteraria,
soprattutto, perché alcune modifiche restano incomprensibili, se messe in
relazione al successo del film. La concomitanza tra il film e la
riedizione lasciano, pertanto, molti dubbi sulle ragioni che hanno spinto
Paulo Lins al cambiamento e, probabilmente, è a partire da quest’ottica
che devono essere analizzati i tagli e le modifiche del romanzo.
copyright
Editrice Oédipus - Istituto di Studi Latinoamericani di
[1] Paulo Lins, Cidade de Deus, Companhia das Letras, São Paulo, 1997; trad. italiana: Paulo Lins, Città di Dio, Einaudi, Torino, 1999. [2]
Paulo Lins, op. cit., pag. 111. [3]
Ibidem, pag. 152. [4]
Costruita durante il governo statale di Carlos Lacerda tra il
1962 e il 1965, nei pressi di Jacarepaguá,
quartiere della zona occidentale della città di Rio de Janeiro,
Cidade de Deus ospitò i suoi primi abitanti nel 1966. La geografia di
questo quartiere di case popolari fatto di edifici piccoli di cinque
piani si è velocemente trasformata con l’arrivo disordinato di un
numero maggiore di persone che il complesso abitazionale poteva
ospitare, divenendo oggi una delle maggiori favelas di Rio. I primi
scontri per il controllo del traffico di droga scoppiarono nel 1979.
Oggi vi sono all’incirca 190.000 abitanti. [5]
Paulo Lins, Cidade de Deus...,
op. cit., pag. 410.
|