«Ho bellissimi ricordi di tutti i periodi che ho trascorso in
Italia... la gente, le città, il profumo... la luce di Roma mi affascina!».
Toquinho ci regala questa sua dichiarazione appassionata subito
dopo aver concluso un concerto tenuto nei giorni scorsi a São Carlos, un
centro dello stato di San Paolo, in occasione dei festeggiamenti dei 50 anni di fondazione della
EeSC-Usp (Escola de engenharia de São Carlos – Università di São
Paulo). Un'esibizione emozionante e coinvolgente come le sue parole,
durante la quale ha cantato insieme a migliaia di voci. Per lui è stato un piacevole ritorno
in una delle città che visitò negli Anni ´70 in compagnia di Vinicius de Moraes durante una
tournée intitolata “Circuito Universitário”. Anni difficili per il
Brasile, quelli, a
causa di una dittatura che aveva costretto numerosi artisti ad abbandonare
il proprio paese per trovare rifugio e libertà d'espressione all'estero.
E Toquinho, con Chico Buarque di cui in quel periodo era il
chitarrista, aveva scelto di trascorrerli proprio in Italia, quegli anni,
a fare concerti e happenings insieme a lui per tutto lo Stivale in
compagnia di Vinicius de Moraes e di allora giovani cantautori italiani.
Ma a differenza di Chico che non ama parlare delle paure e delle
costrizioni di quel periodo, Toquinho serba un buon ricordo del suo
"esilio" italiano che lo avrebbe poi reso famoso a livello
internazionale. «Giunsi in Italia nel 1969 insieme a Chico Buarque e vi
rimasi sette mesi - ricorda -. Fu un periodo di apprendimento in tutti i sensi,
un inizio di carriera per entrambi costellato da difficoltà finanziarie.
Difficoltà che furono superate grazie a buonumore, ottimismo e un pizzico
di fortuna.
Imparai ad apprezzare l´Italia come
fosse la mia seconda patria e con Vinicius intrapresi una lunga strada di registrazioni e concerti che si moltiplicarono
più tardi, anche senza la presenza del poeta, soprattutto durante gli Anni ´80,
dopo il successo di “Acquarello”». Antonio Pecci
Filho, che ha scelto come nome d'arte il vezzeggiativo con cui da
piccolo la madre usava chiamarlo, è legato all'Italia non solo per via
della musica, ma anche a causa delle sue origini italiane. «I miei genitori
- continua - nacquero in Brasile, ma mio nonno paterno era di nativo di Toro,
in provincia di Campobasso, nel Molise. E mia nonna paterna è calabra, mentre i miei nonni materni sono di
Mantova». Non solo la sua vita, ma anche la sua carriera è ricca di
ricordi italiani, considerata la sua abitudine di ritornare nel nostro
paese. E tra i ricordi ai quali è più affezionato, certamente quello
della creazione del “Samba di Orly”, un brano composto insieme a Chico Buarque
al quale diede il suo contributo anche Vinicius de Moraes. «Samba di Orly
fu composta nel 1969 - continua Toquinho -, quando dopo aver trascorso sette mesi
insieme a Chico in Italia, stavo per rientrare in Brasile.
Il giorno prima della mia partenza
lasciai per lui un tema musicale da sviluppare. E salutandoci all'aeroporto di
Fiumicino lui mi consegnò una bozza del testo che fu concluso più tardi,
in Brasile, insieme a Vinicius». Grande amicizia anche quella
con Vinicius, che in una delle sue canzoni viene apostrofato da Toquinho
con quel nomignolo affettuoso, poetinha, che ci indica il grado di
intimità e l'importanza che il grande Vinicius ebbe nella sua formazione
musicale e umana. «Lui fu il mio più grande compagno, sia per quantità di composizioni
che per qualità dell'amicizia. Costituimmo una complicità che emergeva
positivamente in tutti i momenti delle nostre giornate trascorse insieme: dal costante buon umore alla creatività nel lavoro. Facevamo tutto con molta allegria e piacere.
E durante il lavoro, l'uno prestava all'altro ciò di cui aveva bisogno».
Toquinho
e Vinicius condividevano di tutto: amici, bottiglie di cachaça, case,
donne, dicono chi li ha conosciuti da vicino, grazie al fascino che
entrambi - per aspetti differenti - hanno esercitato sull'universo
femminile. La forte amicizia tra i due nasce nel 1970, in Brasile, dopo il rientro di Toquinho dall´Italia.
Il giovane musicista aveva registrato da poco alcuni motivi strumentali per
il disco “La vita, amico, è l´arte dell´incontro”, come intermezzi tra le canzoni di
Sergio Endrigo e le poesie recitate da Giuseppe Ungaretti,
album dedicato a Vinicius. Fu questo lavoro ad avvicinarlo al poetinha, il quale lo
invitò ad affiancarlo insieme alla cantante Maria Creuza in una serie di concerti a Buenos Aires,
in Argentina. Fu solo l'inizio di un'intensa collaborazione che avrebbe prodotto ottimi
risultati: circa 130 canzoni, 25 dischi, mille concerti tenuti in vari paesi.
Un
successo che ebbe riflessi anche in Italia grazie all'uscita dell'album “La Voglia, La Pazzia, l'Incoscienza, L'Allegria” (1976,
Rge) registrato nel Belpaese con la indimenticabile partecipazione di Ornella Vanoni. In Brasile
rimase memorabile il concerto che insieme fecero al Canecão, a Rio de Janeiro, nel 1977
insieme a Tom Jobim e Miúcha. Il successo fu così grande che per
sette mesi i biglietti rimasero esauriti, un primato ancora oggi imbattuto. Ma
a Musibrasil Toquinho tiene a ricordare il forte rapporto che è sempre
riuscito a instaurare con il pubblico e la collaborazione con alcuni
musicisti e parolieri italiani. «Sergio Bardotti - osserva -
tradusse i testi di numerose versioni delle mie canzoni e di Vinicius, ma i miei più costanti collaboratori nelle composizioni sono
Maurizio Fabrizio e Guido Morra. Il pubblico italiano conosce molte delle mie canzoni, ma sicuramente “Acquarello”, “La voglia, la pazzia...” e “Senza paura”
sono tra le sue preferite». Canzoni che il pubblico tra qualche mese
potrà riascoltare ancora, dal vivo, durante la tournée italiana che
Toquinho terrà dai primi di agosto, in occasione dell'uscita di un nuovo cd con canzoni inedite e
la preparazione di un concerto con lo stesso nome: “Só tenho tempo pra ser
feliz”. «Perché l'Italia - conclude il musicista - sarà sempre
presente sulla mia agenda lavorativa e su quella dell'affetto». Lo stesso
che il pubblico italiano è ansioso di ricambiargli.
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