I brasiliani bevono poco vino, tanta birra e riservano un posto particolare
alla cachaça, un'acquavite derivata dalla distillazione della canna da zucchero. Un detto brasiliano dice che quando, mangiando la
feijoada (piatto tipico brasiliano a base di fagioli e carne, ndr), non
c'è più posto neanche per un fagiolo, un po' di cachaça e uno spicchio di
arancia vi permetteranno di continuare a mangiare. La cachaça è l'alcolico più
diffuso in Brasile, universalmente conosciuto
per essere la base della famosissima caipirinha, bevanda simbolo di questo paese.
Storia della Cachaça
Il procedimento della distillazione era noto sin dagli antichi Egizi, che usavano
il liquido ottenuto, con l'aggiunta di aromi, per inalazioni benefiche. Anche
oggi in Brasile non c'é rimedio migliore contro il raffreddore che una
buona dose di pinga (acquavite di melassa, ndr) con
l'aggiunta di limone e
miele. I Greci registrarono
il processo dell'ottenimento della acqua ardens,
l'acqua che prende fuoco. Aguardente in Brasile è la cachaça, ed è il
risultato della distillazione del "vino" di canna da zucchero. La storia ci dice che i
conquistadores dopo aver "scoperto" il Nuovo Mondo cominciarono a colonizzarne le terre coltivando la canna da zucchero,
merce molto preziosa per l'Europa di quei tempi. La coltivazione di canna diviene perciò l'attività principale delle
fazendas brasiliane, o meglio engenhos, come erano chiamate le fattorie atte a
questa attività. Oltre allo zucchero, dalla graminacea si otteneva un vino
dolciastro chiamato cagaça o cagassa, che era distribuito
tra gli schiavi per attenuarne le fatiche. Un giorno, nel periodo compreso
tra il 1532 e il 1548 - la data non è certa - accadde che nell'Engenho Erasmus della Capitania de São Vicente
(odierno stato di
São Paulo, ndr), si ebbe per la prima volta l'idea di distillare la cagaça,
ovvero il vino di canna, ottenendo un liquore forte chiaro e gradevole
che viene
chiamato cachaça. Non tutti sono concordi nel nominare la Capitania di São Vicente come primo
luogo dove si distillò la cachaça: alcuni si dicono invece certi che in Pernambuco si
distillasse il vino di canna da molto prima... Lasciando da parte queste disquisizioni sul
primato della produzione di cachaça, i fatti raccontano che l'aguardente de cana si diffuse a macchia
d'olio acquistando presto valore, tanto da venire usato addirittura come moneta di scambio per
l'acquisto degli schiavi sino in Africa. Molte fazendas arrivarono così a
specializzarsi in produzione di cachaça dividendone l'importanza con la produzione dello zucchero. Nel 1584
Gabriel Soares scrisse una relazione nella quale asseriva che esistevano già 8 case
di cozer mel (cuocere miele, ndr) come erano chiamate gli engenhos
specializzati nel produrre cachaça, e questo molto prima che gli inglesi cominciassero a produrre il loro
rum nel Caribe, peraltro con un
processo simile, ma meno raffinato. La cachaça infatti si ottiene
- similmente alla nostra grappa - scartando durante la lavorazione la "testa" e la "coda" del distillato,
conservandone solamente il "cuore" che ha una gradazione intorno ai 40 gradi.
Il rum invece si ottiene conservando anche la "testa" che ha una gradazione
molto forte - 80 gradi - diluendola man mano, sino a ottenere la gradazione
voluta. Con il diffondersi della nuova bevanda, il governo portoghese vide le sue
esportazioni di vino d'uva e relativo distillato, la bagaceira, diminuire in
misura allarmante. Tentò allora di proibire la produzione, il commercio e
pure il consumo di cachaça, ma ovviamente senza grandi risultati. Una via di fuga
fu allora trovata tassandone la produzione. L'aguardente de cana de açúcar fu uno dei generi che con il valore della sua imposta diede
il maggior contributo alla ricostruzione di Lisbona distrutta dal grave terremoto del '55. Grazie a questo servigio
l'importanza della cachaça aumentò sempre più, sino a divenire il simbolo della colonia oltreoceano,
trasformandosi in seguito però anche nella bandiera della resistenza brasiliana
alla colonizzazione portoghese. Nell' 800, con l'avvento delle coltivazioni di
caffè, il Brasile cominciò a essere una potenza economica di importanza
rilevante. Si ebbe via via una maggior autonomia economica e un distacco sempre più accentuato dal
Portogallo sino al raggiungimento dell'indipendenza del '22. Da quella data
si formò allora in Europa una specie di preconcetto, di spregio, di sfida
verso l'ex colonia che aveva voltato la faccia, e quindi a tutto ciò che fosse inerente ad essa.
Questa situazione si protrasse sino agli anni '20, quando il Modernismo Brasiliano,
movimento culturale e artistico, ridette spolvero alla brasilianità rigettando
questo sentimento di inferiorità dei paesi europei. Nel 1922 la Semana da Arte
Moderna celebra il centenario di indipendenza dal Portogallo con la
consacrazione della letteratura e dell'arte brasiliana, l'esaltazione del samba,
del carnevale, della cucina. La feijoada viene valorizzata come piatto speciale
e la cachaça riacquista la sua popolarità.
I Rótulos
Dalla metà del secolo IX la cachaça cominciò ad essere venduta in bottiglie
abbellite da etichette fantasiose, i rótulos appunto, che rispecchiavano le
emozioni, i sentimenti, gli avvenimenti e persino la fede del popolo brasiliano.
I commercianti scoprirono già da allora il metodo del marketing legando il più possibile il prodotto ad avvenimenti culturali, sociali e
politici del tempo. Esempi non ne mancano: nel secondo conflitto mondiale il
Brasile si unisce a USA e Regno Unito per combattere il nazismo. Nasce così
la cachaça "Aliada" (Alleata), sulla cui etichetta appaiono in bella mostra
cannoni e navi che conquistano l'Europa. Alla fine del conquista non poteva
certo mancare la cachaça "Vitória", vi pare? Nel dopoguerra le frontiere si
aprirono al commercio comune e i produttori di cachaça si difesero dall'invasione del
temuto whisky in una battaglia non cruenta, semplicemente camuffandosi e mischiandosi al nemico. Si diffusero così cachaças dal
colore, dalla forma delle bottiglie e dal nome simili al concorrente distillato:
Cachaça "Whisky do
Norte" o cachaça "John Bull" per fare due esempi e la storica
"Paraty" venne
imbottigliata in piccole bottiglie dalla forma quadrata. I rótulos delle bottiglie di
aguardente ebbero anch'essi l'onore di essere abbelliti con immagini dei grandi
avvenimenti politici. Cosí nel 1960 quando il presidente Joscelino Kubitschek
inaugura la nuova capitale del paese, la cachaça "Brasília" da' il consenso
popolare all'entusiasmo del presidente, mostrando a tutti gli archi
progettati da Oscar Niemeyer stampati sull'etichetta. Rio cedette allora il titolo di
"Belacap" del Paese, ma
rimase comunque capitale dello stato di Guanabara, commemorata quindi con la
cachaça omonima con
tanto di Copacabana e Cristo Redentore sul rótulo che ne benediva la sorte.
Nella violenta Baixada Fluminense un politico fece storia con un discorso molto aggressivo vestendo un mantello
e un
cappello nero ed imbracciando un mitragliatore. Quel temuto figuro politico anche un po' folkloristico meritò
la sua brava bottiglia di
cachaça, la "Capa
Preta"(Mantello Nero) . Nell'aprile del '51 una gentil fanciulla,
Ada Rogato, partì da Rio a bordo del suo piccolo Cessna 140 A e toccò la Terra de
Fuoco in Argentina e poi via sino su in Alaska per un volo in solitario di
51.064 km percorsi in 326 ore. Si guadagnò oltre al record il diritto a un
rótulo tutto suo sulla bottiglia di cachaça "Voadora" (Volatrice). Altre
cachaças celebrarono donne simbolo della nazionalità brasiliana erigendole a padrone dei loro
rótulos. Ecco quindi l'aguardente "Iracema", raffigurante la vergine dalle
labbra di miele, "Bastianinha", la bellezza poetica venuta dall'Africa, e "Yolanda", la dolce donna europea che sorseggia cachaça in
coppe di champagne. Nel 1970 il calciatore Pelé si consacrò non solo come
rei del futebol, ma anche dominatore sull'etichetta della "Caninha
Pelé"; cachaça e calcio vanno
spesso a braccetto in Brasile! Insomma sui rótulos delle bottiglie è raffigurata un po' di storia del
popolo brasiliano che, nonostante tutte le difficoltà, sa prendere la vita
con buon umore. Magari accompagnandosi da un buon bicchiere di cachaça.
La Cachaça oggi
La produzione odierna di aguardente de cana ha una certa rilevanza
nell'economia Brasiliana, con un giro d'affari annuo di 1 miliardo di reais
prodotto da circa 120mila dipendenti diretti. La sua qualità è molto migliorata grazie
a molte aziende il cui marchio è presente nel commercio nazionale ed internazionale.
In questi ultimi tempi il Governo Brasiliano cerca di ottenere il riconoscimento di
"cachaça" a livello mondiale con un marchio
Doc. A oggi la denominazione di "cachaça" come prodotto esclusivamente brasiliano è
registrata solamente in Francia. Altri paesi come Trinidad e Tobago e Africa
del sud producono una loro "cachaça" che non ha evidentemente le caratteristiche del tipico prodotto brasiliano. Il progetto è stato redatto
dal ministero del Commercio estero e il relativo decreto sta per essere firmato
dal presidente Fernando Henrique Cardoso. Vitorio Cavalcanti, presidente
della Pbdac, organismo che raggruppa i produttori di cachaça, ha affermato
che la denominazione di origine dovrebbe consentire al Brasile di arrivare alla fine dell'anno ad
esportarne 9,3 milioni di litri, circa 300mila in più del 2000 e di concludere l'attuale decennio esportando 30 milioni di litri di cachaça
(fonte: Ansa, 24.10.2001, ndr). Questo prodotto integra un elenco preparato
dal Ministero dell' Agricoltura di cinquanta prodotti tipici brasiliani che
seguendo la scia dell' aumento di vendite all'estero di aguardente hanno il
potenziale di poter raddoppiare il totale di esportazioni.
La Caipirinha
La cachaça può essere apprezzata pura quando è invecchiata (gialla), o in
drinks quando è più giovane (bianca). Senz'altro il modo più diffuso
con cui
viene utilizzata è nella bibita brasiliana internazionalmente più famosa: la
caipirinha, bevanda rinfrescante tipicamente tropicale. Si potrebbe tradurre
"caipirinha" con "sempliciotta", poiché il nome del drink deriva da
"caipira":
contadino, agricoltore, più in generale "uomo di animo semplice". Caipira era il termine paulista
che designava l' "abitante del campo". Secondo il "Dicionário de Vocábulos
Brasileiros" del 1889 anche l'origine di questa parola é oscura. Apparentemente ha origine dalla parola Tupi
(lingua degli
indios omonimi, ndr) "caipora" o "curupira". Caipora in una traduzione letterale
Tupi significa "abitatore della foresta". Curupira è un' entità fantastica, un
demone che pur esso abita la foresta. La preparazione della caipirinha
risulta
abbastanza semplice e i suoi ingredienti reperibili su ogni bancarella del Brasile:
limoncini verdi, zucchero, cachaça e ghiaccio. Si mette il limone verde tagliato a cubetti in un bicchiere con 1 cucchiaio
circa di zucchero bianco. Molti qui usano lo zucchero di canna grezzo, quello marrone, ma in Brasile è usato
sempre lo zucchero bianco, perché raffinato in modo migliore. Pestare bene il limone e lo zucchero con un pestatore di preferenza di legno
e quindi aggiungere i cubi di ghiaccio spezzati grossolanamente. Completare
con cachaça a piacere. Si mescola il tutto posando sopra un altro bicchiere
di identica misura e, con le due mani, agitare fortemente. Oplà, la caipirinha é
pronta. Esiste anche una variazione sul modo di preparare questa bevanda, molto
comune nei bar di Rio e di Salvador. Si mettono in un frullatore i limoni buccia
compresa tagliati a spicchi, cubetti di ghiaccio in abbondanza e lo
zucchero. Rapido e intenso vorticar di pale finché il tutto diventa una sorta di
granita sottile. La si versa nel bicchiere, e si aggiunge un ultimo rabbocco di
cachaça per dar corpo a una freddissima ma esplosiva bomba. Non sono solo gli uomini a bearsi del profumo
e del gusto della bevanda
nazionale: anche le donne ne sono assidue frequentatrici, in grado di reggere ben più di
un giro. Molto apprezzate dal genere femminile sono le variazioni a base di
frutta, aggiungendo al drink uva o, più comunemente, fragole ottenendo così
il caipimorango (caipifragola qui da noi, ndr). Altre variazioni "imbastardite" e
rifiutate da un buon brasiliano Doc sono il caipiroska, che utilizza la vodka
al posto
della cachaça; e il caipirissima, che impiega invece (eresia delle
eresie) il "cugino" rum.
Marche
di cachaça
I 5 più grandi produttori di cachaça del Brasile sono la Müller (Cachaça
51), la Pitu pernambucana, la Ypioca del Ceará, la Velho Barreiro e la carioca
Nega Fulô. La cachaça 51 delle distillerie Müller é una delle più famose. È
prodotta in una grande fabbrica a Pirassununga, una città di 60 mila abitanti, a
quasi 456 chilometri da São Paulo, circondata da piantagioni di canna. Un'altra marca famosissima é la
Pitu, con l'inconfondibile gambero rosso
dell' etichetta. Tale fabbrica si trova a Vitória de Santo Antão in
Pernambuco,
stato in cui la coltivazione di canna è una delle risorse principali. Caratteristica la vecchia bottiglia marrone tipo birra 3/4 e la
sigillatura con tappo a corona. Altro marchio molto famoso è la Tatuzinho, la cui casa produce anche la
Velho Barreiro e la 3 Fazendas. La più diffusa qui da noi é la Nega Fulô ed ha una caratteristica bottiglia
avvolta da paglia intrecciata. La ditta produttrice è la Fazenda Soledade a
Nova Friburgo (stato di Rio de Janeiro). Venne lanciata nel 1976 con obbiettivo principale quello dell'esportazione. Nel luglio
del 1997, la marca é stata acquistata dalla UDV Brasil, che ne ha intensificato la
diffusione anche nel mercato interno. La Ypióca è stata fondata dal portoghese Dario Telles de
Menezes, che sbarcò
nel Ceará
nel 1843 portando con sé un piccolo alambicco per la distillazione
in ceramica. La fabbrica della Ypióca ha sede nella città di Maranguape,
municipio di 90 mila abitanti a 30 chilometri da Fortaleza. Questa cittadina, ha inaugurato recentemente un
museo dedicato esclusivamente alla cachaça. Sono stati investiti dalla Ypióca
600.000 reais per questa esposizione che ha la sede in un antico zuccherificio. Il museo riproduce il
processo di elaborazione della bibita, l'ambiente di un bar del 1930, oggetti del secolo XIX e il più grande barile del mondo, con
capacità di ben 374.000 litri! La produzione di cachaça è molto forte anche
nello stato di Minas Gerais, lo stato delle miniere e delle montagne. Va da sé che dove la temperatura è un
po' più fresca serve un goccetto per riscaldarsi. Una marca su tutte, la Espirito de
Minas. C'é addirittura una associazione per la difesa della
cachaça di qualità dello stato, l'Ampaq.
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