S.BENEDETTO
DEL TRONTO, 22/2/2002 - Bitches Brew Club
Porto d'Ascoli è palme che invadono la spiaggia, mare che preme, Adriatico che si rincorre. Il Bitches Brew è un club che pensa musica, un sottoscala raffinato e niente affatto snob, un covo che respira jazz. Di rigorosa qualità. Ivan Lins è la piacevole eccezione del percorso, è ospite atteso che distingue e marchia il cartellone di febbraio. Propone il suo Brasile, limpido e solare, nostalgico e sensuale. Mescola modulazioni vocali e ricordi, sogni e swing, successi e presente. Due ore - e anche qualcosa di più - di note e sensazioni tra un passato fecondo e il nuovo che avanza. Tra sonorità più attuali e parole già ascoltate,
tra Antonio Carlos Jobim e se stesso, tra semplicità e piacere di comunicare. Ivan Lins canta la sua Rio e stravolge il ritmo bossanovistico di Samba do
Avião. Rio è il centro del suo universo, è una delle sue ultime composizioni, è quel luogo dove "o verde vibra na
manhã" e dove "o sol infesta a zona sul de luz". Concetti intensi, immediati. Ivan Lins è il tributo a Tom (Dindi, Triste, O Amor em
Paz), è la riscoperta di Noel Rosa (Eu Sou da Vila), è l'omaggio a Caetano Veloso
(Desde Que o Samba è Samba), è la robusta tenerezza di Nada Sem Você, canzone d'amore forte e lavoro a sei mani diviso con Ivano Fossati e Celso Viáfora ("Sem você sou falsa
tatuagem, um silêncio que quebra o rádio"). Ivan Lins è soprattutto
Jobiniando, CD del 2001 saccheggiato e offerto, effetto - come tiene a precisare - di un'ispirazione: Lembra de Mim è il suo manifesto, il suo vanto. Ivan
Lins, infine, è anche il suo stesso bagaglio di note e poesia: Antes Que Seja Tarde, O Meu
País, Começar de Novo, Iluminados, Vitoriosa, la contaminatissima Dinorah
Dinorah, l'interminabile Madalena. La musica scorre nel cavaquinho di José
Carlos, nel basso di Nema Antunes, tra i tasti del Korg di Marco Brito, nell'asciutta e corposa batteria di Teo Lima. Le parole sono prima del concerto, in portoghese. Durante, l'italiano inciampa nel microfono e annega nel sorriso.
La sua tournée è infinita. San Benedetto, Milano, Roma, ma anche Slovenia, paesi scandinavi, Russia. La musica brasiliana, all'estero, ha tradizionalmente faticato a ritagliarsi simpatie e un proprio spazio. Come viene accolta oggi?
La lingua portoghese è sempre stata una grande barriera che ha negato l'internazionalizzazione della musica brasiliana e un mercato più vivace: l'inglese o lo stesso francese, è chiaro, hanno maggior penetrazione. Il problema è essenzialmente questo e non credo che riusciremo a risolverlo: se un brano otterrà il successo assoluto, sarà un caso isolato. Però la nostra musica è molto apprezzata, anche negli Stati Uniti e persino in Giappone e in Asia, dove io lavoro molto e dove ci viene riconosciuto un alto livello qualitativo. L'Europa è maggiormente catturata dal ritmo che resta indissolubilmente legato all'idea del carnevale: in certi casi la gente, è vero, non bada troppo alla qualità, ma ad alcuni aspetti che, bene o male, fanno parte della cultura brasiliana. Allora sì: almeno nel mio caso è più difficile farsi conoscere. Però io credo nella pianificazione musicale. Mi spiego: per un artista brasiliano è essenziale apparire di più, suonare di più oltre confine, in Europa. In una parola, pubblicizzarsi, rendersi più popolare. Poi è evidente che, sempre nel mio caso ed in quello di altri autori, la produzione proposta è rivolta a un pubblico selezionato. Non al grande pubblico, cioè.
Sembra di capire, dunque, che i consumatori europei faticano ancora a decodificare la musica brasiliana d'autore, confondendola con la colonna sonora di un
carnevale.
Credo proprio di sì: perché il ritmo, da voi, riscuote molto successo. Del resto, i nostri ritmi sono stati storicamente utilizzati da autori pop che non sono brasiliani. La stessa bossa nova è un genere di musica che, all'epoca, si internazionalizzò. La fonte brasiliana appartiene al mondo, ormai. Ognuno, nei propri paesi, attingendo dal Brasile ha ottenuto successi innegabili: in Italia mi viene in mente il nome di Carmen Consoli che pure si è tuffata in una forma più moderna di bossa nova. Negli Stati Uniti è la stessa cosa: e perciò questo è un fenomeno che la gente non può ignorare.
Intanto, la musica brasiliana che sbarca in Europa continua a passare per gli Stati Uniti, che condizionano il mercato e incidono sulle scelte della gente. Sarà sempre così?
Penso di no, ma è vero anche che gli autori devono imparare a confrontarsi con le altre realtà, direttamente. Lo ripeto, in Europa la MPB dovrà guadagnare visibilità, se vorrà penetrare maggiormente. Tra il Brasile e l'Italia stessa non esiste, per esempio, un incrocio sviluppato di interessi: sì, in passato si è avvertita l'esigenza di un interscambio musicale, ma occorre cercarsi di più. Io, ultimamente, ho realizzato un progetto con Ivano Fossati perché credo nelle sinergie. Ritengo importante che la musica brasiliana venga cantata in italiano e viceversa.
Lei ama misurare le sonorità brasiliane con quelle di oltre confine: ma non esiste il rischio, oggi, di perdere l'identità della
MPB?
No, non la perde. Noi che crediamo in un progetto basato sulle sinergie musicali non vogliamo rimanere chiusi in una stanza, ma preferiamo comunicare con il pianeta. Sappiamo perfettamente che, anche altrove, si scrive musica di qualità: e poi questa miscela può aiutare il mondo a comprendersi meglio. Tutti gli artisti brasiliani conserveranno sempre una forma molto brasiliana di fare musica internazionale e l'ingrediente brasiliano la diversificherà sempre dagli altri stili. Ognuno fa musica alla sua maniera, ma la comunicazione tra i popoli è irrinunciabile: soprattutto oggi, in un contesto spesso dominato dalla violenza, dall'irrazionalità, dall'intolleranza religiosa, razziale e politica, dalla brutalità e dalla corruzione. Il pianeta deve abbracciarsi e la musica è un mezzo per raggiungere l'obiettivo.
Dove va la musica brasiliana?
Va per il mondo, perché la musica è passione. Noi brasiliani produciamo musica intensa e appassionata, la sentiamo addosso, e tutto questo è meraviglioso.
Eppure si diffonde il sospetto che anche in Brasile comincino seriamente a mancare i contenuti.
La televisione, internet e la tecnologia in genere sono mezzi di comunicazione immediati che attirano le nuove generazioni: anche e soprattutto per questo, oggi, i giovani leggono molto meno di quanto facevamo noi venti o trenta anni fa. La televisione e internet offrono tutto e subito: è un male, ma fa parte di una fase della nostra vita. Si vive un po' superficialmente, la gente non ha tempo di approfondire e, invece, dovrebbe tornare a guardare dentro se stessa, anche se l'arte della sopravvivenza è molto dura, di questi tempi. Necessita tempo per investire in qualità: ecco, il problema nasce anche da qui. Al di là di questo, però, dico che il Brasile continua a garantire nomi stimolanti: non penso solo a Giunga, che è ormai ampiamente conosciuto anche al pubblico italiano, ma pure a
Lenine, Chico César, Celso Viáfora, Simone Guimarães, Rosa Passos, a Pedro Luís e A
Parede. E' gente, questa, che ha qualcosa da dire. E da dare.
Cosa resta del Movimento Artístico Universitário?
Vivere quel periodo è stata una fortuna. Attraverso varie forme di arte, in Brasile e non solo in Brasile, si sviluppò una maniera più solida e intensa di vivere l'aspetto musicale e culturale. Mi piace ricordare che gli artisti della mia generazione hanno continuato a lavorare tanto anche in seguito, ottenendo successo e rispetto: è una gratificazione splendida. L'ultima generazione, da questo punto di vista, sta soffrendo molto, è vero: la mia, negli anni sessanta e settanta, è stata protagonista di una grande rivoluzione culturale, in tutto il mondo. Non faccio fatica ad ammettere che, di quel momento storico, in me è rimasto molto, moltissimo.
Come è cambiato, se è cambiato, il suo modo di fare musica da allora a oggi?
Non è cambiato. Continuo ad elaborare tutte le informazioni che ricevo e a tradurle sul CD. Certo, oggi viaggio più di ieri e possiedo maggiori opportunità per scambiare esperienze e valori: tutto questo, evidentemente, mi ha arricchito spiritualmente e musicalmente. La mia musica, adesso, è più ricca, ma si è pure notevolmente riavvicinata alla mia città, a Rio, alla quale quasi totalmente si riconduce. A Rio, del resto, ci sono le mie radici musicali e culturali: la bossa nova e il samba, prima di tutto.
La critica ha accolto benissimo Jobiniando, lavoro dello scorso anno. E tra poco esce Jobiniando 2.
E' vero. Jobim è fonte di grande ispirazione per me e per gli autori di una generazione intera, è una figura quasi paterna. Quando mi ispiro a lui, credo di comporre musica curativa, mi sembra che arrivi la sua anima per suggerirmi quello che devo scrivere: è meraviglioso. Il progetto Jobiniando nasce dall'esigenza di suonare per me stesso, oltre che per il pubblico. Che ha apprezzato.
Ivan Lins ha fiducia nel futuro?
Ho totale, assoluta fiducia.
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(em
portugues)
MILANO, 24/2/2002 - Teatro Manzoni
Ivan Lins non ha impiegato molto per conquistare la simpatia del pubblico che è venuto a vederlo al Teatro
Manzoni. Uno show fatto di alcuni classici di Tom Jobin, oltre che dei suoi successi personali. Il tutto condito da qualche frase in italiano pronunciata con il suo caratteristico accento carioca. Quando, in mezzo alla platea, qualcuno grida "hai memorizzato bene", lui ammette con un sorriso: "ho tutto scritto". Poi, in camerino confessa: "in altre vite ho abitato qui".
Il musicista di Rio, cinquantaseienne, figlio di militare, laureato in
ingegnaria, non risparmia cumplimenti all'Europa e, soprattutto, all'Itália. Ivan Lins ne ammira la preservazione storica e culturale e l'architettura. "Impazzisco quando vedo questi palazzi. Io adoro la roba vecchia, adoro la storia che si vede in ogni angolo. In Italia non mi sento, assolutamente, straniero".
Fra una interruzione e l'altra per firmare i dischi dei fans, si apre in un bel sorriso e sfodera la sua nota loquacità: "Ero appena arrivato all'aeroporto di
Malpensa, proveniente dalla Russia, dove abbiamo tenuto dei concerti. Ero in fila con alcuni
russi, silenziosi, di indole fredda. Faccio vedere il mio passaporto e il carabiniere, serio, lo gira da un lato, dall'altro , mi guarda, osserva la fotografia e mi scruta ancora per poi domandarmi: brasiliano?
Rispondo di sì e spiego che sono cantante: musica...musica buona, Brasile! Lui mi guarda, fa gesti con le mani, disegna il corpo di una donna e sorride discretamente: "Belle". Ivan Lins si è sorpreso dalla simpatica e calda accoglienza. "È
meraviglioso! Immagina. Lui era la persona che avrebbe potuto fermarmi e impedirmi di entrare nel paese, ma no! A suo modo mi ha accolto con allegria. L'Italia è veramente una delizia!"
Delizia, per Ivan Lins, è, anche, il cibo italiano. "Maamma!" Il suo piatto preferito è spigola con patate e rucola. "Oddio! Vado pazzo anche per il prosciutto di Parma." A parte la cucina e il senso di preservazione storica, Ivan ammira molto la musica italiana. Tra i suoi grandi preferiti, come dice egli stesso, vi sono Pino Daniele, Nino Rota e Ennio
Morricone. Dalla collaborazione con Ivano Fossati devono ancora nascere altre sei canzoni. "Manca il testo. Il problema è che io non ho tanto tempo, e nemmeno lui, ma in un modo o nell'altro ce la faremo. Non so quando però le registreremo." I due artisti si sono incontrati per la prima volta in occasione della trasmissione
Taratatà, a Bologna ("Un'esperienza meravigliosa", ricorda Lins), e le musiche le hanno composte a Capri, durante una settimana di full-immersion dentro a uno studio.
Entra un altro fan. Visibilmente timido e emozionato, il ragazzo si scusa di interrompere l'intervista e dice che è venuto dalla Svizzera solo per assistere al concerto. "Sono brasiliano, studio musica in Europa e ammiro molto il suo lavoro." Ivan Lins lo saluta e gli fa gli auguri. Il ragazzo vola via senza chiedere la firma. "Volevo, soltanto, farti i complimenti".
L'Ivan Lins scopritore di nuovi talenti - tra cui Lenine e Guinga - lamenta un po' la trasformazione che sta attraversando la musica brasiliana. Lui riconosce che spuntano buoni lavori, ma sottolinea che è piuttosto difficile trovare spazio. "Oggi per il mercato il talento quasi non conta. Più accordi vi sono in una canzone, peggio è. Ho un amico che dice spesso: ti devi scordare di metterci venti accordi se hai voglia di fare successo." Ivan aggiunge che le persone non hanno più parametri perchè le cose cambiano. Anzi, cambiano velocemente. "Si segue ciò che impone il mercato. Da un momento all'altro si deve produrre tutta un'altra cosa se si vuole avere successo. Tutto è diventato un commercio. Quando un brano dura più di tre minuti le radio non la suonano perchè occupa il tempo della pubblicità". Nella sua opinione la strada migliore, adesso sono i concerti dal vivo.
Il suo manager lo chiama. Per Ivan Lins la intervista continuerebbe. "Aspetta un po', dieci minuti, che la chiacchierata è piacevole". Però gli impegni non possono essere rimandati. È vero che il prosciutto di Parma si può mangiare a qualsiasi ora, ma la spigola con patate e rucola si raffredda.
Eliane Oliveira è giornalista e laureata in Comunicazione sociale. In mato Grosso do Sul, da dove proviene, ha collaborato per numerose testate cartacee e televisive (tra cui Rede Cultura e Rede Bandeirantes). Ha inoltre esperienze di comunicazione e marketing politico. Attualmente risiede a Milano.
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MILAO,
24.2.2002 - TEATRO MANZONI
Ivan Lins não precisou de muito para conquistar a simpatia do público que foi assistir ao seu show no Teatro
Manzoni. Alguns dos seus sucessos, clássicos de Tom Jobin e uma frase em italiano
aqui, outra ali. Quando, no meio da platéia, alguém grita "decorou
bem", ele admite com um sorriso: "tá tudo escrito". Depois, no
camarim, confessa: "em outras vidas morei aqui".
O carioca de 56 anos, filho de militar, formado em engenharia, não economiza elogios à Europa e, principalmente, à Itália. Ivan Lins admira a preservação histórica e cultural e a arquitetura italiana. "Fico enlouquecido quando vejo estes
prédios. Eu adoro "coisa velha", adoro a história que está em cada canto. Não me sinto estrangeiro na Itália."
Entre uma interrupção e outra, para um autógrafo aos fãs, "abre uma gostosa risada e conta o seu
"bate papo". "Havia chegado ao aeroporto de Malpensa. Vinha da
Rússia, onde fizemos alguns shows. Na fila, comigo, alguns russos
silenciosos, de temperamento frio. Mostro o passaporte e o policial, sério, vira de um
lado, de outro, olha a fotografia, olha pra mim, olha a fotografia, de novo, e depois
pergunta: brasileiro? Respondo que sim, digo que sou cantor. Musica...musica buona, Brasile. Ele me olha e
faz, com as mãos, o gesto que desenha o corpo de uma mulher e ri discretamente. Belle" Ivan Lins se surpreendeu com a simpática e calorosa
recepção. "É maravilhoso! Imagine só. Ele é um cara que poderia me impedir de entrar no
país, mas não! Do seu jeito me recebeu com alegria. A Itália é uma
delícia!"
Delícia, para Ivan Lins, também é a comida italiana. "Nooossa!" Seu prato preferido é Spigola con patate e
rúcola. "Ah! Também adoro prosciutto di Parma." Além da cozinha, da preservação
histórica, Ivan também admira a música italiana. Entre os seus grandes
preferidos, como ele mesmo define, estão Pino Daniele, Nino Rota e Ennio
Morricone. Da parceria com Ivano Fossati devem nascer, ainda, outras seis
músicas. "Falta letra. O problema é que eu não tenho tempo e nem ele mas, de um jeito ou de
outro, a gente grava. Não sei quando mas gravamos." Os dois artistas se
encontraram, pela primeira vez, no programa Taratata, em Bologna. "Foi uma experiência
maravilhosa, se lembra Lins, e as músicas foram compostas em Capri, durante uma
semana, dentro do stúdio.
Entra um outro fã. Visivelmente tímido e emocionado, o rapaz pede desculpas por interromper a entrevista e diz que tinha vindo da Suíça só para assistir o show.
"Sou brasileiro, estudo música na Europa e admiro muito o seu
trabalho. Ivan Lins o cumprimenta e deseja boa sorte. Ele vai embora sem pedir
autógrafo. "Só queria te dar os parabéns."
O Ivan Lins da descoberta de novos talentos, como Lenine, lamenta um pouco a transformação que a música brasileira está
sofrendo. Ele reconhece que surgem bons trabalhos mas diz que é sempre difícil encontrar
espaço. "Hoje, para o mercado, o talento praticamente não conta. Quanto mais acorde tem uma música pior é. Tenho um amigo que
diz: precisa esquecer uns 20 acordes se quiser fazer sucesso." Ivan acrescenta que as pessoas não têm mais parâmetros porque tudo muda e muito
rápido. " Se deve seguir o que o mercado impõe. Uma hora você tem que falar uma coisa pra fazer
sucesso, outra hora tem que falar outra. Tudo virou um comércio. Quando a música tem mais de 3 minutos as rádios não tocam porque come o tempo da propaganda." Na sua opinião o caminho dos artistas são os shows ao vivo.
Os assessores o chamam. Por Ivan Lins a entrevista continuaria. "Espera um
pouco, mais dez minutos, que o bate papo tá legal". Os compromissos não
esperam. É verdade que prosciutto di Parma se pode comer a qualquer hora mas spigola con patate e rúcola
esfria.
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