Machado de Assis e la miseria umana
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"La scienza è il mio unico mestiere; Itaguaí il mio universo". E' pronunciando queste parole che il giovane dottor Simão Bacamarte sceglie di ritornare in Brasile per dedicarsi allo studio delle scienze. E dopo qualche anno di intense letture e di pratica medica capisce di voler rivolgere i propri sforzi alla branca psichica, come comunica all'amico farmacista: "la salute dell'anima è l'occupazione più degna di un medico". E' avvincente seguire gli eventi che segneranno il futuro di Itaguaí e dei suoi abitanti. E' divertente osservare l'impatto che
la costruzione del primo ospizio dei pazzi procura sul comportamento dei cittadini. E' triste l'evolversi dei fatti, vedere come le umane vicende siano mosse anche dalla meschinità, dall'interesse e dalla sete di potere. E è folgorante il finale di questo racconto. In neanche 50 pagine, Machado de Assis ricrea un microcosmo con le sue leggi, i suoi punti di forza e le sue debolezze, descrivendo argutamente il carattere dei suoi personaggi. Nella Casa Verde, questo è il nome dell'ospizio, il dottor Bacamarte vuole studiare la follia e i suoi diversi gradi, classificarne i casi, scoprire la causa del fenomeno e il rimedio universale. Ma questo non gli basta, presto si accorge di voler ampliare le basi della psicologia e il territorio della pazzia: "demarchiamo una volta per tutte i confini tra la ragione e la follia. La ragione è il perfetto equilibrio di tutte le facoltà, al di fuori c'è alienazione, alienazione e soltanto alienazione." E l'applicazione di questa radicale dottrina porterà a capovolgimenti politici e governativi. Ma anche tra coniugi, amici, colleghi di lavoro. E' davvero rivoluzione. Il racconto prosegue, ricco di acume e di spirito. Noi invece ci
soffermiamo a riflettere ancora una volta sul concetto di "normalità" e di "pazzia", sulla differenza tra essere "sani" e "malati". Machado de Assis soffriva di epilessia, e questa malattia, ancora oggi, sa di stranezza e di anormalità. Ma tra una crisi e l'altra l'individuo viene considerato clinicamente sano e normale. Qual è dunque la follia e quale l'equilibrio per un individuo che le sperimenta entrambe? Ha senso questa distinzione, questa scissione? Ha senso considerare malato, o pazzo, ma sempre diverso e dunque inquietante, sempre da rinchiudere, colui che non corrisponde a
canoni ben precisi? E chi stabilisce questi canoni?
A un certo punto il racconto si stravolge, e il dottor Bacamarte dimette tutti i pazzi per rinchiudere i sani.
Sono loro i veri pazzi poiché dimostrano troppa modestia, troppa tolleranza, troppa semplicità, troppa sincerità. Questa trovata potrebbe sembrare una piccola rivincita dello scrittore sofferente di epilessia e di pregiudizi, ma se
arriviamo alle ultime pagine vediamo come Machado de Assis si spinga ancora oltre, in un finale davvero inaspettato.
"L'alienista", questo è il titolo del racconto, racchiude un vivace affresco di tante tipologie umane, di tantissime debolezze, passioni, ambizioni; ricco di finezze psicologiche, testimonia la voglia di ribellione e restaurazione, la sete di potere, il mistero e la miseria dell'esistenza umana. OOO
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