Gli anni di Salgueiro, la musica e gli amici Luis Agudo racconta la sua permanenza nella favela (seconda parte)
di Luis Agudo
traduzione di Mabel Ghirardotti
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Nel mio articolo precedente ho già citato un grande poeta e personaggio del morro e del mondo musicale di Salgueiro: Abelardo da Silva. Abelardo da Silva aveva la sua modestissima casa molto vicino a dove abitavo io. Ci siamo conosciuti nei primi giorni del mio arrivo a Salgueiro. Nella mia prima visita a casa sua lo ricordo molto cordiale e comunicativo, aveva un viso dolce e luminoso e assenza totale dei denti davanti, perduti in una delle frequenti "dimostrazioni di affetto" che la polizia locale aveva con gli abitanti della favela quando lo avevano portato al commissariato, secondo il suo racconto. Ricordo che mi presentò sua moglie, che era una bianca. Tempo dopo, frequentandolo, sono venuto a sapere che la sua relazione sentimentale e il suo matrimonio sono stati argomenti per uno dei più bei samba di Salgueiro. Il famoso "O neguinho e a senhorita" (Il negretto e la signorina) composto da lui e
Noel Rosa de Oliveira, nel 1964. Noel era la voce di samba più bella di Salgueiro e anche un grande compositore. Lavorava come autista in una linea di autobus. Per fortuna ci sono varie registrazioni di Noel che canta. Certamente
appartengono a dischi dell'epoca che, credo, non siano stati riportati su cd. Perciò è un altro prezioso patrimonio del folclore puro che si perde. O neguinho e a senhorita L'altra situazione con Abelardo che ricordo tra le più felici e che più ha consolidato il mio rapporto con lui e la sua famiglia fu un episodio accaduto con sua madre. Medici amici di La Plata, la mia città natale argentina, mi conservavano una buona quantità di medicinali che inscatolavano e che io ogni cinque o sei mesi andavo a prendere e portavo in aereo a Rio e dall'aeroporto alla favela. Per una sorta di ironia e casualità della vita, li facevo trasportare in aerei appartenenti alla posta aerea militare dell'Ambasciata argentina. Il suocero di un musicista che lavorava in Consolato mi forniva biglietti gratis e l'opportunità di trasportare gli scatoloni contenenti medicine e materiale scolastico. Per quanto io non fossi medico, i farmaci erano in genere somministrabili senza rischi: antidiarroici, calmanti, disinfettanti, antibiotici, presìdi di primo soccorso. Le malattie veneree erano state ereditate dal Portogallo. La dissenteria infantile, in certi periodi, provocava parecchie morti e i miei antidiarroici erano una goccia d'acqua nell'oceano. Un giorno la madre di Abelardo mi raccontò di non sentirsi bene di salute. Lamentava forti palpitazioni e una serie di sintomi che io istintivamente attribuii a un problema cardio-vascolare. Con grande coraggio decisi di somministrarle una medicina di quei famosi scatoloni. Il risultato fu miracolosamente efficace. La donna migliorò sensibilmente e, come ammisero più avanti Abelardo e la sua famiglia, da quel momento mi offersero ancora più affetto e attenzioni. Ad esempio notai che, conoscendo Abelardo la mia debolezza per la cachaça (sorta di acquavite brasiliana, ndt) a me riservava sempre e solo la marca migliore. Ovviamente lui aderiva al mio consumo senza opporre resistenza. I nostri incontri terminavano sempre in orari molto elastici con stupende batucadas. E siccome l'esito favorevole di quel medicamento era arrivato alle orecchie di altri, ciò creò il problema che furono in molti a sollecitarmi per averlo. Per diversissimi motivi oltre che per il fatto di essere uno stimolante cardiaco, non potevo logicamente somministrarlo al primo che me lo chiedeva, e ciò mi obbligava a lunghe, dolorose, e pazienti spiegazioni sui motivi per cui intendessi negarlo. Il più insistente era Filinho, appena uscito dal carcere, dopo 25 anni, dove era finito dopo aver eliminato due rivali. Filinho era un personaggio alto e corpulento, insediato nel barracão (baraccone) di Fonseca, la quale riceveva i suoi clienti in casa. La sua convivenza con Filinho cambiò il suo status, nel senso che da "dama della notte" (tale definizione le era stata data da Dona Fia, la donna che ospitò Agudo nella sua famiglia e a cui lui in seguito ha dedicato un disco, ndt) passò a essere una persona rispettata. Filinho soffriva di molti acciacchi dopo il suo lungo soggiorno nella xadrez (scacchiera), termine gergale con cui viene definito il carcere in Brasile. Dopo interminabili e a volte tesi dialoghi ottenni di farlo desistere dal suo desiderio di prendere le mie "pasticche miracolose". Quando alcune volte entrava nella "Quadra de ensaio", che era il luogo dove si provava il samba per il carnevale, mi lasciava in custodia la sua pistola e la sua radio portatile, massima dimostrazione di amicizia e fiducia. Alcune volte lo sentivo dare consigli ai giovani di non prendere strade sbagliate "perché il carcere è l'inferno". Filhino suonava la cuica in modo straordinario. Nonostante la sua corporatura e le enormi mani, la suonava con la delicatezza e la maestria di un concertista di violino. Nella sua prima sfilata di carnevale con Salgueiro, dopo tanti anni di detenzione, la sua cuica vibrò in mezzo alla batteria in un unico grido di allegria e libertà. Poco tempo tornò in carcere, e credo questa volta per sempre. Il terzo episodio con Abelardo mi è rimasto impresso per una osservazione che lui aveva fatto rispetto alla presenza nel morro di un cittadino statunitense. Per Abelardo tutto era musica, e ai più semplici argomenti esistenziali si ispirava per comporre i suoi samba. Un giorno mi confessò che alla fine era la sua mancanza di denti, a suo dire, a consentirgli che la voce salisse senza "filtri". Per tutto questo non poteva sorprendermi che tra curiosità, rabbia e ironia mi dicesse: se "mister" non canta, non suona, non balla, non beve, che ci sta a fare qui? L'osservazione di Abelardo conteneva la sapienza della gente semplice e pura. Mister Robert (il nome del cittadino nordamericano) era già nel morro prima del mio arrivo e immediatamente si presentò con tanta cordialità. C'è da dire che i bianchi stranieri in quel momento eravamo solo noi due. La versione che mi raccontò della sua presenza a Salgueiro era che faceva parte di "Peace Corps", ossia corpi della pace, organizzazione presente in quasi tutti i paesi latino-americani in quel periodo. Ad eccezione di Cuba, logicamente. Con il tempo si scoperse che questa organizzazione dipendeva dalla Cia, la quale effettuava servizi di spionaggio tramite questi elementi camuffati dentro a sedicenti missioni umanitarie. Anche il tempo dimostrò l'ambiguità di questo "corpo della pace", perché dove stavano loro oggi vi è solo guerra. Ritornando al nostro mister Robert, lui diceva anche che stava lì per salvarsi dalla guerra in Vietnam e si dichiarava molto disgustato da tutte le strutture del suo paese e soprattutto dalla sua ambasciata... Bisognava riconoscere che aveva una preparazione perfetta, parlava persino il dialetto della favela. Si era installato in un luogo da dove dominava con la vista dalle sue porte e finestre un grande spazio di terreno che lo metteva anche nella condizione di essere intoccabile. Il suo unico argomento piuttosto inconsistente era quando diceva che stava lì per "aiutare". Una volta entrai di sorpresa in casa sua con la scusa che stavano sparando lì vicino e riuscii a vedere che nella sua macchina per scrivere c'era qualcosa recante statistiche e numeri. Si sentì come scoperto e nascose quei fogli. Mister Robert si accorse che la sua situazione si metteva un po' scomoda, per lui aggravata da alcune minacce provenienti da gente della favela. Io direttamente o indirettamente non aiutavo a che migliorasse la sua posizione. La mia piccola e precaria scuola per bambini cresceva senza avere alcun appoggio. Lì c'erano gli stessi bambini, e alcuni genitori che contribuivano in qualche modo ad andare avanti. Un giorno mister Robert se ne andò e mai più ritornò, né mai più si fece sentire. Che strano aiuto umanitario! Di questo individuo ricavai due buone riflessioni. Una mi servì a rispettare la repressione, perché essa sta sempre anni avanti, anticipandosi nel tempo e studiando con metodi sofisticati fattori e mezzi per contrastare opinioni e azioni. Mi aiutò anche a radicare sempre di più la mia convinzione secondo cui la droga presente nel morro, quella che uccide e per la quale si uccide, fu introdotta da fuori disintegrando la comunità e trasformando progressivamente Salgueiro in un inferno di spari e violenze. Nessun abitante del morro aveva la possibilità di comprare sostanze tanto costose. Ma ora vorrei ritornare al nostro
mondo musicale e concludere questo capitolo con un bel samba di
Zè Ketti (José Flores de Jesus) ispirato e composto durante il funerale di un bambino
abitante nel morro. Acender as velas
(dal sito: BrazilianMusic.com)
Accendere candele
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DISCOGRAFIA DI LUIS AGUDO
fine della seconda parte - continua
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