IL BRASILE IN ITALIA

 

Milano, dieci anni di Mitoka - Samba

La prima scuola italiana fa il bilancio della propria attività

 

di Marcelo Rasera

          Pensateci due volte prima di far visita al Mitoka Samba, potreste uscirne irrimediabilmente contagiati da un fatale "mal di Brasile". Assistere a una prova dell'orchestra di percussioni e restare fermi è un'impresa quasi impossibile: il rischio è di non resistere al ritmo trascinante e ossessivo dell'ensemble e di essere obbligati ad afferrare uno dei tanti strumenti a disposizione (congas, surdo, pandeiro, agogo, tamborim) cominciando a giocare insieme alla trentina di appassionati che ogni mercoledì si riunisce per imparare a suonare frevo, maracatú, xote, baião insieme ai maestri brasiliani. E naturalmente anche il samba, visto che chi ha dato vita all'idea del Mitoka ha voluto che il nome del più "classico" ritmo brasileiro rimanesse indelebile nel nome del gruppo perché a tutti ne fosse chiara la mission: Mitoka Samba, insomma, oltre a essere un'isola brasiliana nella grigia Milano, è soprattutto la prima scuola di samba italiana. 

Nasce sotto forma di associazione culturale nel 1992, fondata grazie a un'idea venuta a tre brasiliani da tempo inseriti nei circuiti musicali europei: Gilson Silveira (mineiro), Heraldo da Silva (carioca) e Kal dos Santos (baiano). Un'idea sorta con l'intenzione di "mettere energia in movimento, portando allegria, suoni, ritmi e colori nelle strade, nelle piazze e nei parchi d'Europa". L'obiettivo è stato pienamente raggiunto: in 10 anni di presenza sulla scena italiana, Mitoka ha contribuito enormemente a educare orecchie e cuori di tanti italiani al fascino rumoroso e anche un po' indiscreto delle percussioni brasiliane, ma non solo. Non mancano frequenti incursioni nei ritmi africani o latini, o in qualsiasi altra espressione musicale che possa essere definita come batucada. Dal 1992 a oggi, l'associazione ha visto passare nei suoi locali più di 2mila soci. Ma al podio e ai riconoscimenti di oggi, Kal e compagni sono giunti partendo dalle catacombe e sottoponendosi a una lunga e difficile gavetta: dalle prime riunioni tra amici nei locali di una discoteca durante il suo giorno di chiusura, al bar Atm, con gli allievi che partecipavano con strumenti improvvisati, costituiti dagli oggetti più disparati  che avevano a portata di mano. Soltanto nel 1994 il gruppo ha deciso di trasferirsi nella sede che attualmente occupa in via Forcella, che con il passare degli anni si è trasformata in una sorta di ambasciata informale del Brasile diventando il principale crocevia, a Milano,  per la diffusione della cultura popolare brasiliana.

Kal e Gilson, che siamo andati a trovare durante una pausa della loro attività, spiegano che la musica dei Mitoka ha un effetto terapeutico e catalizzatore su chi la suona, oltre che su chi la ascolta. Il ritmo coinvolgente ha il potere di unire persone completamente diverse che concorrono a un unico obiettivo: fare ritmo tutti insieme. Osservando una performance dei Mitoka ci si domanda infatti come sia possibile vedervi volti che mai si immaginerebbe di trovare dietro a una cuíca o a un tamborim. Chissà se il successo del Mitoka sia dovuto in parte alla capacità di interpretare quell'alchimia brasiliana che talvolta riesce ad amalgamare cosi bene le differenze.

 Se in Brasile la musica ha sortito l'effetto di catalizzare razze e culture iverse, in Italia la musica brasiliana riesce inaspettatamente a unire persone di età e strati sociali differenti. E allora per spiegare il successo del Mitoka soffermarsi al piano musicale rischia di non essere sufficiente, dato che l'avventura sconfina nel fenomeno sociologico. Per comprenderlo appieno, conviene allora seguire a ritroso le tracce dei soci fondatori, a cui abbiamo chiesto di ripercorrere per noi la strada da loro intrapresa. Kal e Gilson sono infatti giunti dal Brasile con la volontà precisa di agire sul piano culturale, di contaminare la cultura europea con quella di loro provenienza, vivendo un'esperienza insolita. Originariamente erano intenzionati a rimanere in Italia per poco tempo, ma in occasione del primo bilancio si sono guardati indietro e hanno preso atto che, quasi senza accorgersene, nel Bel Paese avevano entrambi messo radici e tracciato una nuova strada per la quale sarebbe stato ormai difficile tornare indietro.

Qual è stato il vostro primo approccio con la musica?

Gilson - Sono nato a Ipoema,  a 130 Km da Belo Horizonte, ma presto mi sono transferito a Itabira, a 70 km dalla mia città natale. Devo ritornare agli anni trascorsi a Ipoema, da piccolo. Ricordo le tradizionali "Festas de Reis", i "Congados" e nel periodo del carnevale c'era sempre una mini "bateria de samba" che arrivava da Itabira e restava a Ipoema per un paio di giorni. Il mio primo contatto con la musica è stato a casa, ascoltando la radio. Poi a Itabira ho cominciato a frequentare alcuni gruppi di samba.

 Allora l'interesse risale alla tua infanzia?

Gilson - L'interesse per la musica sì, ma il contatto con gli strumenti è avvenuto più tardi, a 13, 14 anni. Avevo già cominciato a suonare a 12, ma in modo molto sporadico.

Kal - Si, Gilson era gia' molto vecchio quando ha cominciato a suonare
(ridono tutti).

Gilson (ridendo) - Perché normalmente in Brasile i bambini cominciano a
suonare a soli 7 anni...

Anche tu, Kal, hai cominciato a suonare "tardi"?

Kal - La mia storia è più o meno simile a quella di Gilson. Sono nato in Brasile con la musica che mi girava intorno. Il mio rapporto con essa è iniziato molto presto. Però avevo deciso di non studiarla perché lo strumento che avevo scelto non si adattava alla nostra situazione: eravamo una famiglia grande con una casa piccola, e il trombone faceva decisamente troppo rumore. Non mi sono comunque allontanato dalla musica, però non ho potuto portare avanti il mio progetto. Come gli altri bambini ho frequentato la scuola seguendo poi un corso di teatro che riuniva arti sceniche e musica insieme. Il legame con la musica era comunque già forte perché mia madre è mãe de santo nel candomblé. Lei non voleva che io apprendessi il trombone, ma insisteva perché mi avvicinassi agli atabaques (percussioni, ndr) del candomblé, da suonare quando c'erano le feste sacre. Ma non mi permetteva di suonarli sempre perché a suo dire erano strumenti sacri, e allora dovevo attendere quei momenti particolari nei quali si suonavano seduti a un tavolo.

E quanti anni avevi quando hai cominciato a suonare davvero?

Kal - Il mio primo contratto musicale con retribuzione l'ho firmato a 14 anni.

Voi due vi siete conosciuti in Italia, ma siete mai andati a suonare insieme in Brasile?

Kal - Si, siamo già andati insieme ed è stato meraviglioso, una cosa che
dovremmo ripetere. E' molto diverso rispetto al modo di suonare in Italia. C'é più emozione.

Gilson - E a ciò contribuisce molto anche il contesto. La condizione psicologica in cui suoni, di rilassamento. Il fatto di essere in vacanza, di avere tempo di dedicarsi alla musica con piacere ti fa suonare in un altro modo.
E poi il fatto di suonare insieme ai vecchi amici è anche molto importante. 

Kal - Anche il pubblico contribuisce molto. In Brasile la gente segue molto e a volte sembra che siano gli stessi musicisti ad accompagnarla, e non viceversa. Esiste una relazione molto diretta con il pubblico.

In Italia invece non é cosi?

Kal - E' completamente diverso.

Gilson - In Brasile il pubblico partecipa più intensamente e s'inserisce nel
contesto dello spettacolo. Vive lo spettacolo. E' un popolo più emotivo. 

Kal - Questo e' un aspetto molto interessante perché penso che il Mitoka, dopo 12 anni, stia riuscendo a cambiare la percezione del pubblico italiano. Siamo una scuola dove si insegna a suonare, ma è nostra cura anche quella di sensibilizzare  le persone che ci frequentano. Ieri abbiamo fatto una performance qui nella nostra sede, e ci sembrava di essere in Brasile. Stiamo formando un pubblico in Italia preparato e sensibile al fascino delle percussioni. 

Gilson - Ogni persona che frequenta il Mitoka, che sia per un solo mese oppure per un anno, diventa un ascoltatore di samba, allena il suo udito al suono delle percussioni, e ciò ci rende felici.

Ma oltre a diventare un ascoltatore persuaso, cosa succede a chi viene a suonare con voi?

Gilson - Vengono tutti inondati da un fiume di emozioni.

Kal - Succede di tutto. Da persone che divorziano a quelle che si sposano con frequentatori del gruppo, bambini che nascono... 

Gilson - Mettendo insieme tutta questa gente così diversa, di strati sociali, di età differenti a suonare ritmi così coinvolgenti, si innesca una sorta di "bomba" emotiva. C'e' conflitto, amore, competizione. Il nostro è un luogo ideale per uno psicanalista, per una tesi di sociologia. Noi peraltro ci divertiamo, è molto bello vedere tutto questo succedere qua da noi.

Kal - Agli inizi la gente cerca di nascondersi dietro lo strumento, lo usa come maschera, ma in realtà ben presto ci si accorge che non si è affatto dietro allo strumento, ma davanti a lui. E di te viene viene fuori tutto.

Gilson -  Tutta la tua ansietà, la tua tranquillità, il tuo coraggio vengono a galla. 

Insegnavate musica anche in Brasile?

Gilson -  No, ma in Brasile la situazione è differente: lì la terapia te la fai con il
vicino di casa.

Kal - A Salvador accadeva che quando suonavamo in casa, i turisti della
pensione accanto bussavano alla porta per partecipare della batucada (ridono
tutti
).

Esiste una collaborazione tra voi e le istituzioni brasiliane?

Gilson -  Si, riceviamo un milione di dollari al mese dal Brasile... No, scherzo! A volte riceviamo una lettera di invito a qualche evento.

Kal - A Milano c'è l'Ibrit (Istituto Brasile - Italia, ndr) che e' un po' più attivo di altri. Quando avevamo appena creato l'associazione avrebbero voluto condividere l'elenco dei nostri soci con quello dei loro - allora non c'era ancora la legge sulla privacy -, ma senza alcuna contropartita da parte loro. E poi la proposta ci suonava strana, perché la loro utenza è molto differente dalla nostra. I nostri soci prediligono la cultura popolare, i loro quella tradizionale. Io penso che le tue cose
si potrebbero anche combinare, ma per farlo sarebbe necessario un lavoro congiunto. Allora provai a fare alcune proposte che mi furono di buon grado prese in considerazione. Mi diedero alcune magliette (le conservo ancora) che sarebbero servite per fare pubblicità alla loro attività. Poi ricevetti a casa una lettera nella quale mi si diceva che ero entrato a far parte del consiglio dei cittadini. Ho cercato di informarmi chiedendo loro che cosa comportava questo ruolo, ma non sono mai riuscito a capirlo, e mi sembra che ora l'abbiano anche abolito. Se era qualcosa che mi dava l'opportunità di svolgere un'attività culturale o di assistenza ai cittadini brasiliani in Italia insieme a loro, l'avrei fatto volentieri. Ma purtroppo il consolato - e lo stesso Ibrit è legato ad esso a filo doppio - è troppo rivolto al commercio estero e troppo poco alla cultura.

Avete invece rapporti con associazioni analoghe in Brasile?

Gilson - No.

Che cosa vi ha spinto a venire in Italia?

Kal - Ci sono venuto in cerca di un cambiamento, nel lontano 1990. Prima emigrai in Francia, poi venni in Italia soltanto con l'intenzione di rinnovare il visto, ma mi sono sentimentalmente coinvolto in Italia, e sono rimasto qua.

Sei fuggito dal governo Collor in Brasile? (Durante il governo di centro - destra di Fernando Collor de Mello, nel 1990, vi è stata una forte emigrazione dovuta alla delusione causata dalle misure impopolari prese dall'esecutivo, ndr)

Kal - Si, sono venuto via anche questo motivo, perché trovavo assurdo ciò che stava accadendo in Brasile.

Gilson - Io invece sono arrivato nel 1985, e presto entrai a far parte di un gruppo insieme a una cantante brasiliana più un chitarrista. L'idea era quella di passare un paio d'anni in Europa, ma così non è stato. Avevo 23 anni, e vivevo un'avventura felice e sotto controllo. Non è stato difficile adattarmi e crearmi una vita qua. Un po' più difficile, invece, è stato separarmi dai miei compagni musicisti in Brasile, così come quando adesso sono in viaggio sento la mancanza di Kal.

Come vi siete conosciuti?

Gilson - Tramite amici comuni.

Kal -  Io ero andato a vedere un suo concerto per conoscerlo, ma quando sono arrivato il concerto era già finito. Invece Nené (Nené Ribeiro, altro musicista brasiliano da tempo a Milano e collaboratore di Musibrasil.net, ndr) l'ho conosciuto in metropolitana. Ero con un mio amico brasiliano, Nivaldo, che mi parlava spesso di lui. Eravamo insieme nel metrò di Milano e a un certo punto mi sono accorto che la mano di fianco alla mia che poggiava alla carrozza aveva lo stesso anello che avevo io. L'ho fatto notare a Nivaldo, lui ha guardato il mio vicino e ha esclamato: Nené! (Ridono tutti). Era un anello allora molto in voga in Brasile, di cui si diceva avesse proprietà speciali. Si chiamava Atlande, e pare fosse dello stesso tipo di quelli usati dai faraoni in Egitto... 

E così avete cominciato a fondare le basi del Mitoka...

Gilson - No, prima abbiamo cominciato a collaborare sporadicamente come musicisti e a suonare insieme. Poi abbiamo cominciato a incontraci insieme a altre persone in una discoteca durante il giorno della sua chiusura. Ci vedevamo per suonare, seduti a un tavolo, con un bicchiere di birra davanti,  facendo quattro chiacchiere. Era una cosa molto rilassante.

Kal - E speravamo accadesse qualcosa perché avevamo già quest'idea di mettere insieme tante persone. In quel periodo ve ne erano già che venivano spesso e che volevano imparare a suonare meglio. E ve ne erano anche altre che faticavano a suonare, così ci siamo organizzati per poter insegnare musica al gruppo. Eravamo un trio: Io, Gilson e Heraldo, che si chiamava Rumpile, dal nome delle tre atabaques del candomble - Rum, Rumpi
e Le - e più tardi abbiamo deciso di fondare insieme il Mitoka.

Gilson - Poi Mitoka si è spostato al bar Atm e li c'era già di tutto. Gente che
suonava con barattoli, fiammiferi, soffiando dentro le bottiglie, con le mani e con i piedi. Cominciavamo già a essere veramente in tanti li. Poi abbiamo dovuto lasciare il bar perché i vicini protestavano: facevamo troppo rumore e
eravamo molto esposti, come su un'isola circondata da palazzi abitati. Allora siamo andati in un altro locale in via Forze Armate e poi, nel 94, ci siamo trasferiti definitivamente qui, in forma di associazione culturale non lucrativa. 

Di quante persone era composto il gruppo inizialmente?

Kal - Da una quarantina di persone. Ai tempi dell'Atm facevano parte del gruppo anche persone che non venivano per suonare, ma che poi si aggregavano. Invece da quando ci siamo trasferiti nell'attuale sede abbiamo introdotto un maggiore controllo sulla partecipazione. E questo è stato molto importante per l'evoluzione del Mitoka. Oggi possiamo dividere i partecipanti in due sessioni: una indirizzata ai principianti e un'altra per gli allievi più avanzati, che costituiscono il gruppo ufficiale che poi partecipa alle manifestazioni del Mitoka.

Quante persone sono passate dal Mitoka-Samba?

Kal - Più di 2000 persone. Forse molte di più.

E quante sono quelle che adesso partecipano?

Kal - Una trentina di persone nel gruppo avanzato e una quarantina nei gruppo di base. Ma la partecipazione è molto variabile. Da questo periodo in poi la partecipazione tende a diminuire per poi riprendere in settembre.

Gilson - Anche perché con l'arrivo dell'estate suonare chiusi qua dentro è complicato, anche se disponiamo di un sistema di ventilazione. 

I partecipanti sono tutti italiani?

Kal - Quasi tutti. A volte arriva anche qualche brasiliano.

Avete quindi formato diverse persone?

Kal - Si, c'è la nuova generazione che Mitoka sta sfornando. Una generazione
di percussionisti che ci aiutano a guidare le prove della orchestra di
percussione. Da noi hanno imparato a suonare molti strumenti e ora possono essere definiti veri percussionisti e non solo ritmisti come una volta. La qualifica di percussionista era riconosciuto soltanto a coloro che suonano nelle orchestre classiche. Oggi i pregiudizi contro i percussionisti che si pongono al di fuori della musica colta sono per fortuna diminuiti. 

Allora non si impara a suonare soltanto uno strumento?

Kal - No, all'inzio si provano un po' tutti gli strumenti, poi si sceglie uno
tra gli strumenti che abbiamo a disposizione e infine si è invitati a acquistarlo. 

Gilson - Anche perché poi bisogna cominciare a creare un rapporto con il
proprio strumento e due volte per settimana di allenamento non bastano più: si deve passare ai "compiti a casa". 

Potreste raccontarci qualche aneddoto successo qua al Mitoka?

Kal - Sono avvenuti tanti fatti, ma penso di non poterli raccontare perché si tratta in genere storie di cronaca rosa... (ridono tutti).

E invece sui momenti importanti del Mitoka? 

Kal - Quando il papa è venuto qua a benedire! (ridono tutti)

Gilson - No, piuttosto quando è venuta Dona Vava', madre di Kal. Abbiamo fatto un concerto insieme. E' stato un momento di forte emozione.

Tu continui a fare teatro, Kal? E hai lavorato anche per la Rai, qualche tempo fa.

Kal: Si, lavoro in spettacoli teatrali come attore e come musicista e per la Rai ho collaborato a un programma educativo, tuttora esistente, che insegna ai bambini a costruire strumenti usando come fondo una storia.

E qual è la vostra relazione con il candomblé, eseguite anche musica
sacra?


Kal -  No, suoniamo i ritmi del candomblé,  ma senza accompagnamento del
rituale.

Gilson - Abbiamo ospitato conferenze sul candomblé che ne spiegavano la musica e proponendo alcuni brani. Ma in modo sempre dissociato dai riti. 

Quali altre cose del Brasile riuscite a far conoscere, oltre alla musica?

Kal - Siamo ambasciatori del Brasile. Io provengo da una famiglia povera e per questo motivo faccio conoscere alla gente questa parte del Brasile. Alcuni hanno una idea da sogno di questo paese, mentre ad altri bisogna persino spiegare che in Brasile non si parla spagnolo. C'é gente che vedendo me e
Gilson ci domanda come possiamo essere brasiliani se siamo cosi diversi. E io rispondo che siamo brasiliani, ma non fratelli (ridono tutti).

Quali sono i vostri progetti musicali?

Gilson - E' da poco uscito il nostro primo cd, prodotto da Radio Popolare,  che sta andando bene. E tra poco uscirà anche un mio cd, intitolato "Maricui", nel quale suono insieme al mio gruppo, un quintetto. Il disco sarà presentato proprio qui al Mitoka il prossimo 20 aprile. 

 


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Come raggiungere e contattare il Mitoka-Samba:

indirizzo: v.Forcella, 7 - Milano (MM2 - porta Genova)
tel.: 02 - 8394466
e-mail: mitokasamba@hotmail.com

Le attività:

Lunedì dalle 14:00 alle 20:00 Percussioni (corso avanzato)
Martedì e giovedì dalle 19:00 alle 20:30 Capoeira
Martedì dalle 21:30 alle 24:00 Didjeridoo
Mercoledì dalle 13:00 alle 20:00 Percussioni (corso principianti)
Giovedì dalle 17:30 alle 18:30 e dalle 21:00 alle 23:00 Danza
Afro-Brasiliana
Venerdì dalle 21:00 alle 23:00 Conjunto di Percussion Cubana
Sabato dalle 15:00 alle 17:00 Tango