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Ed
Motta - "Dwitza"
Universal Music - 2002
04400170822
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Finalmente Ed Motta corona un sogno a lungo inseguito: quello di un CD praticamente tutto strumentale (a parte l'onnipresente scat singing
e due ballad imposte dalla Universal per il lancio radiofonico). Come prevedibile, si tratta di una genuina delizia sonora, a cui si perdona volentieri l'eccesso di eterogeneità e il consapevole e ricercato elitarismo delle citazioni. Trionfo del Motta jazzistico, che ricrea una sorta di lussureggiante Eden afroamericano percorso da iridescenti venature brasiliane, questo "Dwitza" è davvero una gioia inesauribile all'ascolto e lascia scoprire sempre nuovi strati di invenzione musicale, dal soul di "Um Dom pra Salvador", alla delicata bossanova di "Coisas Naturais", al
café chantant intriso di impressionismo raveliano di "Valse au beurre blanc", al polifonico omaggio a Moacir Santos di "Amalgasantos" al classicheggiante impasto di fagotto e clavicembalo di "Madame pela Umburgo". Ben scritto, splendidamente eseguito e sfavillante di colori hollywoodiani come una funambolica colonna sonora che attraversa cinquanta anni di musica, il lavoro del voluminoso carioca ci regala anche un bellissimo episodio in puro stile guinguiano, "A Balada do Mar Salgado", che ricorda le numerose e memorabili collaborazioni tra i due musicisti.
Dopo questa encomiabile obra-prima Motta si colloca con decisione e autorità nel gruppo di testa dei nuovi artisti brasiliani, rivelando grande finezza, sensibilità e straordinaria erudizione musicale. Una recente intervista ce lo presenta ironico, istrionico e soddisfatto, con un occhio a Frank Zappa per l'istinto di libertà e il gusto per la trasgressione dell'eterogeneità e un altro alla tranquillità economica di Ravel che era felicemente
"mantenuto dall'aristocrazia e non faceva altro che comporre e bere
vino". Ce ne fossero mille di Ed Motta!
(Giangiacomo
Gandolfi)
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João
Bosco - "Bandalhismo + Essa è a sua vida"
Bmg - 2001 - (70'32'')
7432180312-2
**** João
Bosco e Aldir Blanc, una delle coppie artistiche più fertili e creative
della storia della MPB, lasciarono, a cavallo degli anni ’80, questi due
dischi, rispettivamente del 1980 e dell’anno seguente. Di lì a poco, le
rispettive carriere si sarebbero separate, senza subire particolare
detrimento, ma chissà cosa altro avrebbero potuto offrirci, continuando
assieme. Già dalle note di copertina, sembra di legere l’enciclopedia
della MPB: Rafael Rabello, Paulinho da Viola, Cristovão Bastos, Wilson
Das Neves, João Donato, etc.: questo è un parterre de roi, interamente
al servizio di due artisti nella piena maturità creativa. Due dischi
forse meno celebrati di capolavori come “Galos De Briga” o “Caça a
Raposa”, ma pieni di sapienza compositiva: i funambolismi
metrico-espressivi di Aldir Blanc si integravano perfettamente con le
tensioni ritmiche e le aperture melodiche fornite da João Bosco. Pezzi
come “Profissionalismo è isso aì”, “Sai Azar”, Bandalhismo”,
“Siri Recheado e o Cacete”, “Corsario”, “O Caçador De
Esmeralda”, non hanno nulla da invidiare ai cavalli di battaglia che
ancora campeggiano nelle scalette dei concerti di João Bosco. Un disco
essenziale per chi ama João Bosco, o Aldir Blanc, o la MPB tout-court.
(Mauro
Montalbani)
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Ivete
Sangalo - "Festa"
Universal Music - 2001
04400162852
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La fuga dall'Axé, un vero esodo, sta assumendo rapidamente dimensioni bibliche ed esiti a volte sinceramente imbarazzanti (come nel caso del recentissimo primo lavoro solista di Gil, la cantante della Banda Beijo). Abbiamo già incontrato in uno dei numeri scorsi l'ultima fatica della Mercury, che ha inaugurato ormai da un po' di tempo la sua fase MPB: è ora venuto il momento di considerare una cantante che sta seguendo le sue orme, con risultati per la verità non troppo soddisfacenti. Si tratta naturalmente di Ivete Sangalo, con questo "Festa" entrata a tutti gli effetti nel club delle transfughe, un tocco di elettronica qui una spruzzatina di rock là. Non è necessaria molta dietrologia e malignità per capire che le pressioni delle case discografiche si fanno via via più insistenti a rischio di lavori raccogliticci e di eccessive strizzate d'occhio al
pop-muzak più deleterio, basta un ascolto anche distratto di questo CD sgradevolmente eterogeneo. Filtri vocali di dubbio gusto, duetti melensi con star americane e recuperi annacquati di samba-reggae si alternano senza soluzione di continuità ad episodi più piacevoli e ben scritti (complice in un caso il sempreverde Gilberto Gil). La Sangalo ha potenza vocale paragonabile a quella della Mercury, ma è carente, in una simile operazione di riciclaggio, della sensibilità e dello spessore interpretativo della collega. Produzione levigata e arrangiamenti ineccepibili - ancorché piuttosto anonimi - non riscattano più di tanto una certa povertà di idee e una generica inconsistenza delle trovate melodiche che la cantante si porta dietro dai tempi della Banda Eva. Tra i brani passabili si annoverano "Narizinho", "Tum tum goiaba", "Balanço Black" e "Assimetrica"; il resto, mi perdonino i fan di Ivete, è un po' un deserto…
(Giangiacomo
Gandolfi)
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Johnny
Alf - "Rapaz de Bem + Diagonal"
Bmg - 2001 (62'25")
7432180316-2
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Bossa
nova, basta la parola. Due dischi, “Rapaz De Bem” e “Diagonal”,
rispettivamente del 1961 e del 1964, che ne conservano tuttora fresco lo
spirito innovativo e il manifesto estetico. Johnny Alf forse non ha avuto
il successo planetario dei mostri sacri che tutti conoscono, ma ciò non
toglie che abbia scritto alcune pagine stilisticamente perfette del
“nuovo modo” di fare samba o, per estensione, MPB. Tra le curiosità,
presenti in queste due ristampe: uno dei primi esempi di riferimenti ai
culti afrobrasiliani nella bossa nova (“Feitiçaria”), anni prima di
“Afro-sambas”. Un pezzo come “Tema Sem Palavras”, che riprendeva,
in maniera però più gioiosa, il vezzo di João Gilberto, nell’esiguo
novero delle sue composizioni, di comporre brani senza un vero testo, ma
tutt'alpiù vocalizzi esclusivamente funzionali alla melodia. Alternati
alle bossa nova, troviamo in questi due dischi anche samba-canção con
tutti i crismi, come “O que è amar”, ma i pezzi più notevoli sono
senza dubbio quelli “bossanovati”, come “Fim de Semana em
Eldorado”, con eccezione però di “Ilusão a toa”, che è diventato
un hit minore nel mare magno della MPB. Un disco per chi vuole
approfondire un po’ la storia di una rivoluzione musicale.
(Mauro
Montalbani)
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Quinteto
Villa - Lobos - "Fronteiras"
RioArte Digital - 2001
RD027
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Le
frontiere del titolo di questo pregevole CD del veterano Quinteto
Villa-Lobos sono quelle – estremamente tenui – tra musica colta (o
erudita come la chiamano suggestivamente i brasiliani) e musica popolare
di qualità. Non poteva essere altrimenti per un gruppo di formazione
accademica che ha storicamente perseguito da sempre il loro abbattimento.
Ad esemplificare lo stato dell’arte ai due lati di questa (spesso
fortunatamente invisibile) barriera, il conjunto sceglie brani di
Guinga, Pascoal e Peranzzetta e li affianca ai lavori in vena
“classica” di autorevoli esponenti della intelligentsia musicale
brasileira contemporanea: Krieger, Kaplan, Miranda. Il
Quintetto di fiati, si sa, è un organico di straordinario equilibrio
timbrico e brillante colore strumentale, ma a fronte della leggerezza e
godibilità dell’impasto si richiede in esso una inflessibile perizia
tecnica e un’intesa di estremo rigore nell’ensemble. Tutto questo non
spaventa neanche un po’ i componenti del gruppo: oltre alla raffinatezza
dell’esecuzione, incontriamo in Fronteiras una non comune maestria nel
trascrivere pagine per strumenti apparentemente lontani e una buona scelta
del repertorio. Scioltezza ritmica e cantabilità completano efficacemente
il quadro. I brani di Guinga in particolare risaltano come veri gioiellini
armonici, eleganti e ironici, originali e sottilmente malinconici. Più
convenzionali gli “Embalos” di Krieger, che cerca insistemente una
dimensione percussiva ma lo fa in un contesto a tratti aspro e cerebrale.
Restano da segnalare i due brani lunghi di Peranzzetta e Miranda, il primo
sinuoso e evocativo, in tono con l’eccellente produzione pop del
pianista-compositore-arrangiatore, il secondo drammatico e descrittivo,
lontano dalle atmosfere impressionistiche che predominano nel CD. La forma
più frequentata è prevedibilmente quella dello choro (ponte ideale tra i
due mondi musicali) e altrettanto prevedibilmente le maggiori arditezze
compositive le troviamo nei lavori accademici, ma giova al lavoro un
unificante “tono francese”, giocoso e quasi sempre scevro da eccessive
seriosità. Per palati raffinati ed orecchie almeno un po’ educate.
(Giangiacomo
Gandolfi)
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Marianna
Leporace & Sheila Zagury - "São bonitas as cançoes"
Etichetta indipendente - 2001
LD01
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Metti una voce femminile, accompagnata da un pianoforte, che interpreti alcuni tra i temi più noti tratti dalle
pièces teatrali di Edu Lobo e Chico Buarque. L'idea delizia gli appassionati dei due mostri sacri della canzone d'autore brasiliana, ma preoccupa per la dose di ambizione e spericolatezza necessari, considerati lo spessore e la complessità del repertorio. A
svilupparla, portandone la realizzazione prima in numerosi locali di Rio e San Paolo e
fissando poi l'esperienza su disco, ci hanno provato due giovani interpreti carioca che sembrano avere i numeri necessari
per avventurarsi nell'insolita operazione: Marianna Leporace, cantante con formazione lirica, oltre che attrice, e Sheila Zagury, diplomata in pianoforte classico e appassionata di musica popolare. Il risultato sfiora le più rosee aspettative, e il titolo scelto per il disco - "São bonitas as cançoes" (sono belle le canzoni) tratto da un verso di "Choro bandido", anch'essa proposta all'interno dell'album - è
quanto di più azzeccato si possa trovare per definire i brani conduttori di alcuni spettacoli degli anni '80 - ad eccezione di "Nego Maluco" - della celebrata coppia di autori: "A Dança da Meia Lua", "O Corsario do Rei" e "O Grande Circo Mistico". Ne nasce una sorta di
album-concept, nel quale la voce di Leporace guida l'ascoltatore attraverso i temi portanti - il circo, la donna, l'amore e il sogno - che si compenetrano quasi a diventare un unico racconto. La complessità armonica e le esecuzioni orchestrali di alcuni indimenticabili episodi musicali quali "Meia noite",
"Beatriz", "O Circo Mistico", "Valsa Brasileira" vengono scomposti e ricondotti all'essenziale di una voce e un pianoforte acquistando una nuova dimensione, con l'esclusione di alcuni momenti (nei brani "Na Carreira", "Nego Maluco", "A Historia de Lily Braun", "Bancarrota Blues" e "Tororò") nei quali le due interpreti sono supportate dall'accompagnamento,
alquanto discreto, da parte di alcuni musicisti. Ma si tratta di episodi
isolati e il cui scopo pare essere quello di conferire maggiore profondità
alle esecuzioni. Da rilevare la partecipazione degli stessi Edu Lobo, in "Na Ilha de Lia, no Barco de Rosa", e
di Chico Buarque in "Tororò", interpretata dallo stesso per la
prima volta. Sono belle le canzoni, ed è proprio vero, ma quelle di Edu e
Chico lo sono ancora di più.
Il
disco è edito da etichetta indipendente e reperibile scrivendo a
flaviolp@unikey.com.br
(Fabio
Germinario)
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