Sushi-Samba: Piccolo Atlante del Giappone Brasileiro (seconda parte)
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Bossa liofilizzataIl risultato forse più riuscito e piacevole nella fusione tra pop-dance Shibuya e ritmi brasiliani è quello ottenuto con levità scanzonata dai Fantastic Plastic Machine di Tomoyuki Tanaka, un produttore-polistrumentista sulla scena fin dagli anni ’80. Lontano dal consapevole e radical-chic intellettualismo dei Pizzicato Five, Tanaka porta avanti dal 1998 il progetto Fpm (tre cd per la Emperor Norton Records e un mare di remix) con altrettanto consapevole disimpegno e levigatezza sonora, senza mai perdere di vista le esigenze del mercato. Il
suo senso della melodia e la capacità di creare commistioni tra pop
retrò e arrangiamenti modernissimi è innegabile, mentre
l’obiettivo, per certi versi più ambizioso di quello dei Pizzicato 5 e
perseguito con una totale rinuncia a testi in giapponese, è quello di
rinverdire ed estendere ad una dimensione assolutamente internazionale il
modello dei mai dimenticati Matt Bianco: un cantabile e seducente pop
elettronico speziato di tropicalismo, aggiornato all’estetica lounge.
Da qui la predominanza di samba e batucadas surreali, stranianti nella
loro dimensione sintetica e spesso affiancate a bossanova improbabili,
cantate in portoghese ma dal sound curiosamente compresso e liofilizzato,
come se provenissero da un Brasile atemporale, platonico, iperuranico, mai
realmente esistito. Un Brasile onnipresente, mediato dal trash-pop
degli
anni ’60 e ‘70 americano e italiano (non sembri strano: Tanaka cita
spessissimo Piccioni, Trovajoli, Morricone e le
colonne sonore di quel periodo). Più recentemente e sulla stessa linea, ma con un occhio maggiormente rock, dissonante e sperimentale, troviamo gli Hi-Posi e il loro particolarissimo e schizofrenico distillato di kitsch e aggressione sonora quasi-punk. Qui l’attenzione a samba e ritmi affini è più sfumata (comunque il brano “You are my Music” è puro Shibuya bossanovistico) e gli esiti ancora più astratti e singolari, ma è interessante notare come si ritrovi nel loro discorso musicale (grazie alla cantante e arrangiatrice Miho Moribayashi ) una delle grandi costanti dell’immaginario Japop: quello che può essere a buon diritto definito “Complesso di Lolita”. Un complesso che andiamo ora ad esplorare. Complesso di LolitaNel catalogo dei luoghi comuni sul Giappone (e sull’Oriente in genere) spicca quasi sempre quello della cantante dalla voce sottile e il volto coperto da cerone che si esibisce in nenie modali assai poco attraenti. Non è un caso. C’è un’evidente fascinazione tutta asiatica per la figura della “Lolita” che esibisce le sue doti canore, fascinazione che trova il suo corrispettivo nella musica di corte giapponese, il “Gagaku” o nel più cameristico “Jiuta Mai”. Lo Shibuya-key e le altre odierne correnti pop non ne sono esenti, riflettendo quindi una tradizione antica che nonostante tutto riemerge anche nel panorama di modernizzazione successivo alla seconda guerra mondiale. Aldilà delle ovvie e discutibili implicazioni sessuali, questa ossessione che abbiamo riassunto nell’archetipo del celebre personaggio nabokoviano continua ad affiorare qua e là nella scena musicale nipponica ed ha portato alla ribalta e al successo più di un’artista femminile. L’esempio
più famoso e paradigmatico è quello di Kahimi Karie, una ex
fotografa musicale che nel corso degli anni ’90 ha conosciuto sulla scia
dello Shibuya-key uno straordinario successo di vendite, proprio giocando
sullo stereotipo Lolita/soft pop singer. Le sue produzioni, che
hanno attirato l’attenzione di personaggi di punta della musica
giapponese come Cornelius e Towa Tei, sono sempre
ineccepibilmente arrangiate e condotte sul filo dell’ironia e della
citazione, ma non mascherano una sostanziale e programmatica povertà
canora che alla lunga rende poco interessante l’esperimento. Sulla scia
della Karie, anche se in contesti diversi, troviamo Akiko Yano,
consorte dell’immancabile Sakamoto, e in versione ancora più
elettronica Takako Minekawa e la già citata Miho Moribayashi degli
Hi Posi. E’ quasi inutile sottolineare che tutte le lolite e
pseudo-lolite elencate flirtano più o meno sfacciatamente con
l’estetica bossanovistica e con il contrasto tecnologia-tradizione fin
qui delineato, ancora una volta con effetti suggestivi e sottilmente
stranianti. E’ forse l’estremismo di questo contrasto, che mette a
nudo e implicitamente alla berlina l’artificialità dell’impianto
consumistico della società giapponese (e non solo, ovviamente), a
insinuare una sorta di disagio e intolleranza in alcuni critici musicali,
tanto da far parlare con una certa dose di disprezzo di “Ghetto Pokemon”
e di deprecabile estetica da videogioco o da cartoon.
Interludio brasilianoCon
un balzo di migliaia di chilometri torniamo ora per un momento in Brasile,
a chiederci cosa si pensi nella patria del samba di una simile
appropriazione culturale, provocatoriamente distorta e non di rado
affettuosamente dissacrante. A
prima vista la Mpb sembra in generale disinteressarsi di queste intrusioni
da “gringo”, almeno da un punto di vista di influenze musicali, ma è
davvero così? La risposta è no, naturalmente. Qua e là affiorano tracce
di consapevolezza e di sorridente approvazione, non a caso tra alcuni
degli artisti più iconoclasti della scena, cosa che si affianca al fatto
che i percorsi mainstream della Ono e di Sakamoto continuano ad
essere seguiti con interesse e discreto successo di pubblica e critica e
che gruppi japop come “The Boom” organizzano applaudite tournée tra
Rio e Sampa. La prima evidenza - quella più diretta e irresistibilmente
divertente - la troviamo in uno degli ultimi cd dei Pato Fu, “Isopor”,
dove Fernanda Takai si esibisce in un omaggio allo Shibuya-key
(cantato in giapponese!) dall’inequivocabile titolo “Made in Japan”.
Contemporaneamente l’irriverente e zappiano gruppo dei Karnak di Sao
Paulo ( i loro 3 cd sono imperdibili, per inciso) fa un inevitabile
tributo al calderone musicale nipponico con il suo cd “Estamos adorando
Toquio” e Paulinho Moska abbonda in molho
nippo-elettronico cantando il suo “Por acaso em Osaka”. La caccia alla
citazione e all’omaggio potrebbe continuare, ma ci arrestiamo qui, per
tornare nel paese del sol levante e proseguire nel nostro viaggio di
ricerca delle più improbabili contaminazioni sambistiche. Tra rock, acid-jazz e loungeLontano
(ma non troppo) dai lidi dello Shibuya-kei, prospera pur sempre un diffuso
interesse per le forme musicali brasiliane, viste come possibile collante
e amalgama melodico-ritmico tra elementi stilistici e culture differenti
come il rock, il jazz e la dance. Nuovi, continui tentativi di fusione
emergono sulla scena giapponese, come in un immenso rutilante
caleidoscopio: vogliamo qui ricordarne brevemente alcuni tra i più
significativi. Gli
United Future Organization (Ufo) sono ormai un gruppo storico e un
riferimento internazionale per quanto riguarda l’acid-jazz. I
loro pregevoli lavori contengono notevoli incursioni in territori samba:
impossibile non citare su tutte la strepitosa ricreazione orchestrale di
Upa Neguinho nel cd omonimo. Sullo stesso territorio, anche se con
l’occhio più ristretto alle venature soul-jazz, il “Soul Bossa
Trio”, perfetta ricreazione di un combo stile “Blue Note” anni
’60, con ovvie referenze a un pantheon afroamericano che va da Lee
Morgan a Herbie Hancock e Quincy Jones inestricabilmente
commiste al samba-jazz carioca degli stessi anni. Analoghe coordinate
stilistiche anche per il “Tokyo’s Coolest Combo”, costola
strumentale dei Pizzicato 5, leggermente più virata verso il lounge. A
metà tra acid-jazz ortodosso e dance, troviamo “Mondo Grosso” di Shinichi
Osawa, una longeva serie di produzioni internazionali super-lussuose
in grado di annoverare star brasiliane del calibro di Ed Motta, Paula
Lima e Tania Maria. Ancora: “Kyoto Jazz Massive”
rappresenta un po’ l’incontro tra mondo nipponico e scena acid-jazz
parigina e vanta addirittura una collaborazione con Bebel Gilberto. Rimane
da citare un influentissimo e straordinario gruppo formato da due ragazze
giapponesi in stretto contatto con i musicisti dell’avanguardia
newyorkese (Lounge Lizards, Marc Ribot, Sean Lennon).
Si tratta dei “Cibo Matto”. Il loro “Stereotype A” soprattutto,
affianca elementi rock (a tratti aspri e quasi punk) a una bossanova
postmoderna ed elegante capace di rileggere classici intramontabili come
“Aguas de Março”. Come
volevasi dimostrare, siamo tornati al punto di partenza di questa
straordinaria onda brasiliana in terre asiatiche, e cioè ad Antonio
Carlos Jobim. Dance e DJ-cultureNon
si può concludere il parziale e sommario tentativo di cartografia senza
mappare le ultime tendenze della elettronica e della DJ-culture più
vicine alla sensibilità drum’n’bass che presentano in Giappone
picchi di creatività davvero invidiabili. I personaggi chiave di questo
mondo, dalla statura di veri architetti del suono globale, sono Towa
Tei e Cornelius. Ambedue
si presentano come richiestissimi ingegneri sonori, geni dell’arte del remix,
ma sono in realtà molto di più, musicisti e innovatori dalla personalità
eccentrica che attraversano obliquamente i generi, finendo inevitabilmente
a contatto con la créme della musica contemporanea, da Bjork a Money
Mark, da Alexander Balanescu a Bebel Gilberto. Cornelius
ha toccato più volte l’universo dei ritmi tropicali e nell’ultimo
lavoro – il celebrato “Point” – ha astutamente dissezionato il
classico “Aquarela do Brasil”, iniettando una sottile ma inquietante
dose di elettronica e rumorismo nel riarrangiamento. Ancora più coinvolto
da samba e bossanova, Towa Tei sparge a piene mani campionamenti e ritmi
angolosi, senza perdere melodia e saudade. Le sue frequenti collaborazioni
con il luminoso astro nascente di Bebel Gilberto sono
particolarmente memorabili: la ricreazione di “Batucada”,
indimenticato classico di Marcos Valle, mostra come il cuore
digitale di un giapponese possa pulsare caldo e seducente guardando in
direzione Rio, mentre l’originale “Obrigado” si iscrive nel novero
dei puri capolavori desafinados. Distante dall’abusato stereotipo del “Ghetto Pokemon” questo nuovo mondo nipponico conferma ancora una volta che samba e sushi non sono poi così incompatibili e che il Sol Levante brilla romantico, ironico e malinconico proprio come il sole del Brasile. OOO Mini
Discografia consigliata: -
Sadao Watanabe - “Jazz & Bossa” – Denon – 1966 -
Sadao Watanabe – “Sadao meets Brazilian Friends” – Denon -
1968 -
Morelembaum 2 + Sakamoto – “Casa” – WEA - 2001 -
Lisa Ono – “Bossa Carioca” – Toshiba EMI - 1998 -
Mondo Grosso – “MG4” – Sony - 2000 -
Pizzicato Five – “On Her Majesty’s Request” – Sony - 1989 -
Pizzicato Five
–
“Romantique” – Triad/Columbia – 1995 -
Pizzicato Five – “Happy End of the World” – Matador –1997 -
Pizzicato Five – “This Year Girl” – Sony - 2000 -
Towa Tei – “Future Listenings” – Elektra - 1995 -
Towa Tei – “Last Century Modern” – Elektra -1999 -
Fantastic Plastic Machine - “FPM” – Emperor Norton - 1998 -
Fantastic Plastic Machine – “Luxury” –Emperor Norton - 1999 -
Fantastic Plastic Machine – “Beautiful” – Emperor Norton -
2001 -
Hi Posi – “Gluon” – Columbia – 1998 -
Hi-Posi – “4n5” – Tokyopop Music - 2000 -
Kahimi Karie – “KK” – Mint Fresh - 1998 -
Soul Bossa Trio – “Dancing in the street” – Stereo Jasrac -
1994 -
Cornelius – “Fantasma” – Matador - 1997 -
Cornelius – “Point” – Trattoria - 2002 -
United Future Organization – “UFO” – Polygram – 1994 -
United Future Organization – “No Sound is Too Taboo” –
European - 1995 -
Cibo Matto – “Stereo-Type A” – Warner - 1999 -
AA.VV. – “Sushi 3003” – Bungalow Records - 1998 - AA.VV. – “Sushi 4004” – Bungalow Records - 1999
Fine la
prima parte è stata pubblicata sul numero di marzo
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