Con questo
numero di Musibrasil.net prende il via una nuova rubrica, dal titolo
"Il Brasile in Italia", dedicata a persone e istituzioni che
contribuiscono a diffondere la cultura brasiliana nel nostro paese. Non
importa attraverso quali forme e modalità: le costanti che le accomunano
sono sempre la grande passione per il Brasile e l'impegno con cui si
dedicano a realizzare progetti di divulgazione. Iniziamo questo primo appuntamento
da Max De Tomassi,
che in Italia è stato tra i primi a diffondere musica brasiliana e della
quale, pur avendo acquistato notorietà, non ha cessato di essere sincero
appassionato. Definirlo disk-jockey sarebbe riduttivo, considerata la sua
competenza
in svariati campi, ma è forse questa la veste nella quale ama
di più presentarsi - come fa ogni venerdì notte - dai microfoni di
Radio1 Rai FM, nella trasmissione "Brasil", di cui è conduttore
insieme a Gianluca Di Furia. Trasmissione che oltre ad essere - come egli
stesso afferma - la sua più grande opportunità professionale, è
diventata uno dei principali punti di riferimento per tutti gli
appassionati di musica brasiliana. Con Max De Tomassi abbiamo ricordato
gli inizi della sua carriera e parlato della sua passione per questa
musica, ma anche delle difficoltà che si trova ad affrontare chi in
Italia coltiva l'ambizione di realizzare eventi legati alla cultura
brasiliana, tema che come i nostri lettori sanno bene, ci sta
particolarmente a cuore.
Può parlarci del momento in cui è scattato in lei l'interesse per il Brasile?
E' legato a un evento particolare di cui ci vuole parlare?
E' legato all'ascolto di un disco, che è stato il mio primo di musica brasiliana,
dal titolo Deis anos depois di Jorge Ben, una raccolta. L'ho ascoltato in un villaggio turistico in Tunisia a quattordici anni. E
me ne sono innamorato.
Era già stato in Brasile prima di allora?
No, mai. Ci sono andato qualche anno più tardi, dopo l'esame di maturità.
Ricordo che dopo averlo superato ricevetti in regalo un biglietto per il
mio primo viaggio in Brasile. Era il regalo che desideravo di più, e che
avrebbe poi condizionato la mia vita.
E cosa ha provato la prima volta che ci é stato?
Ho provato un sentimento di solitudine perché ero giovanissimo: era la
prima volta che da solo mi avventuravo in un paese molto lontano e che
allora aveva mille difficoltà di comunicazione con l'Italia. Non era così semplice telefonare
e sentire vicine le persone care. Ma nello stesso tempo ho provato grande euforia, perché
"sbarcavo" per la prima volta nel paese dei miei sogni che avevo sempre desiderato vedere.
E della cui immagine avevo coltivato tante fantasie grazie anche alla
musica, considerato che dai 14 anni ai 19 mi ero dedicato sopratutto a incrementare la mia collezione di dischi. Ciò che
in Brasile ascoltavo quotidianamente in radio e in televisione era quello che avevo sempre sognato:
poter finalmente vedere i volti dei miei musicisti preferiti e poterli
ascoltare senza limitazioni; cosa che in Italia purtroppo non si poteva
fare perché, ai tempi, di musica brasiliana se ne ascoltava pochissima e non vi erano programmi ad essa dedicati.
Come ha iniziato a occuparsi del Brasile anche professionalmente?
Mi reputo una persona dalla fortuna grandissima, straordinaria: qualche mese prima di andare in
Brasile ho conosciuto in Italia una donna alla quale inizialmente non attribuivo alcuna importanza, se non per un gesto
gentile che aveva avuto nei miei confronti: quello di lasciarmi il suo numero di telefono e di dirmi che avrei potuto contare su di lei quando mi fossi recato a Rio.
Si trattava di Lea Millon, che era ed è tuttora la più grande impresaria
musicale vivente in Brasile. Una persona che ha rivestito un ruolo
fondamentale per la musica brasiliana essendo stata molto amica di Tom Jobim, impresaria di
Caetano Veloso, di Maria Bethania, Gal Costa e dei più importanti
artisti. Una persona che nonostante la sua importanza è sempre stata dietro le
quinte e ancora continua a esserlo.
Il classico colpo di fortuna, insomma...
Direi di si. Lei in un certo senso mi ha adottato perché aveva il
desiderio di avere un figlio italiano. Da sempre è stata una grande innamorata dell'Italia, e il nostro è stato
l'incontro tra due persone che non desideravano altro che incontrarsi.
E questa amicizia continua ancora?
E' qualcosa di più di un'amicizia, e non saprei come definire il nostro rapporto: siamo mamma e figlio, fratello e sorella. Lei è avanti con gli anni, ma ha ancora una mentalità giovanissima.
E' una persona eccezionale.
Durante la sua carriera ha avuto modo di conoscere e incontrare decine e decine di artisti brasiliani. Qual è l'incontro che
la ha colpita di più, il ricordo più intenso?
Sicuramente il ricordo dell'incontro con il primo musicista che ho conosciuto personalmente: Jorge Ben, che venne in Italia prima
che io andassi in Brasile. Ricordo che per me averlo qui era come avere un sogno a portata di
mano: è stato naturale voler parlare con lui, assediarlo in albergo come fanno tutti i grandi fan. Quando
sono poi ritornato in Brasile, ho goduto del vantaggio che, a differenza degli artisti italiani, quelli brasiliani non si dimenticano di te.
E ho così avuto modo di coltivare la nostra amicizia anche successivamente, quando in Brasile ho iniziato a lavorare per la musica brasiliana. Ci vedevamo, uscivamo tutte le sere insieme. In Italia penso sarebbe impossibile per un fan di un artista popolare
uscire insieme a lui la sera e confrontarsi, parlare dei testi delle canzoni. Del resto è
proprio quello che i fan veri, autentici vogliono: discutere sulla poetica, non
su come vestono, sulle loro auto, sui pettegolezzi che circolano
nell'ambiente...
Lei desiderava un rapporto più intenso, più profondo...
Era quello che cercavo. Agli artisti che tuttora amo io faccio domande sulle canzoni,
sul loro modo di sentire, non sul mercato discografico.
Considerato che lei si occupa soprattutto di musica, quali sono le sue preferenze e
quale il musicista che ama di più?
Il musicista che preferisco, che ho avuto la fortuna di incontrare e che vanto di essere
uno dei pochi che con cui riesce a parlare è
João Gilberto, l'uomo che per me ha innovato di più la musica brasiliana.
E che ha dato la possibilità a questa musica che tanto amiamo di essere conosciuta nel mondo intero grazie a questa sua
invenzione: la voce che va da una parte, la chitarra dall'altra suonata come
un'orchestra, entrambe frutto di una magìa irripetibile.
Dicono però sia praticamente impossibile riuscire ad avvicinarlo...
Con lui ho un rapporto sublime, di grande distacco, pur avvertendo che da parte sua c'è un grande affetto nel volerci
parlare, ma mai incontrare. Ci sentiamo periodicamente per telefono, abbiamo un rapporto di grande simpatia,
sono molto amico anche di sua figlia e so che a lui fa piacere. Mi ha dato mille volte attestati di stima e di affetto mandandomi biglietti, fiori in albergo,
una volta ha addirittura affittato un televisore per me... E' una persona che ti dà
moltissimo, di cui sai che è un genio e dalla quale non puoi pretendere
nulla.
Allora è proprio vero che sia difficile incontrarlo personalmente
Impossibile. Lui dice sempre: vediamoci. Ma gli succede sempre qualcosa che
poi fa saltare l'incontro. Qualche volta ci siamo anche trovati, ma è accaduto in modo del tutto
casuale, involontario.
Quali sono le difficoltà che deve affrontare chi come lei è interessato a promuovere la cultura brasiliana in Italia?
Per quanto riguarda la musica la difficoltà è imposta dalle quote di
mercato: in un paese come l'Italia dove la musica anglofona è la più ascoltata e venduta, e non esistendo una legge che tutela la musica
italiana - che è comunque di grande livello - quella brasiliana, quella spagnola e i grandi autori della musica latinoamericana hanno pochissimo spazio. Io lotto per cercare di ampliare questa
minima porzione di mercato, che può comunque contare su un proprio pubblico di
riferimento e che andrebbe assolutamente coltivata. Ci sono molti discografici sensibili - e nel corso degli anni ne ho conosciuti tanti -, altri che
invece ignorano completamente il fenomeno. Diciamo che io cerco di operare
su entrambi i versanti: coinvolgere gli artisti italiani per fare
ascoltare loro musica brasiliana, e quelli brasiliani per convincerli a venire
in Italia a promuoversi.
E quanto alla promozione della cultura brasiliana?
Purtroppo si tratta di un problema specifico del nostro paese. In Italia si conosce
per lo più solo la cultura italiana - e nemmeno completamente - perché la
nostra è una cultura grandissima, immensa. Siamo uno dei paesi più ricchi
di arte e di altre forme di cultura. Difficile trovare attenzione per
avvertire ciò che avviene altrove, e in particolare in
America Latina. Della cultura brasiliana gli italiani hanno un'idea spesso
in chiave folcloristica; con essa hanno un approccio amatoriale, leggero. Ma è giusto che sia così, perché comunque la cultura brasiliana è di derivazione popolare, non è
certo tra quelle più sofisticate.
Ritiene che lo spazio attualmente messo a disposizione per questo scopo dai media sia sufficiente? E in caso negativo, come si potrebbe fare ad averne di più?
Dal mio punto di vista le cose non vanno così male: era tanto tempo che volevo tornare in Rai, e quindi non posso essere più contento. Per quanto riguarda i media in generale, mi piacerebbe che in Rai - e parlo della televisione - si facesse un programma di musica e cultura brasiliana. Io per quel poco che posso fare ne
conduco uno su Odeon TV che va in onda ogni anno. A volte siamo riusciti a
realizzarne due edizioni, una invernale e una estiva. Quest'anno siamo riusciti a
programmarne una estiva che inzierà dal prossimo mese di giugno.
Parliamo della sua trasmissione più recente: "Brasil", in onda su Radio1 Rai Fm ogni venerdi notte da mezzanotte circa fino alle 5,30 del
mattino. Come
considera questa esperienza?
Dal punto di vista divulgativo e promozionale è veramente la più grande opportunità che
abbia mai avuto. Ma forse è anche arrivata nel momento migliore: nel momento in cui si parla molto del Brasile dal punto di vista musicale, nel momento in cui Jovanotti fa un disco con Carlinhos Brown, realizza con lui una performance sul palco di Sanremo davanti al massimo pubblico italiano televisivo, nel momento in cui tanti artisti italiani vanno in Brasile ad apprendere l'arte e la cultura musicale. E' il momento della musica brasiliana.
Vuole dire che questa disponibilità non è arrivata casualmente?
Forse no. Siamo arrivati fortuitamente a Radio1 io e Gianluca Di Furia, il collega che realizza con me la trasmissione,
che qualche anno fa io stesso ho iniziato alla musica brasiliana e che grazie alla sua conoscenza del jazz mi ha dato un'ulteriore spinta per
capire quale altro sviluppo vi possa essere in Italia per la musica di qualità.
Le sono giunti segnali secondo cui questo spazio abbia possibilità di essere ampliato o trasferito in orari di maggiore audience?
Mi arrivano soltanto segnali di grande interesse da parte del pubblico. Penso che la Rai sia
alla soglia di un cambiamento, e non possa trascurare queste frange di mercato, questa modesta
porzione di pubblico che possiede una sua forza.
Ritiene che i tempi siano maturi per realizzare un'organizzazione, una grande rete costituita da appassionati e addetti ai lavori con l'obiettivo di migliorare la diffusione della cultura brasiliana e di organizzare in Italia eventi ad essa legati?
Credo che se ciò non è avvenuto sino ad ora sia a causa della mancanza di fondi. Siamo tutti molto contenti se si riesce a formare una rete, e comunque si riesce a metterla in piedi tra
amatori. Ma occorre anche l'apporto di intellettuali e di persone che si danno da fare, che amano
davvero il Brasile, e io ne conosco tanti. Ognuno di loro,
guadagnando il giusto, potrebbe riuscire a mettere in piedi un programma o un canale televisivo di grande importanza: pensiamo ai canali tematici, alla grande disponibilità offerta dai satelliti, Ma
ci vogliono fondi. Personalmente credo di riuscire a fare il massimo che
sia possibile, nelle condizioni attuali.
Chi sono secondo lei i soggetti che potrebbero essere interessati a
finanziare un progetto di questo tipo?
Industrie, società, enti che comprendono l'importanza dell'interesse del pubblico italiano per il Brasile. Ad esempio la nota marca di birra brasiliana che vuole sbarcare in Italia dovrà veicolare necessariamente il proprio marchio attraverso questo canale, così come la compagnia o le compagnie aeree brasiliane che intendono vendere i loro biglietti qui
da noi.
E lei è ottimista al riguardo, o pensa che i tempi non siano ancora ricettivi?
I tempi sono già ricettivi. Se nel 2002 non abbiamo ancora capito che tra Italia e Brasile c'è tanta affinità, quando
lo capiremo? Non dobbiamo fare l'errore di attendere che la tecnologia ci
divori prima di capire che possiamo scambiare cultura con altri paesi.
OOO
Max
De Tomassi ha condotto alcune trasmissioni radiotelevisive di
successo sulla musica brasiliana, a Radio Dimensione Suono nell'83, a
Radio2 Rai nel '92 ("A sesta do seu Brasil"), e su Radio 1 Rai
FM, ("Brasil", tuttora in onda fino al prossimo aprile il
venerdi notte dalle 0,30 circa fino alle 5,30 del sabato). Ha inoltre
realizzato speciali e videoclip musicali ("ClipClip") per Tele
MonteCarlo, di cui è stato direttore artistico, e ha condotto la
trasmissione "Terra Brasilis" su OdeonTV (di cui è in
preparazione l'edizione estiva che andrà in onda dal prossimo giugno). E'
consulente di alcune case discografiche e di musicisti italiani e
brasiliani tra cui Jorge Ben, Toquinho, Jovanotti, Carlinhos Brown (che ha
recentemente portato al festival di Sanremo), Eros Ramazzotti, Lucio
Dalla, Amedeo Minghi, Patty Pravo. Insieme a quest'ultima è stato
recentemente in Brasile in occasione della registrazione del suo prossimo
album.
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