LA TRIBUNA DI MESTRE BAIXINHO I ragazzi di Lubango
di Luiz Martins de Oliveira
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Dopo
l’uscita dell’articolo di Febbraio, diverse persone hanno sollevato la
questione di cosa si intenda esattamente per “ricerca”, in particolare
quando riferito alla capoeira. Nel numero scorso ho sostenuto che questa
disciplina richiede uno sforzo a livello culturale per poterne apprezzare
e comprendere
gli aspetti più significativi e meno evidenti. Oggi vi
racconto di una esperienza pratica, promossa dall’Associazione italiana
di Capoeira da Angola, con lo spirito di ricerca cui ho fatto accenno
prima: il progetto “Capoeira a Lubango”. Per
noi questo impegno rappresenta non soltanto una occasione per contribuire
a un piano di sviluppo locale, ma anche l’opportunità per uno studio di carattere
culturale e di ricerca antropologica che ci ha già dato grosse
soddisfazioni e che intendiamo continuare a promuovere nel futuro. L’iniziativa
è nata da un progetto promosso da una Organizzazione non governativa
italiana (Alisei) in collaborazione con altre organizzazioni no-profit
locali (Adcp). L'obiettivo
principale è la re-integrazione sociale dei ragazzi di
strada nell’area di Lubango, nel Sud-Ovest dell’Angola. Il
Paese, come molti di voi sapranno, è stato teatro di cruente guerre
civili che hanno ulteriormente impoverito gli strati sociali più
vulnerabili della popolazione; tra questi, come sempre avviene, i bambini
hanno dovuto fronteggiare le situazioni più difficili. Si calcola che
almeno un milione di bambini angolani siano stati obbligati a spostarsi
lontano dalle loro aree originarie per muoversi verso altre zone del
paese. Le conseguenze di queste migrazioni interne sulle loro speranze per
un futuro migliore sono drammatiche e molti dei bambini di questa regione
vivono alla giornata senza alcuna guida da parte degli adulti. L’Adcp ha identificato una serie di azioni per consentire ai giovani ragazzi
dell’Angola, agli orfani dei conflitti e ai profughi di inserirsi
nuovamente in un contesto sociale dal quale sono esclusi. Tra gli
strumenti selezionati per promuovere l’educazione e le possibilità di
crescita culturale di questo gruppo sociale particolarmente vulnerabile,
un posto di rilievo è stato attribuito all’insegnamento della capoeira,
della sua storia e dei suoi rituali. Benché sia ormai appurato che le
popolazioni di schiavi deportati in Brasile provenissero in gran parte
dall’Angola (la più grande colonia portoghese in Africa) e dalle zone
circostanti, la capoeira, nata e sviluppatasi al di là dell’Atlantico,
è semi-sconosciuta in questa regione. Nell’estate
del 2001, insieme a Montanha che è uno dei miei collaboratori dell’Associazione
italiana di Capoeira da Angola, siamo stati contattati dalle
organizzazioni locali per partecipare al progetto e organizzare le attività
di insegnamento. A Lubango abbiamo tenuto seminari, corsi e lezioni e i
ragazzi sono stati introdotti alle tecniche della capoeira, alla sua
storia, alle sue musiche e alla costruzione degli strumenti. I tre di loro
che giudicavo essere più responsabili sono stati incaricati di seguire i
ragazzi meno esperti per garantire il regolare svolgimento delle attività
in nostra assenza. Inoltre ho ottenuto che l’Adcp garantisse uno spazio
dedicato alla pratica della capoeira. Al
di là dei risultati a livello sociale, gli aspetti di profondo interesse
per noi sono stati quelli legati alla ricerca di tradizioni e costumi che
possiamo associare alle origini africane della capoeira. Esistono infatti
danze tribali (‘Ngolo) che ricordano da vicino alcune delle movenze di
quella che oggi chiamiamo capoeira Angola; strumenti (come il ‘mburumbumba)
che possono essere considerati come “antenati” del Berimbau e pratiche
rituali che richiamano da vicino alcune delle gestualità della roda.
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