Il
mito, il progetto, il tributo. E, sotto, un’idea, una passione. Davanti,
un incrocio di scelte. Il mito è inattaccabile: Elis è ancora voce
regina. Il progetto parte ora e si evolve in estate. Il tributo è una
scommessa di Barbara Casini, un’anima brasiliana che arriva da Firenze.
L’idea coinvolge, la passione esplode. E la scelta del repertorio è
dura. Inseguendo Elis Regina, le sue interpretazioni, il suo mondo. Sfogliando
pagine di musica e storia. Barbara canta Elis, attraversandone la
carriera, fotografandone i passaggi: noti e dimenticati. Divagando tra gli
autori che l’hanno accarezzata, riverita, illuminata. E che Elis ha
saputo sempre ricompensare. La
sfida è un concerto: due ore e anche di più. Il concerto è una prova
generale, propedeutico alla tournée che seguirà. La tournée
precede il disco, rigorosamente live. Il disco è lo scrigno di
un’avventura, è l’album dei ricordi di un viaggio per l’Italia che
sorride al Brasile. Il viaggio comincia da Jesi, il dieci marzo. Una sola
data, per adesso. Poi, si replica: assai probabilmente da giugno. Quasi
certamente a Grosseto, Treviso e Fano. Ma anche altrove, sognando
l’Umbria Jazz Winter di Orvieto: più avanti sapremo date e luoghi. «Il
primo appuntamento al Teatro Pergolesi di Jesi serve innanzi tutto a
confezionare il progetto. E’ solo il passo d’avvio. La tournée vera e
propria è prevista tra un po’». Barbara Casini confessa l’emozione
dell’impegno: «Sì, ripercorrere i passi di Elis è un onore.
Si avvera un desiderio antico e forse inconfessato: perché Elis è stata
e continua a rappresentare, per me, un punto di riferimento. Ma sarà
un’esperienza faticosa: non solo artisticamente, ma anche
fisicamente».
Esperienza
da condividere, evidentemente. «Con il mio gruppo storico e con altri
musicisti di spessore. Lavorerò con la chitarra di Sandro Gibellini, il
piano di Bruno Cesselli, il contrabasso di Raffello Pareti e la batteria
di Francesco Petreni. Le percussioni saranno affidate ad Heraldo Da Silva
e poi potremo contare su tre fiati: Marco Tamburini alla tromba, Riccardo
Luppi al sax e al flauto e Roberto Rossi al trombone». Il
repertorio, invece, è il frutto di un gusto squisitamente personale: «E’
vero, interpreterò anche dei brani non particolarmente popolari, che però
amo particolarmente. E’ il caso di "Alô Alô Marciano", o di
"Marambaia",
eseguita solo con percussione e voce. Ovviamente, ci sarà spazio per la
produzione di Milton Nascimento: parlo di "Ponta da Aréia", di
"Canção
da América", di "Vera Cruz", di "Na Batucada da Vida". Non
posso dimenticare che Elis cantò Jobim: e allora ecco "Sabiá" ed
"Aguas
de Março". Chico Buarque sarà presente con "Retrato em Branco e
Preto" e con "Valsa Rancha"; Carlos Lyra con "Entrudo"; Baden
Powell con "Vou Deitar" e "Rolar"; Guinga con "Bolero de Satã".
Il resto del programma è "Agora Tá", "E’ com Esse que Eu
Vou", "Corrida
de Jangada", "Eu, hein Rosa" e "Calcanhar de Aquiles". La dico tutta: è
stata una scelta difficile, talvolta sofferta. Per una questione di
equilibri, soprattutto: perché io e Paolo Silvestri, che è
contemporaneamente arrangiatore dei brani e direttore artistico, abbiamo
voluto alternare i ritmi, miscelarli. In scaletta ci sono dei brani lenti
e delle esecuzioni più vivaci che, tra l’altro, si gioveranno
dell’eccezionale sezione di fiati. Certo, molti pezzi di valore
rimarranno fuori: e questo mi
dispiace».
E
poi il disco. Le scelte si complicano. «Esatto: sul CD non potremmo
riproporre il concerto per intero. Ma questi sono problemi di cui ci
occuperemo in seguito. Adesso, occorre sviluppare le idee». Idee
antiche, è facile immaginare. «Neanche tanto: è stato proprio Paolo
Silvestri a spingermi in questo progetto, lo scorso autunno. E’ lui che,
al di là dell’idea, mi ha iniettato il coraggio. Paolo conosceva la mia
profonda ammirazione per Elis e mi ha lentamente coinvolta. Inizialmente,
non lo nascondo, ero spaventata. Mi sentivo imbarazzata, mi sembrava un
affronto accostarmi al mito. Poi, però, ho capito che non mi veniva
chiesto di imitarla. E che, arrangiando e ripersonalizzando i brani, non
avrei corso alcun rischio. E, dunque, eccomi».
Si
comincia da Jesi. E’ un caso? «No. Il Teatro Pergolesi ci ha
offerto l’ospitalità per provare nei due giorni precedenti e debuttare.
Mi fa particolarmente piacere, piuttosto, che questa idea riscuota già un
discreto interesse. Sinceramente, non so se quest’avventura possa
costituire una tappa fondamentale della mia carriera artistica, ma
sicuramente mi appassiona. E appassiona anche chi, al mio fianco, sta
lavorando». Il progetto nasce e si sviluppa in Italia, senza passare
dal Brasile. «Purtroppo sì: ma solo perché non ho il tempo per
varcare l’Oceano. Rinvio il viaggio da quattro anni. Ma la full
immersion in questa esperienza è totale: e, fortunatamente, è stato
sufficiente il materiale di cui già disponevo. Sarà un tributo dotato di
una struttura veloce, di tempi serrati, elaborati secondo i criteri di uno
spettacolo. E io mi attendo un riscontro di pubblico soddisfacente».

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