Barbara, Regina per un estate

Il 10 marzo a Jesi il debutto di uno spettacolo che la
Casini ha dedicato alla grande interprete brasiliana

 

di Maurizio Mazzacane

 

    Il mito, il progetto, il tributo. E, sotto, un’idea, una passione. Davanti, un incrocio di scelte. Il mito è inattaccabile: Elis è ancora voce regina. Il progetto parte ora e si evolve in estate. Il tributo è una scommessa di Barbara Casini, un’anima brasiliana che arriva da Firenze. L’idea coinvolge, la passione esplode. E la scelta del repertorio è dura. Inseguendo Elis Regina, le sue interpretazioni, il suo mondo. Sfogliando pagine di musica e storia. Barbara canta Elis, attraversandone la carriera, fotografandone i passaggi: noti e dimenticati. Divagando tra gli autori che l’hanno accarezzata, riverita, illuminata. E che Elis ha saputo sempre ricompensare. La sfida è un concerto: due ore e anche di più. Il concerto è una prova generale, propedeutico alla tournée che seguirà. La tournée precede il disco, rigorosamente live. Il disco è lo scrigno di un’avventura, è l’album dei ricordi di un viaggio per l’Italia che sorride al Brasile. Il viaggio comincia da Jesi, il dieci marzo. Una sola data, per adesso. Poi, si replica: assai probabilmente da giugno. Quasi certamente a Grosseto, Treviso e Fano. Ma anche altrove, sognando l’Umbria Jazz Winter di Orvieto: più avanti sapremo date e luoghi. «Il primo appuntamento al Teatro Pergolesi di Jesi serve innanzi tutto a confezionare il progetto. E’ solo il passo d’avvio. La tournée vera e propria è prevista tra un po’». Barbara Casini confessa l’emozione dell’impegno: «Sì, ripercorrere i passi di Elis è un onore. Si avvera un desiderio antico e forse inconfessato: perché Elis è stata e continua a rappresentare, per me, un punto di riferimento. Ma sarà un’esperienza faticosa: non solo artisticamente, ma anche fisicamente».

Esperienza da condividere, evidentemente. «Con il mio gruppo storico e con altri musicisti di spessore. Lavorerò con la chitarra di Sandro Gibellini, il piano di Bruno Cesselli, il contrabasso di Raffello Pareti e la batteria di Francesco Petreni. Le percussioni saranno affidate ad Heraldo Da Silva e poi potremo contare su tre fiati: Marco Tamburini alla tromba, Riccardo Luppi al sax e al flauto e Roberto Rossi al trombone». Il repertorio, invece, è il frutto di un gusto squisitamente personale: «E’ vero, interpreterò anche dei brani non particolarmente popolari, che però amo particolarmente. E’ il caso di "Alô Alô Marciano", o di "Marambaia", eseguita solo con percussione e voce. Ovviamente, ci sarà spazio per la produzione di Milton Nascimento: parlo di "Ponta da Aréia", di "Canção da América", di "Vera Cruz", di "Na Batucada da Vida". Non posso dimenticare che Elis cantò Jobim: e allora ecco "Sabiá" ed "Aguas de Março". Chico Buarque sarà presente con "Retrato em Branco e Preto" e con "Valsa Rancha"; Carlos Lyra con "Entrudo"; Baden Powell con "Vou Deitar" e "Rolar"; Guinga con "Bolero de Satã". Il resto del programma è "Agora Tá", "E’ com Esse que Eu Vou", "Corrida de Jangada", "Eu, hein Rosa" e "Calcanhar de Aquiles". La dico tutta: è stata una scelta difficile, talvolta sofferta. Per una questione di equilibri, soprattutto: perché io e Paolo Silvestri, che è contemporaneamente arrangiatore dei brani e direttore artistico, abbiamo voluto alternare i ritmi, miscelarli. In scaletta ci sono dei brani lenti e delle esecuzioni più vivaci che, tra l’altro, si gioveranno dell’eccezionale sezione di fiati. Certo, molti pezzi di valore rimarranno fuori: e questo  mi dispiace».

E poi il disco. Le scelte si complicano. «Esatto: sul CD non potremmo riproporre il concerto per intero. Ma questi sono problemi di cui ci occuperemo in seguito. Adesso, occorre sviluppare le idee». Idee antiche, è facile immaginare. «Neanche tanto: è stato proprio Paolo Silvestri a spingermi in questo progetto, lo scorso autunno. E’ lui che, al di là dell’idea, mi ha iniettato il coraggio. Paolo conosceva la mia profonda ammirazione per Elis e mi ha lentamente coinvolta. Inizialmente, non lo nascondo, ero spaventata. Mi sentivo imbarazzata, mi sembrava un affronto accostarmi al mito. Poi, però, ho capito che non mi veniva chiesto di imitarla. E che, arrangiando e ripersonalizzando i brani, non avrei corso alcun rischio. E, dunque, eccomi».

Si comincia da Jesi. E’ un caso? «No. Il Teatro Pergolesi ci ha offerto l’ospitalità per provare nei due giorni precedenti e debuttare. Mi fa particolarmente piacere, piuttosto, che questa idea riscuota già un discreto interesse. Sinceramente, non so se quest’avventura possa costituire una tappa fondamentale della mia carriera artistica, ma sicuramente mi appassiona. E appassiona anche chi, al mio fianco, sta lavorando». Il progetto nasce e si sviluppa in Italia, senza passare dal Brasile. «Purtroppo sì: ma solo perché non ho il tempo per varcare l’Oceano. Rinvio il viaggio da quattro anni. Ma la full immersion in questa esperienza è totale: e, fortunatamente, è stato sufficiente il materiale di cui già disponevo. Sarà un tributo dotato di una struttura veloce, di tempi serrati, elaborati secondo i criteri di uno spettacolo. E io mi attendo un riscontro di pubblico soddisfacente».