Milano, sotto accusa il direttore dellIbrit

In una denuncia inviata a Brasilia, un gruppo di cittadini chiede
la destituzione di Henrique Pessoa e un nuovo corso per lIstituto

La lettera-denuncia in originale / Carta Itamaraty em copia original

di Fabio Germinario

 

(em portugues)

  

    E' tempesta sull'Ibrit, l'Istituto Brasile-Italia di Milano che in collaborazione con il Consolato ha il compito di diffondere la cultura brasiliana nel Centro-Nord Italia e in particolare nel capoluogo lombardo. Sotto accusa la gestione di Henrique Pessoa, architetto e docente che dal 1997, anno in cui l'ente è stato istituito, ne è direttore.  In un durissimo rapporto inviato alcuni giorni fa al ministero degli Esteri di Brasilia da cui l'Ibrit dipende economicamente, un gruppo di ex collaboratori, artisti e responsabili di associazioni impegnati nella divulgazione della cultura brasiliana ne chiede la testa e denuncia la «grave situazione di abbandono» nella quale versa l'istituto, la sua «scarsa inserzione nel tessuto culturale milanese», i suoi «continui problemi di ordine amministrativo», la sua «incapacità di fungere da elemento catalizzatore e di stimolo alle varie associazioni condotte da brasiliani e italiani con l'obiettivo di promuovere il Brasile».

Una tempesta comunque annunciata, considerato che nei mesi scorsi la gestione di Pessoa era già stata presa di mira da lettere di protesta di soci e ex collaboratori dell'istituto e in particolare da una denuncia inviata nell'autunno scorso all'ambasciatore Sérgio Tutikian del Consolato da parte di un ex-tesoriere, un docente e un socio dell'istituto che avevano chiesto l'allontanamento del direttore per aver commesso presunte irregolarità amministrative. Nessuna delle accuse fu allora verificata, e il direttore rimase al suo posto. Ora la protesta si è trasformata in rivolta: il fronte si è allargato trasformandosi in un movimento i cui partecipanti sembrano intenzionati ad andare fino in fondo. E a chiedere non solo l'allontanamento di Pessoa, ma anche la compartecipazione alla gestione dell'istituto dopo il recente tentativo da parte del Consolato di eleggere come consigliere di propria nomina, a scandalo già esploso, una figura giudicata di pura rappresentanza dai ricorrenti. Nel rapporto-denuncia inviato a Brasilia il movimento contrappone al tentativo del Consolato di risolvere la querelle a livello istituzionale i nomi di José Luiz Del Roio, presidente della delegazione italiana di "Agricultura Familiar Brasileira" e di Martinho Lutero Galati, presidente della associazione "Cantosospeso" e cittadino onorario di Milano, che indica come consiglieri, e quello di Nené Ribeiro, musicista e divulgatore musicale, per la carica di possibile direttore esecutivo del nuovo corso.

Dalla lettura del rapporto-denuncia inviato a Brasilia, emerge la situazione di isolamento e abbandono nella quale, secondo gli estensori, versa la struttura di via Borgogna sita a due passi da piazza San Babila, nel pieno centro di Milano. Che accoglie al suo interno una biblioteca di 9mila volumi, 1500 partiture, dischi rari e cd di musica popolare e classica oltre a un archivio di video e cd-rom, e che in stretta collaborazione con il vicino Consolato dovrebbe organizzare e finanziare eventi culturali con gli ingenti fondi (ammontanti a circa 170mila dollari annui) corrisposti da Brasilia. Dovrebbe organizzarli, perché secondo i denuncianti una consistente parte di questi fondi non verrebbe investita in attività culturali e sarebbe sistematicamente restituita al mittente, mentre la struttura rimarrebbe largamente sottoutilizzata, sia per orario di apertura al pubblico (rimane chiusa di mattina e nei fine settimana), sia per quantità di servizi che potrebbe assicurare ai numerosi appassionati di cultura brasiliana: proiezione di film, consultazione di libri, mostre, conferenze, spettacoli per bambini. 

Secondo i denuncianti alcune di queste attività non sarebbero mai state organizzate oppure dispensate col contagocce da Pessoa, che oltre tutto dimostrerebbe scarso interesse alla conservazione e alla gestione del patrimonio culturale custodito al suo interno. Un patrimonio abbandonato a se stesso e che non giustificherebbe quindi i 68mila euro all'anno necessari a custodirlo per l'affitto di una sede situata in una delle zone più costose d'Italia. Insomma, un immane spreco di risorse se si considera - affermano gli estensori della denuncia - che attualmente nella struttura si organizzano quasi esclusivamente corsi di portoghese. Ma anche la programmazione di tali attività denoterebbe gravi carenze, considerata «la frequente rotazione dei collaboratori che si alternano all'istituto secondo gli umori del direttore» e che provocherebbe l'aspetto più dannoso della gestione: l'inesistenza di un gruppo di lavoro che assicuri continuità di azione. «L'esistenza dell'Ibrit è praticamente sconosciuta alla stessa comunità brasiliana che vi si reca, per dovere, soltanto in occasione delle elezioni politiche», si afferma senza mezzi termini nel documento. 

Particolarmente duro e circostanziato il capitolo dedicato alla gestione amministrativa dell'istituto, definita «disastrosa» dai denuncianti. I quali sottolineano come in cinque anni di vita l'Ibrit si dibatta tra l'alternarsi di tesorieri (se ne sarebbero avvicendati sette), contestazioni contabili da parte del Consolato, dimissioni di due consiglieri e malumori diffusi da parte dei collaboratori. L'accusa più pesante mossa a Pessoa è di dirigere l'Ibrit nell'«illegalità» per avere omesso l'elezione di un organismo previsto dallo statuto e incaricato di controllare la gestione contabile dell'istituto, che viene invece approvata dall'assemblea dei soci. Un'omissione che secondo la legge italiana cui è sottoposto l'istituto esporrebbe il direttore e il consiglio direttivo a rilevanze penali. «Riteniamo molto grave che il governo brasiliano - si legge nel documento - stipuli una convenzione con un'istituzione inadempiente nei confronti di quanto è stabilito nel proprio statuto».

La denuncia si conclude con una citazione del discorso di insediamento del neo-ministro alla Cultura, Gilberto Gil e l'auspicio che così come la situazione culturale in Brasile sta cambiando, anche l'Ibrit e il settore culturale del Consolato di Milano possano essere dotati di programmi efficaci attraverso i quali «valorizzare le proprie risorse umane, materiali e finanziarie». Ora rimane da capire se e quali effetti possa produrre questa "spallata" nei confronti di un'istituzione italiana finanziata dal governo brasiliano per promuovere la cultura del Brasile. E da verificare se trovi prova nei fatti la disponibilità offerta dal Consolato ai firmatari della denuncia a far sì che l'Ibrit possa trasformarsi in una struttura realmente in grado di promuovere la cultura brasiliana. 

 

 

 

 

 

 

(em portugues)

 

Milão, sob acusação o diretor do Ibrit

Em uma denúncia enviada a Brasília, um grupo de cidadãos pede a
destituição de Henrique Pessoa e um novo destino para o Instituto.

 

 

por Fabio Germinario

Tradução por Ana Paula Torres

  

TeTempestade no Ibrit, o Instituto Brasil-Itália de Milão que em colaboração com o Consulado tem a tarefa de difundir a cultura brasileira no Centro-Norte da Itália e, particularmente, na capital lombarda. Sob acusação, a gestão de Henrique Pessoa, arquiteto e docente que desde 1997, ano em que a entidade foi instituída, é diretor. Em um duríssimo relatório enviado há alguns dias ao Ministério das Relações Exteriores de Brasília do qual o Ibrit depende economicamente, um grupo de ex-colaboradores, artistas e profissionais empenhados na divulgação da cultura brasileira, pede represália e denuncia a «grave situação de abandono» na qual se encontra o instituto, a sua «escassa inserção no tecido cultural milanês», os seus «contínuos problemas de ordem administrativa», a sua «incapacidade de representar um elemento catalisador e de estímulo para as várias associações conduzidas por brasileiros e italianos com o objetivo de promover o Brasil».

 

De qualquer modo, uma tempestade anunciada, já que nos meses passados a gestão de Pessoa já estava na mira, através de cartas de protesto de sócios e ex-colaboradores do Ibrit e, principalmente, por uma denúncia apresentada no outono passado ao embaixador Sérgio Tutikian do Consulado, por parte de um ex-tesoureiro, um docente e um sócio do instituto que tinham pedido o afastamento do diretor por ter cometido possíveis irregularidades administrativas. Nenhuma das acusações foi então verificada, e o diretor permaneceu no seu lugar. Agora o protesto se transformou em revolta: as forças se alargaram, transformando-se em um movimento em que os participantes parecem intencionados a ir até o fim, e para pedir não somente o afastamento de Pessoa, bem como a co-participação na direção do instituto depois da recente tentativa por parte do Consulado de eleger como conselheiro de nomeação própria, escândalo já iniciado, uma figura julgada de pura representação pelos recorrentes. No relatório-denúncia enviado a Brasília, o movimento contrapõe à tentativa do Consulado de resolver a queixa em nível institucional os nomes de José Luiz Del Roio, presidente da delegação italiana de "Agricultura Familiar Brasileira" e de Martinho Lutero Galati, presidente da associação "Cantosospeso" e cidadão honorário de Milão, que indica como conselheiros e aquele de Nenê Ribeiro, músico e divulgador musical, para o cargo de possível diretor executivo do novo mandato. 

 

Da leitura do relatório-denúncia enviado a Brasília, emerge a situação de isolamento e abandono na qual, segundo os relatores, encontra-se a estrutura de Rua Borgogna, localizada a dois passos da praça San Babila, em pleno centro de Milão, que acolhe no seu interior uma biblioteca de 9 mil volumes, 1500 partituras, discos raros e cds de música popular e clássica, além de um acervo de vídeo e cd-rom, e que em estreita colaboração com o vizinho Consulado deveria organizar e financiar eventos culturais com os consistentes fundos (montante de aproximadamente 170 mil dólares por ano) enviados de Brasília. Deveria organizá-los porque, segundo os denunciadores, uma parte consistente desses fundos não seria investida em atividades culturais e seria sistematicamente restituída ao remetente, enquanto que a estrutura seria largamente semi-utilizada, seja como horário de abertura ao público (permanece fechada pela manhã e nos finais de semana), seja pela quantidade de serviços que poderia assegurar aos numerosos amantes de cultura brasileira: projeção de filmes, consulta de livros, mostras, conferências, espetáculos para crianças. 

 

Segundo os denunciadores, algumas dessas atividades não teriam sido jamais organizadas ou então financiadas com o conta-gotas de Pessoa, o que demonstraria, além de tudo, escasso interesse pela conservação e pela gestão do patrimônio cultural mantido no seu interior. Um patrimônio abandonado a si mesmo que não justifica os 68 mil euros por ano, necessários para mantê-lo com aluguel de uma sede situada em uma das regiões mais caras da Itália. Em suma, um imanente desperdício de recursos se levada em consideração – afirmam os redatores da denúncia – que atualmente na estrutura se organizam quase exclusivamente cursos de português. Mas a programação de tais atividades também denotaria graves carências considerada «a freqüente rotatividade dos colaboradores que se alternam no instituto segundo o humor do diretor» e que provocaria o aspecto mais danoso da gestão: a inexistência de um grupo de trabalho que assegure continuidade de ação. «A existência do Ibrit é praticamente desconhecida pela comunidade brasileira que lá se dirige, por dever, somente em ocasiões de eleições políticas», afirma-se no documento, sem meios termos.  

 

Duro e detalhado é principalmente o capítulo dedicado à gestão administrativa do instituto definida “desastrosa” pelos denunciadores, os quais sublinham como em cinco anos de vida o Ibrit se debata entre a alternância de tesoureiros (teriam sido sete), questionamentos contábeis por parte do Consulado, demissão de dois conselheiros e mau humor difundido por parte dos colaboradores. A acusação mais pesada movida contra Pessoa é de dirigir o Ibrit na “ilegalidade” por ter omitido a eleição de um organismo previsto pelo estatuto e encarregado para controlar a contabilidade do instituto, que depois vem aprovada pela assembléia dos sócios. Uma omissão que segundo a lei italiana, a qual está submetido o instituto, exporia o diretor e o conselho diretivo a relevâncias penais. “Consideramos muito grave que o governo brasileiro – lê-se no documento – estipule uma convenção com uma instituição inadimplente com aquilo que está estabelecido no próprio estatuto”.

 

A denúncia se conclui com uma citação do discurso de posse do recém-ministro da Cultura, Gilberto Gil e o presságio que assim como o Brasil está mudando, o Ibrit e o setor cultural do Consulado de Milão também podem ser dotados de um programa eficaz através do qual “valorizar” os próprios recursos humanos, materiais e financeiros”. Agora resta saber se e quais efeitos possa produzir esta “chacoalhada” em relação a uma instituição italiana financiada pelo governo brasileiro para promover a cultura do Brasil. E verificar se verdadeiramente existe a disponibilidade oferecida pelo Consulado aos assinantes da denúncia, para fazer com que o Ibrit possa se transformar em uma estrutura realmente capaz de promover a cultura brasileira.

 

 

 

 

 

 

 

Milão,   25 de fevereiro  2003

 

Ilmo. Secretário-Geral Embaixador Samuel Pinheiro Guimarães Neto     

 

O motivo desta carta é a grave situação que atravessa o Instituto Brasil-Itália de Milão. Após anos sem contar com um espaço físico institucional, a inauguração do IBRIT, em 1977, trouxe à comunidade brasileira de Milão, em particular artistas e professores, a esperança de poder contribuir efetivamente para a divulgação, o estudo e a  promoção da cultura brasileira na Itália.

Muitos dos signatários desta missiva participaram com entusiasmo das primeiras atividades do Instituto - mesmo observando diversas incoerências do seu Estatuto -  buscando construir um lugar onde uma imagem do Brasil fosse valorizada. Mas, durante os anos, essa chama inicial foi pouco a pouco se extinguindo e nos dói hoje constatar o abandono do Instituto, sua pouca inserção no tecido cultural da cidade de Milão, seus contínuos problemas de ordem administrativa, sua incapacidade de servir como elemento de união e estímulo às várias associações dirigidas por brasileiros e italianos que trabalham para divulgar o Brasil. Dói-nos constatar que o significativo esforço financeiro feito pelo Governo Brasileiro – por meio do convênio assinado entre o IBRIT e o Itamaraty – não cumpra os objetivos desejados. E dói-nos sobretudo ter de relatar os fatos graves da gestão do Instituto, para defender um patrimônio que hoje – é a nossa triste constatação – pode acabar. Para melhor explicitar a nossa posição, faz-se necessário delinear rapidamente o que é o Instituto, as finalidades expressas na sua fundação, seu espaço físico, seus recursos, o estatuto e as funções do Diretor-Executivo e a sua relação especial com o Consulado-Geral em Milão.

O IBRIT está localizado na Via Borgogna 3, a um passo da central Praça San Babila, o metro quadrado mais caro da Itália. A sede, de 235 metros quadrados, abriga a Biblioteca José Mindlin, justa homenagem ao grande bibliófilo paulista, com 9 mil volumes. Possui ainda mais  de 1500 partituras de compositores brasileiros, discos raros e CDs de música brasileira, popular e clássica. Abriga também um arquivo multimídia, com CD-ROMs e vídeos. O IBRIT conta um pequeno salão para os eventos, equipado para projeção de audiovisuais, e três salas de aula (informações do site do IBRIT). Os cursos de português para estrangeiros são hoje a principal atividade do Instituto e a sua principal renda interna. Mas o maior apoio financeiro do IBRIT é o convênio com o Ministério das Relações Exteriores, que atinge a cifra de $ 170.000. A base territorial do instituto abrange todas as províncias do Centro-Norte da Itália.

 

O que é o IBRIT

Como funciona o IBRIT atualmente? Vamos começar pelos horários.

O IBRIT está aberto de segunda a sexta-feira, das 12 às 20 horas. Nos fins de semana, a sede do IBRIT permanece fechada. Os professores se queixam que, muitas vezes, depois das 19 horas o Instituto tem sido abandonado e que nessas ocasiões são obrigados a deixar a sala de aula para abrir  a porta. Para um aluguel que custa ao governo brasileiro 17.000 euros trimestrais, o espaço é subutilizado: por que não se programam sessões de bom cinema brasileiro à noite? Por que  não se pode consultar a biblioteca pela manhã? Por que não se realizam atividades  para crianças no fim de semana?

O IBRIT  possui um dos maiores arquivos de assuntos brasileiros na Itália: a Biblioteca José Mindlin. Porém o seu funcionamento é precário. A divisão e catalogação dos livros não é atualizada; as estantes estão abarrotadas; os livros, maltratados. Por que nunca se pensou em adotar um critério profissional de controle bibliográfico? Por que nunca se pensou em estabelecer contato com a Escola do Livro de São Paulo, fundada por José Mindlin, para orientações, convênios, trocas? Por que não se programaram atividades específicas, regulares, com escolas e universidades para o conhecimento e a utilização da biblioteca? Por que os professores não têm um programa com os alunos de contato sistemático com a Biblioteca? Por que o centenário de Drummond, por exemplo, passou em brancas nuvens no IBRIT? O mais triste é que a comunidade brasileira desconhece esse patrimônio. Toda Biblioteca é um espaço vivo, onde vibra o saber de civilizações, de gerações, e não um depósito de papéis ou decoração de um ambiente. Para cumprir sua finalidade, é necessário que cresça. Mas hoje não existe essa preocupação por parte da direção do instituto. O contato, que deveria ser permanente, com a Secretaria Nacional do Livro e a Biblioteca Nacional não interessa? Além disso, o espaço escasseia e não se procuram soluções. E, em uma instituição de um país que tem fome de saber, é doloroso ver um patrimônio de 9.000 volumes definhar.

O IBRIT possui uma coleção imponente de partituras. Possui também uma coleção expressiva de discos em vinil, de música brasileira popular e clássica, muitos dos quais raros, uma razoável quantidade de CDs. À parte o empréstimo de CDs para alguns sócios, não existem projetos para esse precioso material. O músico Nenè Ribeiro apresentou um projeto (o Sarau do Villa) para a coleção de discos e partituras do IBRIT e propôs ao diretor do Instituto a possibilidade de procurar financiamentos junto a entidades italianas para ativar um arquivo de música brasileira. Não foi ouvido e os vinis estão jogados, uns sobre outros, junto com restos de exposições; as partituras, à espera das traças. A praxe de comemorar a data de nascimento de Carlos Gomes, que existia no antigo centro cultural, foi abandonada. O centenário de Bidu Sayão passou sem nenhuma menção. Vários músicos brasileiros visitam a cidade. Nunca se pensou de levá-los ao Instituto, em organizar depoimentos, conferências ou publicar um caderno desses encontros. Para a instituição de um país onde a cultura musical é um dos talentos mais importantes, onde o próprio ministro da cultura é um músico famoso, esse quadro nos parece lamentável.

Os cursos de língua portuguesa são um instrumento essencial para aproximar um público interessado em conhecer o Brasil. Basta olhar em torno e observar a atividades do Instituto Goethe para a Alemanha, do Instituto Dante Alighieri para a Itália, do Instituto Cervantes para a Espanha. E assim o é também para o IBRIT. Os cursos de português são também uma importante fonte de renda. E por que será que hoje no IBRIT os professores são insatisfeitos? Por que o convênio firmado  em 5 de setembro de 2001 entre o Ministério das Relações Exteriores do Brasil e o renomado Instituto Camões do Ministério dos Negócios Estrangeiros de Portugal continua sendo ignorado pelo IBRIT ? A verdade é que os professores atuam sem nenhuma coordenação por parte da Direção, sem um calendário de eventos e comemorações que unifique os próprios esforços, sem material didático atualizado, sem intercâmbio com as instituições educativas brasileiras (como a UNICAMP, que tem uma cátedra sobre o ensino da língua portuguesa e metodologia inovadora) e sem novos estímulos.

As crianças também não têm espaço no IBRIT. Em quase seis anos de atividade, o instituto não conseguiu elaborar uma programação mínima para assistir os filhos de imigrados brasileiros na Itália. Não existe uma simples matinê mensal com filmes destinados aos meninos. Nunca se pensou,  com os professores, uma atividade para aproximar as crianças dos livros infantis que existem na biblioteca. Nunca se pensou em fazer uma comemoração do aniversário de Monteiro Lobato. Nunca se comemorou o dia 12 de outubro. A associação MITOKASAMBA comemora, há mais de 10 anos e com sucesso, o dia de São Cosme e Damião, realizando o tradicional Caruru dos Erês baiano. O IBRIT nunca incentivou ou compareceu à iniciativa. O maestro Martinho Lutero Galati, cidadão honorário de Milão, há anos luta ao lado da maestrina Bett Just, para levar adiante um coro de meninos, que tem o sugestivo nome de CURUMIM, sem uma sede estável: o IBRIT não poderia acolhê-los? Uma instituição de um país com tanta juventude tem o dever de não perder o contato com o Brasil de seus filhos imigrados mais jovens.

Todas essas considerações não pretendem afirmar que nada  foi feito no IBRIT nesses cinco anos. Muitas pessoas citadas nesta carta colaboraram e colaboram com o Instituto, mas muita coisa, infelizmente, deixou de ser feita ou foi malfeita.

A divulgação dos eventos é falha. Até hoje o instituto não utiliza o correio eletrônico como meio de comunicação. Não se pensou nenhuma forma de estabelecer contato com os compatriotas que todos os dias passam pelos guichês do consulado: a comunidade brasileira desconhece o IBRIT. Só entra na sede do Instituto nos dias de eleições para Presidente da República! Não sabe que ali existe uma biblioteca que faria qualquer prefeitura do Brasil orgulhosa por abrigá-la. Não existe um boletim mensal das atividades do IBRIT. O site do Instituto é muito elegante, mas inadequado: as informações sobre os cursos são insuficientes e não existe nenhum link com os sites dos consulados, das embaixadas, do governo brasileiro; o site serve mal ao instituto e não presta serviço ao Brasil. O IBRIT não sabe divulgar seus eventos para a imprensa: sua mala direta é desatualizada; não se programa com antecedência a divulgação; não se estabelecem contatos com jornalistas: muitos, temos certeza, são amantes do Brasil. O sistema de convites, enviados pelo correio, é caro e  ineficiente, se não é coadjuvado por outras formas de comunicação. Dessa forma,  muitas iniciativas  interessantes perdem-se e contam com uma presença baixíssima de público.

A alta rotatividade dos colaboradores faz vir à tona outro aspecto, a nosso ver, o mais danoso: depois de cincos anos, o IBRIT não formou uma equipe de trabalho coesa e capaz de fazer funcionar o instituto a contento, com a coordenação da direção. Colaboradoras entraram e saíram do instituto à mercê dos humores do Diretor. Não haver uma equipe dedicada ao trabalho do instituto faz sim que não haja continuidade metodológica, que se perca tempo, que se produza mal. Se não existe continuidade de ação, não se alcançam resultados. Sem uma metodologia de trabalho, prossegue-se ao sabor dos ventos, confiando-se ao acaso. Hoje, no IBRIT, não existe interação entre professores e Diretor, entre colaboradores e professores, entre Diretor e colaboradores. Como pode o IBRIT criar uma interação com os seus sócios e com sua potencial clientela?

A grave situação administrativa

A situação administrativa e organizativa do instituto é desastrosa. Não se pode mais tapar o sol com a peneira: em cinco anos já passaram pelo instituto sete tesoureiros; diversas vezes as prestações de contas foram contestadas pelo Embaixador; os dois conselheiros eleitos em assembléia pediram demissão, em razão da inépcia administrativa do Diretor; as colaboradoras trabalham sem uma situação trabalhista clara, sem deveres e sem direitos.

O Instituto vive há anos na ilegalidade. O estatuto prevê (é obrigado pela lei italiana) a constituição de um Colégio de Revisores de Contas, eleito em Assembléia geral. Caberia a esse colégio “o controle das gestões contábeis do Instituto” e a apresentação de um “relatório ao Conselho Diretor sobre o Balanço Anual preparado pelo Tesoureiro”. Tal colégio há anos não existe e os balanços anuais são levados à Assembléia Geral e aprovados sem passar pelo seu beneplácito.

Hoje, perante a lei italiana, o IBRIT e o seu Conselho Diretor são passíveis de procedimentos penais. Pensamos seja muito grave que o Governo Brasileiro, representado pelo Ministério das Relações Exteriores, firme um convênio com uma instituição que não cumpre o estabelecido em seus estatutos. Há anos o Instituto não tem um vice-diretor, nem um gerente administrativo. Tampouco existem ou operam o Conselho Honorário e o Conselho de Conciliação.

No final do ano passado, três ex-tesoureiros, professores, ex-colaboradores e sócios se reuniram com o Cônsul-Geral Sérgio Tutikian, apresentaram-lhe uma carta contendo várias denúncias à má administração do Diretor Henrique Pessoa e relataram pessoalmente suas queixas. Essas denúncias concluíam pedindo a exoneração do Diretor . Tudo foi registrado em ata e, segundo o Adido Cultural, informado oficialmente a Brasília. O que sabemos é que o Diretor rebateu as acusações com uma carta sem assinaturas, em que se dizia que o IBRIT estava ameaçado de fechamento. Com certeza, o Senhor Henrique Pessoa não foi exonerado, como nenhuma das denúncias foi apurada. E o Instituto segue o seu curso precário, sem dois conselheiros, sem assembléia, sem programação, com mais um tesoureiro demissionário, sempre com menos sócios, com professores descontentes. O Instituto hoje não representa uma imagem sadia do Brasil.

 O que deveria ser o IBRIT

No artigo V do seu estatuto são descritos os principais objetivos do IBRIT, que vão desde a promoção e difusão da cultura brasileira, sua língua e literatura, até o apoio e incremento das relações Brasil-Itália. Tais objetivos demandam criatividade e organização rigorosa.

Principalmente, para realizar sua proposta, o seu Diretor deve conhecer as principais  instituições e associações que atuam na cidade e ser delas conhecido, em particular daquelas que estabelecem com a cultura brasileira um diálogo profícuo. O diretor deve preocupar-se também em manter contato permanente com o Ministério da Cultura, do Itamaraty, da Educação através uma colaboração estreita com o Consulado Geral de Milão.

Nós, signatários desta carta, pensamos que é hora de mudar a sorte do IBRIT e da representação cultural do Consulado-Geral de Milão. Muitos de nós estamos à frente de associações que divulgam e promovem há anos a cultura brasileira na Itália com recursos próprios. Sabemos que hoje o Consulado-Geral de Milão parece intencionado a encontrar uma solução para o IBRIT. Tememos, porém, que mais uma vez se encontre um caminho que não leve em conta o trabalho que a comunidade de brasileiros construiu à margem da representação oficial do nosso país. Tememos que se encontrem soluções administrativas que não espelham a prática cultural e artística do nosso trabalho. E nossas preocupações, infelizmente, têm fundamentos.

Vimos por várias vezes funcionários públicos de carreira sem nenhuma formação específica na área cultural ocuparem o cargo de adido cultural. O maestro Martinho Lutero Galati recebeu das mãos do prefeito de Milão o “Ambrogino d’Oro”, a mais alta honorificência da cidade; foi o primeiro brasileiro depois de Carlos Gomes a obter tal reconhecimento. E o Consulado-Geral não estava presente, não soube (o fato foi publicado em todos os jornais da cidade) e até agora não moveu pena para avisar ao Governo Brasileiro ou divulgar o fato no Brasil. Nossas associações em todos esses anos não contaram com a presença dos adidos culturais em nossos concertos, festas, eventos. O setor cultural sabe que em Milão se comemora o dia do Samba, o dia de Zumbi, a festa de Iemanjá, o dia de São Cosme e Damião, que se faz a Festa Junina? Sabe que os artistas brasileiros levam milhares de pessoas a seus concertos, gravam discos, participam de programas de televisão e rádio? Sabe que  promovemos encontros de corais, de academias de capoeira, de escolas de samba? Sabe que a Academia Italiana de Capoeira criou sedes em Istambul e Angola? Sabe que aqui atuam com sucesso coreógrafos e bailarinos? Sabe que professores e artistas brasileiros escrevem artigos, proferem conferências, colaboram com enciclopédias, traduzem livros brasileiros? Sabe que todos os anos essas associações levam ao Brasil italianos para estudar percussão, jogar capoeira, cantar em concertos? Sabe que daqui partimos para divulgar a cultura brasileira na Turquia, em Cuba, em Portugal, na África?

Quem somos nós

Para levar adiante nossas propostas de mudança no Ibrit, constituímos um movimento aberto, composto por artistas, professores e associações italianas, a maioria das quais dirigidas por brasileiros, e assim compusemos uma verdadeira Assembléia Cultural Brasileira de Milão. Em um encontro inicial com o adido cultural Ricardo Peixoto, que desconhecia quase completamente a existência do trabalho da comunidade artística e intelectual brasileira na cidade, fomos informados de que o Consulado estaria tentando encontrar uma solução para a grave situação do IBRIT. Solicitamos, pois, uma reunião para o dia 13 de fevereiro com o Cônsul Interino, Ministra Irene Camara, recém-chegada à cidade, e com a qual pudemos estabelecer um primeiro contato.

Os últimos acontecimentos

Na referida reunião, após uma breve apresentação acerca de nossas atividades culturais e artísticas, expressamos nossas opiniões sobre a atuação do Consulado Geral de Milão e nossa avaliação sobre o desempenho do IBRIT. Tal avaliação está descrita na primeira parte desta carta, a qual pretendíamos entregar então à ministra Irene Câmara e encaminhar a Brasília. O debate, às vezes áspero, foi franco e pareceu a todos profícuo. Ao final da reunião o secretário Peixoto perguntou quem entre nós estaria disponível a ocupar as posições de membros para recompor o Conselho Diretor do Ibrit. A socióloga Glenda Martins ofereceu-se como possível membro, mas ponderamos a necessidade de debatermos a escolha dos nomes, antes de propor os nossos representantes para o Conselho, e discutirmos as necessárias mudanças no estatuto do Ibrit. Assim, aceitamos a sugestão da ministra Irene de encaminhar nossa carta em um segundo momento, e concordou-se uma nova reunião para a semana seguinte.

O entrave no diálogo

Mostra de nossa disponibilidade em dialogar com o Consulado foi o encontro que propiciamos entre o Secretário Peixoto e Federico Ceratti, especialista em Direito Societário italiano, para que juntos encontrássemos uma saída para a intricada questão estatutária do IBRIT. Esse encontro ocorreu no dia 17 de fevereiro, em que estavam presentes José Luiz del Roio e Nenê Ribeiro, quando fomos informados pelo secretário Peixoto de que no dia seguinte haveria uma reunião do Conselho Diretor do IBRIT, na qual ele proporia a entrada da socióloga Glenda Martins e de um “representante da região Veneto junto ao governo do estado de Goiás” (sic), Sr. Oronzo, como membros do Conselho. Porém, em um encontro anterior, quando o secretário Peixoto mencionou tal intenção, essa hipótese foi da nossa parte recusada, por defeito de método, e o Secretário nos garantiu, dando a sua palavra, que não procederia a tal indicação.

Diante do fato concreto da nomeação do Senhor Oronzo, mostramos prontamente nossa contrariedade e inclusive procuramos demover o Consulado, enviando um e-mail com nossa proposta de nomes. Ainda assim, à nossa revelia, realizou-se a reunião do Conselho Diretor, cooptando o referido representante do Veneto. A socióloga Glenda Martins, justamente, recusou-se a participar de uma decisão unilateral e não discutida em assembléia, ao contrário do que era o acordo explícito com o Secretário Peixoto.

O Consulado alega, como justificativa para a sua atuação, a necessidade de aproveitar a ocasião dada pelo Sr. Henrique Pessoa para realizar tal reunião e recompor o Conselho o quanto antes possível. Como as reuniões do Conselho Diretor devem – de acordo com o estatuto – ser convocadas com 10 dias de antecedência, conclui-se que o Consulado no dia 13 de fevereiro já tinha conhecimento da reunião e não nos quis comunicar ou foi conivente com mais uma infração ao estatuto do IBRIT,  desrespeitando o prazo mínimo para a convocação. Qualquer que seja a hipótese correta, o Consulado terá agido erroneamente, rompendo a confiança recíproca que se estava instaurando.

No dia 18 de fevereiro, em reunião solicitada pela ministra Irene e na qual estava presente também o Secretário Peixoto, o maestro Martinho Lutero pediu que a nomeação do Sr. Oronzo fosse revogada, para que se restabelecesse o diálogo entre as partes. Após um longo debate, o maestro Martinho propôs uma solução alternativa, que a ministra Irene Câmara prometeu estudar. Porém, no dia seguinte, em nova reunião – em que estavam presentes Nenê Ribeiro e as professoras Roseli Sartori e Maria Senatore, além de Martinho – a ministra Irene Câmara nos informou das novas dificuldades de diálogo com o departamento cultural no Brasil. Após um debate difícil, com a sua recusa à revogação da nomeação do Sr. Oronzo, a ministra Irene Câmara propôs que uma vez mais detalhássemos por escrito as irregularidades no funcionamento do Ibrit e as nossas propostas de trabalho e a indicação de nomes que ela então encaminharia à Brasília.

Nossas propostas

O Consulado Geral de Milão não pode mais compactuar com a situação gravíssima do IBRIT. O que tentamos demonstrar com esta longa carta é que do ponto de vista cultural, administrativo, jurídico e político, o perdurar dessa situação é inadmissível e insustentável. O IBRIT é uma associação sob a égide do Código Civil italiano, mas o Consulado faz parte da sua diretoria com dois membros e o povo brasileiro, por meio do Ministério das Relações Exteriores, sustenta financeiramente o instituto. Nossas propostas, como nos foi solicitado pela ministra Irene Câmara, para reconstruir o IBRIT são as seguintes:

1.                 Nomeação para os cargos de conselheiros do IBRIT de José Luiz del Roio, presidente da Delegação Italiana da Agricultura Familiar Brasileira, membro decano reconhecido pela comunidade cultural brasileira, e de Martinho Lutero Galati, presidente da Associação CantoSospeso, cidadão honorário de Milão, como havíamos indicado em e-mail no dia 18 de fevereiro;

2.                 Nomeação pelo novo conselho de Marco Antonio Ribeiro Vieira Lima, conhecido pelo nome artístico de Nene Ribeiro, para o cargo de Diretor- Executivo, que a nosso ver possui o perfil indicado para dirigir o instituto e goza da confiança e consenso desta Assembléia Cultural (curriculum anexo);

3.                 Convocação da assembléia geral do IBRIT para ratificar estas nomeações, conforme o estatuto, apresentação de uma nova proposta de estatuto e do Plano de Atividades;

4.                 Assinatura do novo Convênio com o Itamaraty;

Evidentemente todas essas propostas devem ter o aval do Consulado Geral de Milão e o beneplácito da Secretaria Geral do Ministério das Relações Exteriores.

A necessidade de uma mudança

Como o Brasil está mudando, o IBRIT e a representação cultural do Consulado Geral de Milão precisam mudar e perder a aura elitista que afasta das suas salas os próprios compatriotas. A gestão do arquiteto Henrique Pessoa, sob esses pontos de vista, é anacrônica, não tem as cores do Brasil, os seus ritmos, o seu aroma, o seu sabor. Como o Brasil está mudando, o IBRIT precisa mudar, porque a gestão do patrimônio brasileiro é coisa séria e cada real deve ter a sua utilidade pública comprovada. Não é uma questão pessoal, mas  sim uma questão de moralidade cívica. O IBRIT e a representação cultural do Consulado-Geral de Milão, mais do que palavras e objetivos escritos em um estatuto ambíguo e pouco democrático, precisam de um programa de ação eficaz que utilize plenamente seus recursos humanos, materiais, financeiros. O IBRIT não pode continuar vivendo sob o signo da irregularidade e da inoperância. E o Consulado Geral de Milão não pode mais compactuar com essa situação. Queremos  fazer nossas as palavras de Gilberto Gil quando da sua posse no Ministério da Cultura: “... Cultura como tudo aquilo que, no uso de qualquer coisa, se manifesta para além do mero valor de uso. Cultura como aquilo que em cada objeto que produzimos, transcende o meramente técnico. Cultura como usina de símbolos de um povo. Cultura como conjuntos de signos de cada comunidade e de toda a nação. Cultura como sentidos dos nossos atos, a soma dos nossos gestos, o senso de nossos jeitos”.