Pulcinella è senza dubbio la maschera e il burattino più popolare in Italia.
Nel Nordeste del Brasile ha un compagno e fratello forse meno famoso, ma altrettanto spassoso e irriverente: il vaccaro nero Benedito, l'eroe
indiscusso del teatro mamulengo. Pulcinella e Benedito si sono incontrati più volte su piccoli palchi, in Italia e in Brasile, grazie alla fantasia
di due maestri burattinai: Chico Mamulengo e Bruno Leone. Prima del loro
spettacolo al Centro studi brasiliani dell'Ambasciata del Brasile a Roma, Chico e Bruno, in compagnia delle loro musiciste Izabela Brochado e
Marta Carvalho, ci hanno raccontato come è avvenuto l'abbraccio fra le due culture
popolari.
Come
si sono incontrati Pulcinella e Benedito?
Bruno Leone - «Per me la storia inizia da Pulcinella, che è una maschera
internazionale. La
mia curiosità e la mia ricerca sono improntate al confronto con le tradizioni di
tutto il mondo. Per questo motivo ho girato abbastanza l'Europa, dove
esistono numerose versioni di Pulcinella. Avevo sentito parlare del Mamulengo ma non l'avevo mai
visto, e solo quando sono andato in Brasile imbattendomi nei burattinai al
lavoro mi sono davvero appassionato. Ho visto un modo di lavorare tradizionale e popolare che mi
ha ricordato il mio vecchio maestro e anche il nostro passato. Io sono stato allievo di un
vecchio maestro della tradizione delle guarattelle napoletane, Nunzio
Santella, e ho conosciuto gli ultimi anziani maestri che lavoravano
in strada e che esistevano anche a Roma, perché la tradizione era diffusa in tutta
Italia. Però le città dove questa tradizione era più forte erano Roma e Napoli, dove ancora
resiste. A Napoli ho una compagnia e anche una scuola di burattinai, la "scuola delle
guarattelle". Il corso è iniziato tre anni fa, e da allora ho formato nuovi
burattinai per mantenere questa tradizione: dieci abbastanza bravi nell'area campana, più quattro o cinque di altri paesi del mondo.
In Brasile ho notato che la tradizione ha conservato il proprio carattere popolare
e mantenuto il rapporto con la gente. Là è tutto ironico, non dico politico ma insomma
di denuncia dei costumi. Così è nata questa idea di collaborare. Ho
anzitutto invitato alcuni burattinai brasiliani al festival delle scuole di pulcinella che organizziamo a
Napoli e successivamente abbiamo presentato lo spettacolo in Brasile,
nelle città di Campinas, São Paulo e Rio. Sono stati spettacoli molto
popolari: vi è stata una partecipazione che mi ricordava le sceneggiate di Napoli... Pubblico adulto che però interveniva,
parteggiava nella storia. L'incontro è stato molto forte anche per questa
idea dei burattini come cultura che abbraccia i popoli. Vi sono molte differenze culturali fra paese e
paese, ma riguardano soprattutto la cultura dominante. Nelle culture popolari
vi sono invece molte somiglianze, molti incontri, ed è bellissimo trovare
fratelli in Brasile: fratelli nel modo di agire, nel modo di essere e di fare teatro».
Di quale parte del Brasile è caratteristico il
Mamulengo?
Chico
Mamulengo - «E' un fenomeno regionale presente nel Nordeste e principalmente
in Pernambuco, da dove deriva il nome Mamulengo. Ma esiste con altri nomi anche
in Paraiba, nel Rio Grande del Norte e nel Ceará. Ha la stessa struttura drammatica
della commedia dell'arte, e per questo motivo abbiamo notato tanta somiglianza con
Pulcinella. L'origine sta proprio nella commedia dell'arte messa in scena per le
strade, nei mercati, nelle sale e a volte a teatro. Ho trascorso un anno in
Portogallo a fare questa ricerca e tutto ci porta a credere che il Mamulengo
sia proveniente da questo paese, ma anche dall'Italia: dai tempi della scoperta
in Brasile erano presenti anche numerosi italiani: gesuiti, bancari genovesi che finanziavano i viaggi per
l'oriente. I genovesi non potevano
commerciare con Venezia, che aveva accesso all'oriente via terra all'oriente. Allora
insieme a Spagna e Portogallo cercavano altre vie per le Indie e arrivarono
così in Brasile. Molte feste e liturgie drammatiche erano organizzate addirittura
in navi simili alle caravelle. Una delle tradizioni provenienti dalla penisola iberica era
di gettare un toro fra la folla, ma poiché sulle caravelle non era
possibile, un marinaio faceva il toro con un cesto di paglia e correva dietro i marinai. Ed ecco
nascere la struttura narrativa del Bumba-meu-boi nordestino. Vi è sempre la morte nel sacrificio del bue, la
comunione della carne e del sangue del bue, e la resurrezione: è la stessa
struttura drammatica della liturgia cristiana. Ma in Brasile abbiamo anche l'influenza del teatro di burattini africano: burattini che
cantano mentre lavorano. Questa relazione fra il canto e il lavoro e i burattini napoletani deve essere africana. E lo stesso nostro protagonista,
Benedito, è nero ed è schiavo».
Bruno Leone - «Anche nel caso di Pulcinella, nella struttura antica,
esistono molti contatti con l'Africa abbastanza misteriosi. In questo
paese vi sono personaggi che hanno la stessa voce di Pulcinella, e hanno gli stessi
significati simbolici. Per esempio il rapporto con il mondo dei morti, la
maschera come mezzo di dialogo con la morte: Pulcinella è psicopompo, e la
stessa cosa si trova in alcune maschere africane».
Chico Mamulengo - «I burattinai sono sempre andati in giro per il
mondo, e in questo modo si trasmettono contaminazioni alle cui radici
risulta difficile risalire. Ma è certo che nei secoli XVII e XVIII i burattinai
andavano su e giù per il litorale del Brasile senza un registro
documentato!».
Chi è Benedito?
Chico Mamulengo - «Benedito è un eroe popolare, che in fondo è sempre un
anti-eroe: parla molto, è donnaiolo, buffone. Ha le stesse caratteristiche di
Pulcinella. E' sempre impegnato a litigare con la polizia e la legge, è contro il potere, critica i
costumi ... contraddice la religione!».
Izabela Brochado - «Quello che risulta più chiaro nel Mamulengo è la
relazione con la schiavitù
e anche con il signore della fazenda. Se l'eroe è il vaccaro, chi sarà il
suo antagonista? Di solito il signore delle terre, il padrone bianco. La base è sempre la relazione fra il signore e l'altra classe. Anche il
prete è
ben ridicolizzato del Mamulengo. Si sbeffeggia il potere della religione e
della polizia».
Che origine ha la parola Mamulengo?
Chico Mamulengo - «Sembra una parola africana. Ma una ricerca seria sulle influenze africane
deve essere ancora scritta».
E chi sono gli altri personaggi?
Chico Mamulengo - «Anche gli altri personaggi sono simili a quelli del teatro di Pulcinella: il
poliziotto e il carabiniere si assomigliano, il diavolo e la morte, Teresinha e Colombina! Sono caratteri generali più che maschere. Il
Mamulengo scappa sempre dalla morte e inganna il diavolo. L'eroe
inganna persino il diavolo! Questa struttura è presente in molti burattini del
mondo. Però vi sono altri personaggi tipici del Nordeste, come ad esempio
il bue che balla. L'uccisione sostituita dalla danza: ancora un'influenza
africana».
Izabela Brochado - «E' anche un omaggio al bue, l'animale che sta a lato
dell'uomo nel Nordeste.
E Benedito è anche un vaccaro».
Bruno Leone - «C'è poi il cobra, che a Napoli è il cane, in Inghilterra è il coccodrillo:
ma è sempre lo stesso burattino, quasi uguale».
Qual'è la musica del mamulengo?
Izabela Brochado - «Quella tradizionale è del Nordeste: forró, baião. Il trio zambumba,
triangulo e sanfona. Ma quando io lavoro con Chico, porto con me la mia eredità. Non sono del nordeste, ma
del Minas Gerais».
Marta Carvalho - «La mia musica invece è la tradizione dei tamburi di una manifestazione di
São Luiz do Maranhão e che fa parte di una cultura molto forte di questo
stato del Brasile. Quando lavoriamo con una tradizione come il mamulengo cerchiamo di mescolare la nostra conoscenza della musica brasiliana con una
altra arte tradizionale che cammina insieme a quella musicale».
Come si è evoluto il mamulengo nel tempo?
Chico Mamulengo - «In principio, prima della televisione, nella
piazza principale della città, sul finir del pomeriggio, all'imbrunire si
organizzavano feste con vivande. Uno spettacolo di mamulengo poteva durare l'intera
notte: quattro, cinque, sei ore! Poi, con l'avvento della televisione,
quest'ultima occupò esattamente lo spazio a esso originariamente
destinato: la piazza. Allora il
mamulengo è andato a cercare nuovi spazi: sale, bar che chiedevano un piccolo
biglietto di ingresso, chiese. Più recentemente, con la mia generazione di
mamulengueiros, con gente che viene da aree urbane, con altre informazioni ma
anche tramite il contatto con i vecchi maestri, abbiamo cercato di lavorare
anche con le scuole. E' un modo di sopravvivere. Inoltre i vecchi maestri mamulengueiros, già negli
Anni cinquanta, utilizzavano l'altoparlante. La gente parlava di mamulengada "irradiata". E' presente
anche un rinnovamento dei testi degli spettacoli. Un testo di Januario de Oliveira parla di un lavoratore di una zona rurale che
va in città da un sindacato a reclamare contro il padrone. Vi è insomma
una relazione con l'attualità. C'è anche un mamulengo in Brasilia che è
affiliato a partiti della sinistra "superadicale". Ci chiediamo fino a che punto
sia ancora mamulengo. Cos'è in fondo la tradizione? Mantenere due terzi di
ciò che hai ricevuto e aggiungere un terzo di tuo, originale. Non so quale
sia la giusta misura tra ciò che bisogna mantenere e ciò che si può
trasformare, ma devi sempre saper fare entrambe le cose. E nel mamulengo, la struttura interna,
simile a quella di Pulcinella, si è mantenuta».
Bruno Leone - «Anche il rapporto col pubblico si è mantenuto. Nella
tradizione la
gente si riconosce perché vengono evocati simboli forti, e non si tratta
di rispetto delle forme come in un museo. Il rapporto col pubblico è quasi
religioso, e l'emozione che si prova non è mai la stessa: un'emozione interiore e profonda. E' un fatto culturale, non
di forma».
Marta Carvalho - «Oggi cerchiamo anche il mescolamento delle razze e delle culture per creare
qualcosa di nuovo. Solo rispettando i popoli e al tempo stesso le nostre radici possiamo raggiungere una pace
mondiale».
Bruno Leone - «Tutto nasce dall'essenza di Pulcinella: la curiosità, che significa
attenzione per le novità. Sentire una cosa nuova e un'altra lontana che
però è così vicina...».
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