L'ITALIA IN BRASILE La lunga parabola dei Matarazzo Vizi e virtù di una famiglia-azienda italiana emigrata in Brasile
|
Irfm è
una sigla che significa
Industrie Riunite Francesco Matarazzo. Negli Anni ´50 il gruppo, che in
quel periodo era al culmine della propria parabola imprenditoriale, contava trentamila
addetti sparsi in circa cento aziende che operavano nei settori metallurgico, chimico, tessile, alimentare,
edile e terziario. In passato l´Enciclopedia Britannica qualificò l´impero
Matarazzo come uno dei cinque
principali gruppi aziendali del mondo. La situazione odierna è molto
differente: il gruppo si è quasi
completamente dissolto, e gli eredi della quarta generazione lottano per liberarsi
dai debiti e salvare quello che è loro rimasto. La "saga" di questa potente
famiglia di chiare origini italiane inizia
quando Francesco Matarazzo, nato nel 1854 a Castellabate, in provincia di
Salerno, decide di lasciare l´Italia per "fare l'America" -
come si diceva
in quei tempi - e sceglie di emigrare in Brasile. Inizialmente
l'intenzione è di seguire
la carriera militare, ma dopo la morte del padre - avvocato Costabile - e diventato erede e proprietario terriero,
cambia i
propri progetti. Francesco fa parte di una nobile famiglia del Salernitano che in passato
era proprietaria di un feudo e che per numerose generazioni ha esercitato il vassallaggio.
Nel periodo tra la
morte del padre e la sua partenza per il Brasile si dedica alle attività economiche
della comunità anche come tentativo di
riadattamento alla posizione di prestigio che la famiglia deteneva presso
il suo luogo di nascita. Nel frattempo la società locale cominciava a
modificare caratteristiche introducendo la consuetudine che a ricoprire
incarichi di prestigio fossero chiamati ”uomini di qualità”,
quelli cioè dotati di titoli di studio. Il desiderio di emigrare di
Francesco Matarazzo, che
soddisfa 9 anni dopo la morte di suo padre, nasce come alternativa alla degradazione sociale della sua
generazione. Con il proposito di dedicarsi al commercio arriva in Brasile nel 1881, portando con sé la moglie Filomena e i suoi due figli. La vita in terre tropicali presto avrebbe messo a dura prova il suo grande sforzo di conquistare prestigio ma non gli impedisce di raggiungere il successo e, lungo gli anni, anche i risultati finanziari. Durante la sua vita, ostenta i titoli di cavaliere, colonnello, commendatore e conte. Dall´Italia porta un ingente capitale e la madre gli invia merci che gli facilitano l'inserimento nel settore commerciale. Non arriva quindi in Brasile con le mani vuote come quelle di un immigrante qualsiasi. Presto inizia a capire le necessità della popolazione locale e, oltre a vendere, inizia anche la produzione di alcuni prodotti. Primo tra tutti il grasso di maiale che il paese prima importava, e successivamente il grano. Per via della scarsità di risorse con cui è costretto ad operare, ai primi del Novecento si reca in Inghilterra per acquistare macchinari più adatti. La stessa cosa fa nel 1902 quando fonda la prima industria di estrazione di olio dal fusto del cotone. In quegli anni, grazie al commercio delle materie importate e principalmente dei beni che produce, Francesco è già ricco e possiede una villa presso la neo-costruita Avenida Paulista. Nello stesso periodo fonda le Industrie Riunite Francesco Matarazzo in società con il fratello Andrea (fino al 1924), nonno di Andrea Matarazzo, ex-ambasciatore del Brasile in Italia. Il gruppo opera in svariati campi quali produzione di tessuto, pasta, zucchero, olio, sale, insaccati, candele, saponi, fiammiferi, chiodo, carta, piastrelle, e altri prodotti. Si occupa anche del trasporto su ferro e quello su acqua, quest'ultimo tramite la Società paulista di navigazione Matarazzo. Nel 1934 presso la città di Cubatão (a circa 50 km da
San Paolo) l´Industria Matarazzo di Energia è la prima a distillare
petrolio. Il conte partecipa anche alla fondazione del Banco commerciale
italiano di San Paolo e pochi anni dopo a quella del Banco italiano
del Brasile. Dopo la sua morte,
avvenuta nel 1937, ad assumere la presidenza del gruppo è chiamato
il figlio Francisco Matarazzo Junior, più
conosciuto come conte Chiquinho. La nipote Maria Pia Matarazzo, figlia di Chiquinho, è l´erede che
attualmente gestisce le aziende. Nel 1951 istituisce la Biennale di arte di San Paolo che conta sulla partecipazione di 21 paesi e 1800 opere. Riesce inoltre ad avere la donazione di 536 opere da 15 musei italiani per la realizzazione del Museo di archeologia dell´Università di San Paolo (Usp). Alla medesima università offre la sua collezione di circa 400 pezzi di opere d´arte tra cui anche lavori di Picasso, Modigliani, Portinari, Di Cavalcanti, che nel 1964 permettono di istituire il Museo di arte contemporanea (Mac), il più grande e importante dell´America latina di questo genere. Come ringraziamento per la sua attività a favore dello sviluppo artistico del paese e per le donazioni alla Usp, riceve da quest'ultima il titolo di dottore honoris causa. La famiglia Matarazzo è entrata non solo nella storia economica e sociale del Brasile e in particolare dello stato di San Paolo, ma anche nell'immaginario collettivo dei brasiliani: fino a qualche lustro fa, quando l'impero economico della famiglia era ancora in auge, da parte dei genitori che si sentivano impossibilitati a corrispondere alle domande materiali dei figli vi era l'abitudine di rispondere loro: pensi forse che sono un Matarazzo? E questa frase suonava come un'implicita ammissione di difficoltà economica. Da allora i tempi sono molto cambiati, soprattutto per i Matarazzo. Più complesso spiegare le cause dell'attuale tracollo, anche se il gruppo più di una volta ha attraversato momenti di difficoltà in differenti periodi della propria storia, come negli Anni ´30, quando dopo la morte del conte e la gestione degli affari affidata all'erede diretto - il conte Chiquinho, ovvero Francisco Matarazzo Junior - e per via di disaccordi tra quest'ultimo e i fratelli Andrea, Attilio e Eduardo, iniziano le divisioni del capitale. I tre fratelli escono dalla società, vendono le loro quote e la perdita di capitale necessaria a liquidare le quote dei fratelli sembra essere motivo di una prima crisi economica del gruppo, che ha attraversato una crisi più seria alla fine della seconda guerra mondiale. Le tendenze industriali cambiano, sorge un nuovo modello che implica maggiore attenzione ai beni di capitale e ai prodotti di media durabilità, ma Chiquinho non modifica la propria linea gestionale. Oltre che per questi motivi, la crisi nasce dall'imporsi di una concorrenza aziendale con cui il gruppo non si era mai prima misurata, perché era stato il primo a produrre beni che prima di allora potevano essere soltanto importati. Ma con l´avanzare degli anni anche questo scenario cambia e sorgono molte altre aziende che producono merce di uguale o migliore qualità. Scarsa
competitività e problemi di ordine giudiziario legati alla discutibile
conduzione dell'azienda sono i motivi di un tracollo che vede oggi ridotto
il gruppo Matarazzo a un´unica azienda attiva, quella che produce saponette presso la città di Santa Rosa do Viterbo
(all'interno dello Stato di San Paolo) e impiega 750 persone. Altre
attività sono appaltate a imprese esterne, ma gli utili prodotti non sono
sufficienti a coprire gli enormi debiti accumulati anche a causa di
numerose cause di lavoro (erano 4.800 nel 1999) intentate contro il gruppo
dagli ex dipendenti.
|
A longa parábola dos Matarazzo
Defeitos e virtudes de uma família-empresa italiana emigrada no Brasil
por
Ana Paula
Torres |
IRFM é uma sigla que significa Indústrias Reunidas Francisco Matarazzo. Nos anos 50 o grupo, que naquele período se encontrava no apogeu da própria parábola empresarial, contava com trinta mil empregados espalhados por cerca de cem empresas que operavam nos setores metalúrgico, químico, têxtil, alimentar, de construção civil e terciário. No passado, a Enciclopédia Britânica qualificou o império Matarazzo como um dos cinco principais grupos empresariais do mundo. Hoje a situação é muito diferente: o grupo quase se dissolveu completamente, e os herdeiros da quarta geração lutam para se liberar das dívidas e salvar aquilo que lhes resta. Uma Itália no Brasil um pouco decadente, é aquela que emerge do quadro atual, mas certamente não se pode ignorar a importância que os Matarazzo exerceram por mais de um século no Estado de São Paulo, onde se estabeleceram. È mais complexo explicar as causas da falência, mesmo o grupo tendo atravessado mais de uma vez momentos de dificuldade em diferentes períodos da própria história, como nos anos 30, quando após a morte do conde e a gestão dos negócios confiada ao herdeiro direto - o conde Chiquinho, ou seja, Francisco Matarazzo Júnior - e por causa de desacordos entre este último e os irmãos Andrea, Attilio e Eduardo, começam as divisões do capital. Os três irmãos saem da sociedade, vendem as suas quotas e a perda de capital necessária para liquidar as quotas dos irmãos parece ser motivo de uma primeira crise econômica do grupo, que atravessou uma crise mais séria ao término da Segunda Guerra Mundial. As tendências industriais mudam, surge um novo modelo que implica maior atenção aos bens de capital e aos produtos de média durabilidade, mas Chiquinho não modifica a própria linha de gerenciamento. Além desses motivos, a crise nasce da imposição de uma concorrência empresarial com a qual o grupo jamais tinha se deparado antes, porque tinha sido o primeiro a produzir bens que antes podiam ser somente importados. Mas com o passar dos anos, este cenário também muda e surgem muitas outras empresas que produzem mercadorias de igual, ou melhor, qualidade. Escassa competitividade e problemas de ordem judiciário ligados à discutível condução da empresa, são motivos de uma falência que hoje vê o grupo Matarazzo reduzido a uma única empresa ativa, aquela que produz sabonetes na cidade de Santa Rosa do Viterbo (no interior do Estado de São Paulo) e emprega 750 pessoas. Outras atividades são arrendadas a empresas externas, mas os lucros produzidos não são suficientes para cobrir enormes dívidas acumuladas também devido a numerosas causas trabalhistas (eram 4.800 em 1999) intentadas contra o grupo pelos ex-funcionários.
|