PILLOLE DI STORIA IN MUSICA Le “grucce” della sofferenza
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Pau-de-arara,
letteralmente “gruccia di pappagallo”. Ma non è a uno dei simboli del
Brasile che il maestro Guio de Morais e il re del baião Luiz Gonzaga
fanno riferimento in questo brano datato 1952: e nemmeno a uno dei mezzi
di tortura più comuni nelle varie dittature susseguitesi nella storia
brasiliana. Grucce di pappagallo sono chiamati gli automezzi, generalmente
camion, sui quali gli emigranti delle zone più povere del Nord-est
brasiliano si aggrappano, come fanno i pappagalli sulle proprie grucce a
cui sono legati, per raggiungere le grandi città e cercare di avere una
vita più dignitosa. Ed
ecco che un emigrante racconta non tanto il proprio viaggio, ma ciò che porta
con sé. O meglio: ciò che non porta, dato la condizione di estrema
povertà. E la lingua adottata, non è certo la lingua ufficiale, ma un
miscuglio di portoghese – indio – africano: come nel caso di bodocó,
che è sì una città pernambucana, ma ha il significato di “luogo di
origine” in lingua kariri. I testi delle musiche che provengono da
questa parte del Brasile parlano spesso di questa sofferenza dovuta alla
siccità di quei luoghi; siccità che costringe gli abitanti ad andarsene
per cercare di sopravvivere. Quante
canzoni sono intrise di questa triste realtà! Molte recano l'antinomia
musica-allegra / testo-triste, come “Asa branca”, dello stesso Gonzaga
in parceria con Humberto Teixeira, che è considerato l’inno del
Nord-est brasiliano. Addirittura la stessa canzone può diventare allegra
o triste a seconda dell’interpretazione, indipendentemente dal testo:
per rimanere ad “Asa branca”, basta ricordare la stupenda versione
strumentale di Toquinho e la triste versione di Caetano Veloso
da esiliato. Ancora
una volta la canzone brasiliana ci porta a pensare alla realtà nella
quale
nasce e si sviluppa, per oltrepassare spesso i propri confini. Non sono
testi scritti per autocommiserazione, ma il più delle volte per denunciare
gravi e prolungate situazioni di disagio. Ne abbiamo la prova nella
stupenda “Carcará” (João do Vale – José Cândido) interpretata da
Maria Bethânia nel 1965: nella canzone, la baiana denuncia con
dati certi, il problema dell’emigrazione interna brasiliana. Nel 1950
(epoca della nascita proprio di “Pau-de-arara), dodici milioni di
nordestini vivevano fuori dai propri stati di origine: il 10 per cento dei
Cearensi, il 13 dei Piauiensi, il 15 dei Baiani e il 17 per cento degli
Alagoani. La
discografia in cui il termine pau-de-arara figura nel titolo del brano o nel
testo dello stesso è sterminata, ma non sempre conosciuta, soprattutto
dai brasiliani più giovani. Proprio
all’inizio di quest’anno tuttavia è accaduto un evento importante che ha fatto conoscere questa canzone anche
a chi ne ignorava l’esistenza: durante la festa per l’inizio del
mandato presidenziale di Luíz
Inácio “Lula” da Silva, il nuovo ministro della cultura Gilberto
Passos Gil Moreira, Gilberto Gil, ha proposto un mini concerto nel
quale il
brano di apertura è stato proprio “Pau-de-arara”, in onore al più
famoso retirante nordestino brasiliano di oggi. In onore a lui e in
omaggio ai milioni che come lui sono stati costretti a fuggire dalle
proprie terre. E che continuano a credere in un sogno che può trasformasi in realtà… |
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PAU-DE-ARARA (Guio De Morais – Luiz Gonzaga)
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Quando eu vim do sertão, seu moço, |
Quando sono venuto dal sertão (1), ragazzo mio, |
(1) : zona siccitosa nell’interno del nord-est brasiliano.
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La
canzone “Pau-de-arara” di Guio de Morais e Luíz Gonzaga è contenuta
nei seguenti album: · “Autentico! – Bola Sete and the new brazilian trio” – Bola Sete, 1966
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