Rubinho rompe la tradizione

Ogni  dieci  anni,  dal ’73  in  poi, in  casa aveva  vinto un
pilota brasiliano: Barrichello ha saltato l'annata favorevole

 

di Marina Beccuti

    E' stato tutt'altro che un buon Gran premio, quello corso il 6 aprile sul circuito di Interlagos a San Paolo. Peccato, perché c'erano tutte le premesse per la vittoria di un brasiliano, ma purtroppo Barrichello non ce l'ha fatta e la sua affidabilissima Ferrari l'ha appiedato mentre era in testa. Rubinho tra l'altro è riuscito a sfatare una tradizione favorevole: ogni dieci anni, dal ’73 in poi, "in casa" aveva vinto un pilota brasiliano: Fittipaldi fu il primo, seguito da Piquet nell'83, per giungere a Senna nel '93. Rubinho ha saltato l'annata favorevole. Un vero peccato per la torcida impazzita che era tutta in fibrillazione per lui: ha urlato come allo stadio per la pole conquistata dal ferrarista, lo ha esaltato quando Rubens ha assaporato la vittoria andando in testa. Tutto però è svanito a causa di una banalissima rottura, anzi no, gli è mancata la benzina, un’altra volta. Chissà chi fa i conteggi in casa Ferrari. Quando si parla di Brasile, viene in mente una serie di luoghi comuni legati a questo paese, come il mare e la sabbia, il sole e il samba; ma non sempre è così, e molto spesso il Gran premio di casa si corre sotto la pioggia torrenziale.

Come è accaduto ancora una volta il 5 aprile. Tanto che verrebbe da chiedersi se non sia il caso di cambiare data alla gara trasferendola in un periodo meno piovoso e di rifare il manto stradale che da anni continua a presentare buche molto pericolose che in caso di aquaplaning fanno schizzare le monoposto fuori pista. Il Grand prix che, lo ricordiamo, è stato vinto dal finlandese Fisichella, è stato costellato da una serie di incidenti che solo la buona sorte ha impedito il verificarsi di danni più gravi ai piloti. Il solo Alonso ha dovuto ricorrere all’ospedale per problemi alla caviglia. Sono incappati in errori lo stesso Schumacher e il suo acerrimo nemico Montoya, che ha rattristato i numerosi colombiani giunti in Brasile per lui. Fa altresì rabbrividire l’incompetenza dei commissari di gara, lentissimi nel togliere i detriti, buffissimo uno che li prendeva a calci invece di toglierli con mezzi più propri, ugualmente poco esperti nel prestare soccorso ai piloti confusi dopo aver picchiato duro.

Alcuni anni orsono il povero Alesi se la vide brutta perché schivò per un pelo un cartellone pubblicitario che si era staccato mentre i piloti schizzavano ai trecento all’ora. Eppure il Brasile è stato uno dei paesi più ricchi di fuoriclasse del volante, campioni eccelsi che hanno scritto pagine emozionanti nella storia della F1. Proprio in occasione della gara 2003 è stata allestita una mostra di cimeli dedicata al decennale dell’ultima vittoria di Ayrton Senna sul suo circuito di casa. Era il 1993 e Ayrton coronava così il sogno di bissare il successo nella sua città natale, una vittoria sempre sofferta in patria. L’esposizione ha avuto luogo all’Hotel Hilton, situato nel quartiere Morumbi della capitale paulista. L’unico evento davvero significativo di questo tremendo weekend a quattro ruote. Senna, sempre preciso al limite del maniacale, avrebbe storto il naso nel vedere i suoi connazionali così goffi nell’organizzare una gara mondiale. Tutto sommato anche questo fa tendenza, e in fondo i brasiliani restano fatalisti: se piove che ci posso fare? Deus vai providenciar.