Caetano Veloso
Theatre Antique - Festival Jazz di Vienne
4 Luglio 2002
Vienne è sede da venti anni di quello che è diventato ormai uno dei festival jazz piu` importanti di Francia
(http://www.jazzavienne.com).
Ospitato nel teatro antico (http://www.theatreantiquevienne.com), un anfiteatro
di epoca romana da diecimila posti che porta ancora benissimo i suoi duemila
anni, sede di parecchie altre manifestazioni estive e che sovrasta la cittadina,
arrampicato sul fianco di una collina, il festival jazz si è diffuso
nelle piazze, nei vicoli e nei caffé trasformando per quindici giorni questo
tranquillo angolo di valle del Rodano in un crocevia dove è possibile ammirare
alcuni tra gli artisti internazionali più noti. Arrivo in ritardo al teatro antico, dove Vinicius Cantuaria ha
quasi finito la sua esibizione. Qualche decina di minuti per risistemare il palco, per schiarire le ugole
aggiungendosi a un coro spontaneo di "Aquarela do Brasil", mentre qualche immancabile drappo
verde-azzurro-giallo sventola, per ricordare al mondo che loro sono già "penta", ed ecco che giunge finalmente il momento tanto
atteso. Si accendono i riflettori di scena, si alza l'applauso del pubblico
e escono i musicisti, tutti abbigliati in nero, t-shirts e jeans. Quattro percussionisti, che si scambieranno le posizioni per
tutto il concerto, basso, batteria, la chitarra di Davi Moraes, il violoncello
di Jacques Morelenbaum, e Caetano, fisico asciutto, capelli corti che incanutiscono, sessant'anni portati con grande disinvoltura
e eleganza, anche in una tenuta dimessa come quella di questa sera. Si comincia con alcuni brani dell'ultimo
disco in studio, "Noites do Norte", un
lavoro piuttosto in linea con precedenti capitoli della lunga storia di
Caetano; in questo caso, il suono irrobustito da una solidissima sezione ritmica, con un
batterista implacabile ed incalzante, i soliti percussionisti che colorano il
loro acquarello musicale senza sosta, il tutto percorso dall'ansito elettrico
della chitarra di Davi Moraes, che caratterizza gli arrangiamenti di gran parte
di questo concerto. "13 de Maio", a mio giudizio la canzone più
interessante dell'ultimo disco, che vede l'intero gruppo dei percussionisti lanciarsi in un breve
esercizio di samba bailado, lascia il posto a "Zumbi", un brano di Jorge Ben,
sempre dall'ultimo lavoro, che a sua volta introduce una versione elettromodernizzata di "Haiti",
dall'album "Tropicalia 2", che nella nuova veste perde gran parte della sua
suggestione. Un pezzo a due col violoncello elettrificato di Jacques Morelenbaum introduce
la parte acustica del concerto; solo chitarra e voce per una versione leggermente accelerata di "Desde que samba
è samba", poi "Leaozinho", e "Angeli negri", canzone
resa popolare al grande pubblico dalla versione di Fausto Leali durante un Festival di Sanremo di parecchi anni fa.
Ritorna qualche musicista sul palco per "Paloma", canzone che viene
più applaudita dal pubblico francese, senza dubbio grazie anche ai cinque
minuti di bell'omaggio cinematografico dedicatole da Almodovar, nel suo ultimo
film: un classico che ha completamente oltrepassato ogni limite geografico.
Improvviso cambio di ritmo e Davi Moraes che riprende il controllo della situazione
con la sua chitarra elettrica per una robustissima "Rock'n'Raul", forse la
canzone più rappresentativa del buono e del meno buono di questo nuovo lavoro
di Caetano; dal vivo acquista una sua consistenza ed efficacia, ma da Caetano
credo sia lecito aspettarsi altro che brani hard rock. Ultimo pezzo del
suo lavoro più recente a essere presentato in concerto è il brano di apertura
del disco sopra citato, "Zera a Reza", con un impasto di quattro voci a accompagnare la voce solista.
Il pubblico apprezza. Le prime file, come sempre popolate soprattutto di brasiliani, cantano, ballano, battono le mani. Noto un
ragazzino, non più di 12 anni, probabilmente accompagnato dalla mamma, che
canta tutte le canzoni, una per una, senza perdersi nemmeno una parola: una
cultura musicale impressionante per la sua età. Il resto del teatro, come
sempre, rimane piuttosto distante e distaccato dal concerto; spettatore quasi
svogliato, si lascia trascinare solo verso la fine. Lasciato alle sue spalle il
nuovo lavoro, il concerto entra finalmente nella parte più calda; arrivano i
consueti cavalli di battaglia dell'immenso repertorio di Caetano, al suono dei
quali l'entusiasmo delle prime file sale alle stelle. Il pubblico passa dal visibilio alla
delusione quando Caetano saluta, e si allontana con passo svelto; ciascuno conserva nel cuore il
desiderio inesaudito di ascoltare la propria canzone preferita
dell'artista. Il quale si prende giusto il tempo di indossare la "amarelhina" di Ronaldo, unico
riferimento al "penta" appena conquistato, per ritornare a scaldare il suo
pubblico con altri superclassici, fino a quando tutta la band si allontana, lasciando soltanto chitarrista e
bassista ad assordare il pubblico con qualche effetto speciale coi pedali.
Il calore finalmente liberato dall'intero teatro non serve a richiamare Caetano sul palco, che ci lascia pertanto con un sapore dolce amaro
in bocca. Da un artista di questo calibro ci si aspetterebbe sempre il
meglio, che appartiene forse a un'epoca passata della sua carriera. Ma Caetano
è vivo, continua a lavorare, a produrre, a pensare ed a creare materiale di
qualità e non vogliamo sia ancora congelato nel nostro ricordo, come una icona su un
altare. Lo vogliamo presente, ancora in cerca del suo prossimo traguardo.
(Paolo
Petroni)
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Weekend
brasiliano
Festival Jazz di Montreux
13 luglio 2002
Gli dei della pioggia che regolano il tempo, in questo angolo orientale del Lago di Ginevra, non amano gli assembramenti che tutti gli anni, circa attorno alla metà di luglio, orde di brasiliani e di simpatizzanti effettuano in questo luogo. È infatti attorno a questa data che Claude Nobs, organizzatore del Festival Jazz di Montreux, ha preso l`abitudine di invitare alla corte del suo festival, probabilmente il festival jazz più famoso di questo continente, tanti artisti brasiliani che hanno il potere di trasformare il compassato paesino della riviera lacustre in una piccola ma torrida copia di Praça Castro Alves.
Anche quest`anno, come tradizione negli ultimi tempi, piove e fa freddo.
Le condizioni metereologiche in genere non nuociono tanto alla parte più tradizionale del festival, che si svolge all`interno dell`auditorium, diviso nelle sue due sale, l`area "commerciale" ed un club nel sotterraneo, aperto a
tutti, oppure alla sala concerti del Casino, ma piuttosto alla parte "off", due palchi principali aperti a tutti dove si esibiscono artisti poco conosciuti ma talvolta interessanti, e il solito corollario di bancarelle di cibo, bevande e gingili vari. Inoltre, da qualche anno a questa parte, in occasione dei weekend, vengono anche organizzate attività pomeridiane, come il Samba Boat, piccola crociera sul Lago di Ginevra, allietata dalla musica di un paio di
artisti che si esibiscono dal vivo sulla nave, e quest`anno anche un Samba Train, gita in trenino a cremagliera verso una delle montagne dei dintorni, con
doveroso gruppo di samba da enredo; ovviamente anche queste escursioni vengono parecchio disturbate dalle condizioni metereologiche avverse.
Una volta trovato un compromesso per l`abbigliamento, altri due problemi importanti restano da risolvere per l`appassionato che voglia passare un po` di tempo in riva al lago: il pernottamento e il parcheggio, per chi è dotato di auto. Il primo va risolto parecchie settimane prima del festival, con provvida
prenotazione, il secondo non ha praticamente alcuna soluzione valida. Quest`anno, causa una serie di disguidi, ho mancato l`appuntamento con il Samba Boat del sabato, ma per un verso non mi é dispiaciuto troppo, vista la serie di
acquazzoni che si sono abbattutti sulla zona. Dopo aver risolto i problemi tecnici, con il mio compagno di avventura cominciamo ad aggirarci tra la folla
quasi interamente vestita di giallo-verde-blu, questo già da solo uno spettacolo per gli occhi e per il cuore.
Il programma della serata prevede, nella sala principale, i concerti di O Rappa, Harmonia do Samba, Daniela Mercury. Negli spazi collaterali, si possono
ascoltare ed ammirare Simone Moreno ed il Trio Mocotò. Quest`ultimo essendo purtroppo sovrapposto al concerto di Daniela Mercury, ed essendo anche nella situazione ambientale più difficile (il sotterraneo è aperto a tutti, per cui ha la tendenza a sovraffollarsi molto rapidamente) viene eliminato dalla nostra scaletta, grazie anche al fatto che lo stesso Trio Mocotò sarà protagonista solo e unico di un`altra serata di qui a pochi giorni, in un`altra sede.
L`eccitazione è già piuttosto alta prima ancora che le porte della sala si aprano, e davanti allo schermo che proietta immagini di concerti degli anni
scorsi, si concentra una piccola folla di persone dai piedi e dalle gambe veramente inquiete, che scaldano i muscoli su musica ed immagini di concerti di Chico Cesar, Ara Ketu e altri. Un piccolo omaggio televisivo ai PentaCampeoes scalda ancora di più gli animi. L`entrata sul palco di O Rappa frena
però gli entusiasmi di molti. O Rappa si presenta sul palco generando immediatamente
un muro di suono piuttosto duro, molto compatto, un misto di rap, hip hop e di metal dell`ultima generazione, che lascia piuttosto interdetti coloro che si aspettavano una serata all`insegna della musica da ballo bahiana. Due brani ci sono sufficienti per decidere che potremmo passare il nostro tempo più proficuamente altrove.
Scendiamo davanti a uno dei palchi aperti a tutti, dove un gruppo di musicisti nordici (tedeschi o olandesi, a giudicare da aspetto ed accento) stanno disperatamente cercando
di farsi capire da un tecnico del suono che non sembra essere in grado di metterli nelle condizioni migliori per esibirsi. Dopo un poco, decidono che per il momento meglio non possono ottenere, ed il concerto ha finalmente inizio. Trattasi della prima esibizione di Simone
Moreno, una cantante dotata di una bella voce, di una presenza scenica da fare invidia a molte sue colleghe ben più conosciute, e di un aspetto fisico che probabilmente
si avvicina parecchio all`immagine più stereotipata della "brasiliana" nell`immaginario collettivo europeo. Le condizioni ambientali, ancora una volta, sono ben lontane dall`essere ottimali, ma qualcosa riesce ad attirare il pubblico, dotato di ombrelli ed impermeabili, in questa
direzione.
Assistiamo al concerto di Simone Moreno per una mezz`oretta circa, apprezzando riprese di quasi tutti gli autori di musica brasiliana che contano, da Djavan
a Tom Jobim, da Caetano a Gilberto Gil, fino a Ivan Lins e Joao Bosco. I musicisti assolvono al loro dovere senza problemi, ma anche senza eccellere, e gli arrangiamenti soffrono della mancanza di coloritura tipica di una strumentazione "europea", fornita di un numero veramente ridotto di percussioni e altre sonorità caratteristiche. Ci pensa il magnetismo naturale di Simone a rendere l`esibizione più che piacevole. Rientriamo nella sala
dell`auditorium mentre O Rappa ha già lasciato il palco, e mentre i tecnici hanno quasi finito di sistemarlo per il prossimo artista; una lunga fila di congas bianche lascia presagire un`abbondanza di quella verve che, per questa sera, ha ancora latitato. I due presentatori (uno di lingua francese, uno di lingua portoghese) cercano di presentare il gruppo successivo, ma il clamore e l`entusiasmo del pubblico toglie loro la voce; sullo sfondo già i musicisti di Harmonia do
Samba stanno prendendo posto, e non c`è più bisogno di presentazioni.
Il pubblico è immediatamente prossimo alla temperatura di fusione, quando Xandy, cantante e front-man del gruppo, fa il suo ingresso sul palco. Da qui fino alla fine del concerto, è un continuo rutilare di percussioni, squillare di fiati, rombare del basso e tintinnare del cavaquinho, praticamente senza
sosta, un`apoteosi di questa musica tanto semplice nella sua struttura quanto complessa nella sua orchestrazione, ed efficace nel creare un`atmosfera di grande allegria e gioia
di ballare in tutti i partecipanti; novanta minuti in cui le migliori energie della musica da ballo di Bahia si liberano e coinvolgono tutti coloro che vogliono
lasciarsi coinvolgere. Xandy, il cantante, sembra essere in grado di canalizzare al meglio questa energia, pur senza apparire una persona "speciale", ed è forse anche questo suo aspetto di persona normale che lo rende più simpatico ed accessibile a tutti.
Ad un certo punto la
situazione sembrava anche poter degenerare, quando le più entusiaste delle prime file, eludendo il servizio d`ordine, sempre molto blando, salivavano sul palco in cerca di un trofeo, un bacio di Xandy, o per esibirsi
in qualche passo di ballo; dopo una breve trattativa con le prime file, però, la situazione ritorna normale.
La mezz`ora di pausa che segue serve soltanto a cercare di abbassare la temperatura, in una sala e in un pubblico che ha dato il meglio di se stesso in
questa scarica di energia. Dopo un breve giro di perlustrazione, che permette di constatare che la pioggia è cessata, si rientra esattamente nel momento
in cui i musicisti di Daniela Mercury sono già pronti per accogliere l`ingresso della regina della Axè music. Purtoppo però il suo ingresso è tuttaltro che
trionfale; un sound system pessimamente regolato, un brano di apertura, "Romantica", dall`ultimo disco, canzone di Rita Lee arrangiata come una
mediocre produzione di Madonna, e una voce ancora in rodaggio, lasciano gran parte del pubblico piuttosto tiepido, e lo spettacolo stenta a decollare.
"O Canto da Cidade", la canzone che più di tutte ha creato la stella di Daniela, riesce momentaneamente a nascondere i tanti piccoli problemi di questo inizio di concerto, che riappaiono inesorabili non
appena si ritorna su brani dall`ultimo disco, come "Rapaera", che segue. Mentre guidavo verso il concerto, avevo riascoltato attentamente l`ultimo disco di Mercury, "Sou de qualquier lugar", che ero riuscito ad ottenere qualche mese fa per canali paralleli di importazione (il CD viene distribuito in europa soltanto adesso, in corrispondenza della tournèe), disco che mi aveva lasciato piuttosto perplesso, a causa della svolta in direzione pop-mainstream-occidentale, un evidente
tentativo di fare breccia in mercati ed in settori ancora oggi del tutto indifferenti a prodotti brasiliani, mentre altri colleghi latino americani
(Shakira, tanto per fare un nome) sono riusciti brillantemente nell`impresa. Nella mia auto riascoltavo attentamente il disco, e mi dicevo che molti dei brani avrebbero potuto funzionare molto bene dal vivo.
Il verdetto è invece fortemente negativo: nessuno dei brani del nuovo disco riesce neppur lontanamente ad avere la stessa carica ed energia dei precedenti successi, ed arrangiamenti che dovrebbero risultare più abbordabili ad orecchie occidentali li rendono ancora più insipidi.
Il concerto continua, tra alti e bassi, mentre almeno il tecnico del suono riesce a risolvere i tanti problemi di bilanciamento, Daniela mette a regime la
sua voce, ed il pubblico si lascia prendere dai vecchi cavalli di battaglia, e prende fiato durante i brani più recenti. "Nobre vagabundo" lascia il posto ad un paio di brani più axè, che precedono a loro volta una "Minas com Bahia" sempre molto efficace dal vivo. Un medley di "Berimbau" da l`occasione a Daniela di assentarsi un momento, il giusto necessario per il cambio d`abito di
prammatica; ma niente cambio di colori, questa volta. Il colore dominante rimane il nero, in Daniela come su tutti gli abiti di scena della band. Le scenografie sono sempre le stesse già viste in concerti precedenti per i vecchi successi, e risultano sempre abbastanza efficaci ed appropriate.
"Beat lamento" e "Sou de qualquier lugar", co-scritto da Lenine, sono gli ultimi brani dell`ultimo lavoro ad essere
presentati in scena, il secondo in particolar modo quasi irritante nella sua scarsa originalità ritmica.
Ma ormai il concerto sta entrando nella sua fase calda, tra il pubblico solo quelli più tenaci resistono ancora, e si preparano al gran finale, con il solito medley Ile Aye, "O mais belos dos belos" e "Por amor ao Ile", poi "Perola negra" altro brano del repertorio Ile Aye, fino al primo successo di Daniela, "Swing da cor". Il brano che più ha avuto successo in Europa, quella "Rapunzel" scritta da Carlinhos Brown, ha sempre l`onore di chiudere il concerto, prima dei
bis di prammatica, con "Todas meninas bahianas" di Gilberto Gil, cantato in duo con il cantante di O Rappa, e "Domingo no Candeal", con Xandy di Harmonia
do Samba.
Il pubblico comincia a defluire dalla sala per uscire dall`edificio quando da una altro palco minore, all`interno dell`auditorium, inizia un altro show:
Simone Moreno concede il bis, in un`atmosfera più raccolta, con un sound ben più curato di quello del set precedente, e un abito diverso. Il samba ricomincia a fluire per i corridoi e le sale, e pochi ma buoni irriducibili si cimentano ancora, per la gioia propria e dei pochi astanti. Xandy di Harmonia
do Samba compare anche qui, a duettare con Simone su una brano di Harmonia do Samba, e si lascia baciare e fotografare dalle astanti. È alle tre del mattino che gli ultimi tenaci ballerini lasciano la sala per dirigersi, chi verso i propri giacigli, chi verso dove poter continuare la propria maratona di ballo personale, tutti comunque con il cuore per un attimo, solo un attimo, curato dalla saudade. Domani si ricomincia.
(Paolo
Petroni)
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