Italiani in Brasile, un popolo in movimento In 25 milioni a cercare fortuna solo dal Belpaese
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Qual è il fattore determinante per cui un particolare evento o momento della storia venga considerato degno di essere menzionato nei libri scolastici? Quali sono i motivi in base ai quali un fenomeno così vasto della storia italiana, come quello della Grande emigrazione, possa essere omesso o appena accennato all'interno delle nostre scuole? Eppure questo "trascurabile particolare" coinvolse ben ventiquattro milioni di italiani in poco meno di un secolo. Il flusso migratorio che, a partire dal viaggio del 1492, si diresse verso il Nuovo Continente, costituisce uno degli eventi più significativi - e al contempo più drammatici - che la storia d'Italia ricordi. Uomini e donne animati da diverse spinte ideologiche e materiali furono i protagonisti di questa "epopea": partirono spinti dalla speranza, e finirono spesso per essere travolti, in terra straniera, dalla nostalgia. Due sentimenti questi - speranza e nostalgia - che dobbiamo tener ben presenti nella rilettura di questo capitolo della nostra storia, poiché ne sono alla base.
Dall'Italia noi siam partiti
Tra i primi italiani a toccare il suolo brasiliano, il più celebre è senz'altro il grande navigatore e cosmografo Amerigo Vespucci che, come tutti sanno, fu il primo ad intuire ed a far sua la convinzione che la lunghissima costa fino ad allora esplorata, non apparteneva all'Asia, bensì ad un "Nuovo Mondo". Fu per questo motivo che, a sua insaputa, l'insieme di terre da lui descritte, venne chiamato per la prima volta "America" dal cartografo tedesco Martin Waldseemuller nel 1507. Dopo Vespucci, interessanti personaggi partirono alla volta delle terre d'oltreoceano desiderosi di carpirne i più reconditi segreti: tra questi si contraddistinsero il navigatore vicentino Antonio Pigafetta e Sebastiano Caboto e, nel corso del Seicento, Baccio da Filicaja. Durante il diciassettesimo secolo, il fascino orientale della Cina attirò l'attenzione degli europei, a discapito del Nuovo Continente: il numero delle cronache e delle relazioni di viaggio dedicate a
questa terra subì un deciso calo, ma sappiamo che tuttavia i flussi - costituiti per lo più da soldati e religiosi - proseguirono anche durante questo periodo.
Solo agli inizi dell'Ottocento le correnti migratorie ripresero consistenza, ma questa volta assunsero tinte non più naturalistiche bensì spiccatamente politiche. Di fatto, in seguito al fallimento dei moti risorgimentali del 1820/21 centinaia di perseguitati politici fuggirono dal Piemonte e dal Regno di Napoli, dirigendosi in gran parte in terra brasiliana, dove il movimento mazziniano della Giovine Italia aveva attecchito in maniera sorprendente.
I protagonisti della lunga rivoluzione repubblicana scoppiata in Brasile, la cosiddetta
Revolução Farroupilha, furono uomini come Luigi Rossetti,
Tito Livio Zambeccari e, soprattutto, Giuseppe Garibaldi che in poco tempo divenne uno dei capi della rivolta. Durante lo stesso periodo la grande crisi agraria travolgeva l'Italia mettendola in ginocchio: nelle campagne della penisola, sopraffatte dalla miseria, iniziarono a circolare racconti di terre meravigliose ed infinite ricchezze che attendevano gli audaci nel lontano Brasile, ed in breve tempo cominciò ad affermarsi il mito della "terra promessa" alimentato dalle parole degli agenti di navigazione che, spinti dalla loro cupidigia, si preoccupavano di trarre il massimo profitto dalla disperazione dei poveri contadini, ormai stremati dalle tremende condizioni in cui versavano. La rete di trasporti e gli interessi ad essa collegati sono, tra gli aspetti del fenomeno della mobilità internazionale, i meno trattati dalla storiografia contemporanea: eppure la loro importanza non è da sottovalutare nel contesto della grande emigrazione. Nel giro di pochissimi anni nacquero infatti una miriade di agenzie di reclutamento legate alle numerose compagnie di navigazione, che incrementarono enormemente l'afflusso di emigranti nelle Americhe. Gli agenti ingaggiarono una vera e propria "corsa alla persuasione" promettendo ai contadini grandi fortune, ed infondendo loro false speranze con leggendari racconti su terre meravigliose, paragonate spesso al paradiso terrestre o all'Eldorado: l'inganno era il fondamento dell'attività dell'agente. Veneti, piemontesi, emiliani e trentini furono i primi a partire per le terre d'oltreoceano, spinti da grandi prospettive di miglioramento: abbandonare tutto in cerca di fortuna altrove era l'unica soluzione ad una situazione divenuta ormai insostenibile. Oltre alla predominante componente contadina degli emigranti (80%), moltissimi furono anche i piccoli proprietari terrieri e gli artigiani che decisero di partire… anzi, si può in realtà affermare che fu proprio quella piccola e media borghesia a dare il via ai successivi flussi rurali. Sin dal momento della partenza i disagi non tardavano a farsi sentire, e spesso i poveri emigranti dovevano attendere molti giorni al porto d'imbarco, a causa dell'avidità delle compagnie di navigazione che cercavano di stipare sulle imbarcazioni il maggior numero possibile di passeggeri, per poter così ottenere il più alto profitto. La terribile traversata era condotta in assurde condizioni igieniche, e la scarsità di cibo e di spazio vitale non di rado davano luogo a terribili epidemie a bordo: il viaggio durava in media una trentina di giorni, durante i quali lo sventurato emigrante era costretto a sopportare ogni tipo di disagi. Numerosi testi d'igiene navale denunciarono a quei tempi lo sfruttamento del popolo degli emigranti da parte delle compagnie di navigazione. Se gli stenti della traversata venivano sopportati grazie al "miraggio" dell'arrivo, al momento dell'approdo in terra brasiliana l'emigrante doveva scontrarsi con una realtà ben più dura di quella auspicata: in attesa dell'assegnazione del proprio lotto di terra, era costretto a trascorrere diversi giorni nelle cosiddette hospedarias dos emigrantes, grandi casermoni paragonati spesso a veri e propri campi di concentramento, dove venivano ammassate centinaia - e a volte migliaia - di famiglie. Ma al momento della consegna della terra la delusione e la disperazione prendevano il sopravvento, poiché non di rado i lotti erano impervie colline o lussureggianti foreste da disboscare (le terre migliori erano già state accaparrate dagli agricoltori tedeschi e svizzeri giunti in Brasile durante la prima metà dell'Ottocento). Durante la prima fase della grande emigrazione, gli italiani si stanziarono in particolar modo negli Stati del Sud, a Santa Catarina, nel Paranà e a Rio Grande do Sul. I nuovi immigrati dovettero affrontare enormi difficoltà di adattamento: la scarsità di cibo, la quasi totale assenza di vie di comunicazione - che provocava un'esorbitante ascesa dei prezzi delle merci -, la carenza di un qualsiasi tipo di assistenza medica, giuridica e religiosa, la difficile e spesso cruenta convivenza con i popoli indigeni… furono solo alcuni degli innumerevoli ostacoli che incontrarono i nostri emigranti. Col tempo però gli italiani seppero adattarsi e, mano a mano, riuscirono ad avere la meglio sulla natura selvaggia conquistandosi un graduale miglioramento delle condizioni di vita, grazie soprattutto al loro grande spirito di sacrificio e le spiccate doti agricole. Fu così che, il governo brasiliano, visti gli ottimi risultati ottenuti, decise di intensificare la sua politica di incentivi per l'emigrazione, dirigendola in particolar modo alla penisola. Le forti oscillazioni annuali del flusso migratorio italiano in Brasile, erano strettamente legate all'andamento incerto degli incentivi proposti dalla politica dal governo brasiliano ed alla disponibilità di capitali che determinavano le condizioni del viaggio prepagato: A questo proposito, lo Stato di San Paolo merita un discorso a parte: nel 1870 la città di San Paolo (che sarebbe diventata una delle più grandi metropoli del mondo) contava appena 30.000 abitanti, di cui gli italiani erano solo una piccolissima parte. Nel giro di pochi anni, nel 1886, gli italiani a San Paolo arrivarono a costituire il 13% della popolazione, pari a 5717 unità; cominciarono a dirigersi verso questa città contadini provenienti dal Veneto e dal Nord d'Italia, e commercianti ed artigiani dal centro e dal meridione della penisola. Dal punto di vista architettonico, la futura metropoli fu fortemente influenzata dalla presenza italiana, e cominciò così ad assumere caratteri spiccatamente peninsulari: gli italiani modificarono il paesaggio urbano di San Paolo, caratterizzando la struttura degli edifici dei bairros popolari, ma anche quella dei raffinati palazzi dei quartieri alti, costruiti da ingegneri, architetti, capomastri e costruttori provenienti dalla penisola. La crisi del mercato del caffè provocò, a partire dal 1896, il meccanismo di fuga dalle
fazendas che diede luogo ad un inurbamento senza precedenti in tutte le città dello Stato. Nel giro di pochi anni l'elemento italiano invase le città pauliste, impiantandovi la propria lingua (o meglio, i vari dialetti), i propri cibi, i vestiti, i manifesti pubblicitari, i dolci, i tessuti, la moda… Le comunità italiane oggigiorno costituiscono un potente ed essenziale motore dell'economia brasiliana: troppo spesso abbandonate o dimenticate dalla madrepatria, conservano - e a volte ostentano con un certo orgoglio - la cultura, i dialetti ed i costumi della penisola nella loro forma più originale. L'emigrazione italiana in Brasile in sostanza rappresenta un caso unico per la nostra storia, perché mai come in questo caso abbiamo assistito al trapianto di una comunità così unitaria dal punto di vista etnico, culturale e sociologico. I nostri connazionali sparsi per il mondo costituiscono una grande risorsa culturale, scientifica, economica e sociale, sia per l'Italia che per i paesi che li hanno accolti: è dunque necessario, approfondire gli studi e le ricerche su tutti gli aspetti concernenti la grande emigrazione italiana nel mondo, che costituisce senza alcun dubbio una delle pagine più significative che la storia d'Italia ricordi. Un adeguato riconoscimento a questo fenomeno - nei testi scolastici come in quelli accademici - contribuirebbe inoltre alla diffusione di un nuovo spirito di tolleranza nei confronti degli immigrati che oggi (come in passato i nostri valorosi antenati), lasciano il proprio Paese e le proprie famiglie, nella speranza di trovare in Italia un miglior tenore di vita.
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