"La mia vita tra jazz e gafieira" Paulo Moura racconta il suo percorso nella musica brasiliana
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Paulo
Moura è uno dei più importanti strumentisti e compositori brasiliani,
vincitore di un meritato Grammy nel 2000. Clarinettista e sassofonista
d’eccezione, considerato degno erede della tradizione di Pixinguinha, fa
parte del gruppo di musicisti che nel corso degli anni Sessanta e Settanta
hanno ridato impulso allo choro. Il suo suono segue il gusto melodico
delle classi popolari di Rio e le movenze di samba delle gafieiras, locali
dove la Rio dei mulatti, degli afrobrasiliani e dei bianchi senza
pregiudizi andava a incontrarsi, a socializzare, o in cerca di
amoreggiamenti e galanti avventure. Nelle sale però vigevano alcune
regole di buona società. Era severamente vietato: baciare a lungo e
scandalosamente, entrare ubriachi, portare cappelli e turbanti, ballare
uomo con uomo o donna con donna, tenere la dama sulle ginocchia o gridare
e gesticolare esageratamente. Dedicato alla saudade di questo mondo
notturno ormai lontano è il suo concerto e show “Gafeira Dance Brasil”,
elaborato con il pianista newyorkese Cliff Korman. Lo ha presentato,
grazie all'impegno della rassegna "Cantar da Costa" e della
"Centrale dell'Arte", al Festival Villa Celimontana Jazz 2002 di
Roma, dove ci siamo incontrati più volte. Ne è nata, più che
un’intervista tradizionale, una serie di discussioni animate e informali
alla presenza degli attentissimi Cliff Korman e Cida Moreira.
Ricorda
la prima volta che è entrato in una gafieira? E’
stato a dodici anni. Entrai a suonare con mio padre in un club per neri,
in una piccola cittadina dell’interno di São Paulo. Là c’erano due
club. Uno era più caotico… ci andava ogni tipo di gente, anche
prostitute, malandros e disoccupati. L’altro era frequentato da
lavoratori e ragazze che lavoravano in case di famiglia. Mio padre
lavorava in quest’ultimo… diciamo di livello più elevato! Ma era
sempre frequentato da gente semplice, e allora la chiamavano “gafieira”.
Quello che notai là è che la maggioranza della gente era nera. E nello
stato di São Paulo esistono pregiudizi… così il nero stesso finisce
per prendersi in giro da solo. Ti racconto queste cose perché mio
fratello più anziano, che pure era musicista (la mia famiglia era tutta
di musicisti… prima di me erano venuti ben cinque fratelli musicisti, e
io ero il più piccolino)… beh questo mio vecchio fratello così
commentava la situazione: “la gafieira è un posto frequentato da neri e
da bianchi senza vergogna!”. Là c’era un maestro di cerimonia che
almeno una o due volte per notte, per festa (che durava dalle nove e
finiva alle due) se ne andava nel bel mezzo della sala e cominciava a dire
come si dovevano comportare i ballerini. Ossia come si doveva svolgere la
liturgia del ballo: non si doveva avvicinare troppo il viso alle dame e
ballare sempre in maniera rispettosa. Questo era un posto dove andavano i
neri, considerata la mancanza della possibilità di socializzare in altri
modi. Era un modo di far vita sociale. Si suonavano le musiche che avevano
successo a quel tempo: choro, samba, bolero, fox-trote. Dipende.
A São Paulo i musicisti cominciavano studiando musica, metodo, strumento,
come avviene in Italia. E avanzavano accademicamente. A Rio, che è una
città molto più spontanea, invece si suonava ad orecchio. La formazione
tipica era: tromba, trombone e sax, principalmente sax tenore, batteria,
chitarra e contrabbasso. A volte pianoforte. E c’era un cantante o una
cantante. Le cantanti in genere cantavano molto bene ma non erano granché
belle. A volte erano certe ciccione! Oppure erano sdentate. Perciò non
andavano a cantare alla radio. Non avevano “immagine”. Il gruppo era
questo e fino a un certo punto la musica assomigliava al dixieland o al
jazz statunitense degli anni venti. Credo che l'influenza sia stata forte,
perché le jazz band hanno incominciato a apparire in Brasile dagli Anni
'20. Così i gruppi di choro con flauto, cavaquinho e chitarra si
ritirarono nelle feste private di periferia. Così la nuova formazione
divenne caratteristica dei balli di gafieira. Anche sotto pressione del
pubblico che frequentava le feste che chiedeva: “suona un jazz là”…
“metti una musica americana”! E questo portava la gente a informarsi
su ciò che stava succedendo nel mondo del jazz. Anche
il grande Pixinguinha ha suonato nelle gafieiras? Ci
ha suonato, sì! Quando si recò in Francia si portò un sax tenore e passò
il tempo a dedicarsi a questo strumento. Giustificava il cambiamento di
strumento con un incidente, e ciò è quello che ripetono tutti i critici
musicali in Brasile. Ma io credo che ciò fosse dovuto al fatto che nel
frattempo si era affermato un altro flautista: Benedito Lacerda, una
persona che aveva facilità di relazione con tutti e che aveva finito per
occupare la posizione di Pixinguinha nel mondo musicale. Mi sembra dunque
che Pixinguinha si comportò in modo intelligente per riuscire a
sopravvivere con la musica. Abdicò al flauto per non competere con
Benedito Lacerda e finì per suonare insieme a lui. Insieme composero un
gruppo. Ma precedentemente, appena tornato dalla Francia, Pixinguinha si
mise a suonare con un sassofonista chiamato Paraiso e formò un gruppo con
sax alto, sax tenore e tromba. Ho conosciuto questi musicisti: quando io
ho cominciato a suonare loro stavano terminando la carriera. Ho suonato
due giorni insieme a Pixinguinha in una festa. Come
si è sviluppata la sua relazione con la musica da gafieira in questi
anni? Alla
fine degli anni settanta, intorno al ’78 o giù di lì. In quel periodo
suonavo al Teatro Municipale. A volte facevo dei tour fuori dal Brasile:
in Francia, in Grecia, e negli Stati Uniti, alla Carnegie Hall. Per
assentarmi dovevo chiedere il permesso al direttore. Ma queste richieste
provocavano problemi di gelosia nell’orchestra. Lo stesso direttore
aveva una vita limitata alla città, solo locale. Perciò decisi di
andarmene. Scelsi di dedicarmi maggiormente alla musica popolare di Rio de
Janeiro perché ero arrivato alla conclusione che in fondo suonavo per un
pubblico brasiliano con lo stile che questo amava. Allora me ne sono
andato ad abitare in periferia… perché era più economico e anche perché
volevo entrare più in contatto con la musica popolare. Ho convissuto con
Nelson Cavaquinho ho lavorato con Martinho da Vila. L’unico lavoro che
avevo era quello di suonare in gafieira il fine settimana. A quel tempo i
musicisti con formazione di scuola musicale, come si diceva… di prima
categoria, quelli che accompagnavano i cantanti nei posti più belli di
Rio… giammai avrebbero suonato in una gafieira! Io invece mi inserivo
nei concerti per il puro piacere di suonare e per il piacere di conoscere
le belle donne che frequentavano i balli. Questa era una cosa ottima… e
accadeva davvero! Così mi sono rimesso a suonare in gafieira. Iniziai a suonare con un gruppo, ma poiché il locale osservava il turno di riposo
di domenica, un giorno il titolare mi invitò a iniziare a suonare anche
in questo giorno. A poco a poco vennero buoni amici, gente che apprezzava
e capiva e la domenica diventò un giorno favorevole, con molta gente.
Dopo circa sei mesi, anche l’orchestra Tabajara cominciò a suonare in
gafieira. Penso dunque che, senza tante pretese, sono comunque riuscito a
dare un nuovo senso a questo tipo di musica. Quando me ne andai di là fui
invitato a suonare al Circo Voador, un altro posto popolare, anch'esso una
gafieira. Ma il mio pubblico da gafieira erano persone che amavano la
musica brasiliana, di tendenze nazionaliste, comuniste e socialiste. In
quel periodo scelsi un repertorio che rispecchiasse quello che loro
amavano cantare e suonare. Era curioso osservare cioò che accettavano o
meno. Per esempio i samba di Djavan, tipo “Flor de Liz”, erano sempre
ben accolti e tutti ballavano. Invece Chico Buarque piaceva ad alcuni, ma
non a tutti. Tom Jobim non era ben accetto, e nemmeno richiesto… e
neppure Milton Nascimento. I gusti perciò si indirizzavano verso una
musica non troppo sofisticata, piuttosto semplice e ritmata. Purtroppo era
così… ma questo repertorio mi diede anche una direzione verso cui
muovermi. Io apprezzo tutti questi compositori… Edu Lobo, Chico Buarque,
Tom Jobim, ma per il mio repertorio ho tentato di adeguarmi ai loro gusti.
C’è stata dunque una fase di gafieira che oggi è decaduta un poco. Si
è concentrata tra gli Anni ’80 e i primi Anni ’90. Facevo concerti
anche al Sesc Pompeia di São Paulo e quello fu un momento molto
interessante. Adesso mi sto rimettendo in cammino con questo nuovo lavoro
con Cliff Korman e spero che il gafieira non sarà ritenuto, come ancora
accade in Brasile, un nome malfamato solo perché connesso a cose popolari
e promiscue. Ciò che io adesso vedo in questo genere è la possibilità
di suonare come suoniamo adesso: musica di diverso tipo, del Nordeste, e
anche americana. Non si tratta di far musica limitata alla musica
brasiliana. E neppure di fossilizzarsi nello schema della bossa nova e del
jazz. Si tratta di aprire le porte e noi stiamo attualmente tentando di
raggiungere questo obiettivo. A
quanto pare vi siete messi alla ricerca delle comuni radici fra musica
popolare brasiliana e jazz… Il
jazz è una musica fondamentale per uno strumentista. Sai, ora che sono
tornato alla musica popolare ho cominciato a suonare anche choro. Quando
suonavo con gli specialisti dello choro alcuni di loro avevano il coraggio
di dire: “ma tu ci stai suonando choro in jazz!”. Ma io la penso così:
lo choro che suono è quello che si inserisce nel contesto sviluppato dai
musicisti d’orchestra che collocavano elementi d’improvvisazione
jazzistica. Tale modello può essere utilizzato se rispetta
l’accentuazione propria della musica brasiliana che si basa su aspetti
stilistici propri della ritmica brasiliana… che è indipendente da
quelli d'improvvisazione jazzistica. Quando
non mi trovavo ancora su quest’onda della musica popolare brasiliana e
abitavo ancora a Copacabana avevo alcuni alunni. Li aspettavo ogni sabato
e ce ne andavamo in una gafieira che apriva alle cinque e chiudeva alle
nove. Ci inserivamo nei concerti del giorno e ci infiammavamo nelle
improvvisazioni. E il pubblico danzava e tifava, applaudendo, come fosse
una jam-session! La gente ballava seguendo il climax
dell’improvvisazione. Ciò non è tanto comune. Ciò che voglio dire è
che questo pubblico popolare in genere adorava cose alla maniera di Duke
Ellignton, Luis Armstrong e persino Dizzy Gillespie. Ma non apprezzava
qualcosa di più sofisticato, tipo lo choro. Penso che lo stesso accada
negli Stati Uniti. Sono stato nel ’62 in un “ballo di gafieira” di
Harlem. Mi sono seduto e ho anche suonato un po’. I musicisti suonavano
e improvvisavano e la gente danzava a volontà. Ma non so dire fino a che
punto la magia resiste. E’ difficile per lo strumentista brasiliano
capire cosa sia popolare o meno. Per esempio un ottimo musicista come
Cesar Camargo può essere considerato popolare. Ma non è il caso di
Hermeto Pascoal o Egberto Gismonti. Ci sono differenze, sfumature che è
difficile far cogliere al popolo. E questo vale anche per il jazz e la
musica americana. Cliff
Korman: Nei
mesi che ho trascorso in Brasile, conversando con vari amici brasiliani,
ho scoperto che per loro la parola “jazz” significa essenzialmente
“l’ora di fare l’assolo”. Ma io credo che nella nostra gafieira il
jazz comincia nel momento in cui inizia la musica. E' il modo di suonare,
un modo di pensare. Per me il jazz è una camicia aperta, porte e finestre
spalancate nel momento in cui suoni. Nel mondo dello choro e della gafieira
ci sono sempre tipi conservatori e gente aperta. Ci sono musicisti che
vogliono scoprire nuovi cammini. Per me jazz non è solo eseguire una
scala che assomiglia a quella di Charlie Parker... ma fare questa
operazione sulla musica brasiliana è quasi una mancanza di rispetto. Non
si tratta di metterci sopra il jazz: il movimento deve essere interno alla
musica, incastrarsi nella musica. Ciò che stiamo cercando di fare è
molto complesso. Nel
disco "Gafieira Dance Brasil" avete registrato alcune
composizioni di Paulo. Come è nata "Ao velho Pedro"? Paulo
Moura: L'ho
scritta per mio padre, ricordando come a volte da piccolo quando andavo a
dormire lui continuava a sperimentare, suonando sottotono, ma suonando. Il
brano è un ricordo delle musiche che suonava al clarinetto e al
sassofono, gli stessi miei strumenti. Si
immagina che invece "Mulatas" sia dedicata a qualche bella donna... Bravo!
Mi trovavo in una fase davvero piacevole della mia vita quando suonavo uno
o due choro per rendere più sofisticato uno show di mulatte, che era
animato dalle più belle mulatte di Rio... pensare che al concerto di Roma
ho incontrato due di queste mulatte, e una sta vivendo qui! E
a chi si deve l'ispirazione di "Carimbó do Moura"? In
origine la canzone non aveva affatto questo nome, perché era un'altra di
quelle musiche che veniva dalla mia infanzia, quando mio padre suonava
come direttore di banda. Ma mentre stavo registrando il disco "Confusão
urbana, suburbana e rural", ecco che Luiz Gonzaga viene alla casa
discografica per risolvere un problema, entra nello studio e se ne rimane
lì con noi. Io lo ammiravo molto e questo mi dava molta tensione. Quando
stavo registrando, Luiz Gonzaga disse: "Per me questo è un carimbó!".
E così Martinho da Vila, che era il produttore del disco, mise il nome
"Carimbó do Moura". Il carimbo è una musica del Nord, ma la
mia idea era fare un maxixe! Nel
disco compaiono anche due brani di Waldir de Azevedo... Il
buon Waldir fu un suonatore di cavaquinho straordinario, con un suono che
richiamava l'attenzione di altri solisti di cavaquinho. Un compositore
ispiratissimo e il brano che ho scelto, "Pedacinhos do céu", è
uno dei più belli. "Baião delicado" è un brano che ha fatto
il giro del mondo. In un'epoca della sua vita fece un tour in Europa e un
giorno, mentre si trovava in Svizzera, andò a comprare un carillon per la
moglie e mentre stava scegliendo ne aprì uno... che suonò "Baião
delicado"! Per lui fu una bella sorpresa. Ho scelto questa musica
perché credo che debba essere riscoperta da tutto il mondo intero! Cida
Moreira: Waldir
ebbe un incidente e fu il fratello di mio nonno a sistemargli il dito. E'
un compositore che deve ancora essere scoperto. Ora sono usciti ben
quattro cd della Kuarup con la sua opera completa! Un
altro brano fantastico del disco è "Noites Cariocas" di Jacob
Bittencourt, che sembra far rivivere il clima di malandragem delle notti
d'estate... Paulo
Moura: Quando
suonava dava ancora di più questa impressione. Mi sembra di vedere un
malandro là di quelli di Lapa di Rio, vestito di bianco e scarpe
colorate, camminando con quella malandragem propria del carioca in centrocittà.
Hai ascoltato bene, la musica esprime lo stile del centrocittà, e per
questo amo molto Jacob. Il
vostro repertorio è molto diversificato, e cambia ad ogni concerto... E'
vero. Per esempio in questo momento sto cercando di conoscere maggiormente
la musica di Jacob do Bandolim. Con mia sorpresa c'é molto più samba di
quanto mi sarei mai immaginato. E' qualcosa di bello e semplice, ha legami
col jazz, permette l'improvvisazione e ha una forza incredibile. Questa
musica ci fa conoscere i segreti della ritmica, le anticipazioni, quello
che non può essere scritto. Non abbiamo prove di ciò, ma João Gilberto
ci era già arrivato. E forse ciò che è più elaborato fra i nostri
cantanti popolari di samba e bossa nova è questa ritmica di João. E'
difficile stabilire dove rimane davvero la nota. Bisogna cercare la
spontaneità, come avviene nel jazz. E quando si utilizza questa ritmica,
i percussionisti si entusiasmano perché sentono che c'é spazio per loro.
Se invece ci atteniamo a ciò che è scritto, loro non si sciolgono e si
accontentano di accompagnare. Forse
il concerto di Roma si differenzia da quello di qualche anno fa a Genova
anche perché avete cambiato i musicisti. Abbiamo
cambiato il cavaquinho di Mestre Zé Paulo con il trombone di Radegundes
Feitosa, e abbiamo potuto estendere il repertorio ai suoni e ai ritmi del
Nordeste. A Rio un tempo esisteva un grande trombettisti, Zé da Velha,
che ha suonato con me per molto tempo. I trombonisti sono il gruppo di
strumentisti più unito e organizzato, hanno una loro associazione. In una
delle loro riunioni si incontrarono a Rio e di notte sei o sette di loro
andarono a vedere Zé da Velha. Per quello che so, nessuno ebbe il
coraggio di suonare. Prima di lui si esibiva Raul de Barros, che ancora è
vivo. Possiamo dire che è il Pixinguina dei trombonisti. Ma oggi le cose
sono cambiate a Rio, e la maggioranza dei trombonisti seguono uno stile
californiano senza grandi novità. Ma ai tempi avevo conosciuto Radegundes,
un musicista del Nordeste, trombonista davvero legato alla musica
brasiliana. Cliff
Korman: I
gruppi oggi cambiano frequentamente. E' difficile lavorare per molto tempo
con la stessa big band. Questo complica la faccenda, ma offre anche
aspetti positivi. I nuovi musicisti contribuiscono ai progetti. Radegundes
adesso è con noi e sta letteralmente marcando il progetto Gafieira in
questa fase. Chi
ha avuto modo di assistere al suo spettacolo ha notato la perfetta fusione
fra musiche e danza, come se quest'ultima servisse a sottolineare la
bellezza della gafieira e decifrarne la complessità. Come è stata
selezionata la coppia di ballerini? Paulo
Moura: João
Carlos Ramos e Mariana Balthar sono una coppia di ballerini che hanno
creato coreografie a partire dalle mie composizioni. Sofisticati, e, allo
stesso tempo, genuinamente popolari. E'
complicato oggi trovare chi conosce ancora questo genere di danza? La
tradizione di danza di salone a Rio è molto forte e sempre presente. Ci
sono scuole di danza tradizionale come quella di Maria Antonieta, che ha
80 anni e ancora dà lezioni giovedì e sabato nella tradizionale Gafieira
Estudantina. Non ci va solo la gente popolare, ma anche l'elite intellettuale
di Rio. Con
Cliff Korman ha elaborato altri progetti, come "Mood ingenuo.
Pixinguinha meets Duke Ellington". Ho
creato questo incontro Pixinguinha-Ellignton poco prima di incominciare a
fare concerti con Cliff. Poi con Cliff abbiamo approfondito il lavoro in
alcuni concerti negli Stati Uniti. Io presentavo l'idea come se avessi
avuto un sogno dove avevo visto in cielo l'incontro fra i due musicisti,
che erano contemporanei e avevano più o meno la stessa importanza
musicale nei loro paesi. Pixinguinha come strumentista può sembrare più
vicino a Luis Armstrong. Ma nella composizione assomiglia più a Ellignton.
Ci fu un tempo in cui i due si trovarono a provare in luoghi vicini, ma
non si incontrarono. Altro
incontro insolito è quello che ha dato vita a "Paulo Moura visita
Gershwin e Jobim"... Quando
ero direttore del Museo da Imagem e do Som, nelle riunioni della
Segreteria della Cultura cercavo di dar enfasi alla musica strumentale e
creare una maggiore attenzione per questa musica che potrebbe essere
esportata per il mondo intero. Ma non ho mai trovato grande sostegno: i
politici non sono interessati. Ho detto queste cose in un convegno e un
direttore di teatro decise di aprire uno spazio per la musica strumentale.
Mi invitò a parlarne e io presentai questa idea di unire in concerto
Gershwin e Jobim. Ne uscì fuori una serie di concerti, e io suonai ad
uno. In seguito a São Paulo incontrai il direttore del Sesc Pompeia che
mi chiese di fare concerti per il nuovo teatro del Sesc Vila Mariana. In
questo teatro il lavoro su Gershwin e Jobim ebbe grande successo. Si
trattava di una cosa alquanto sofisticata, con due pianoforti sul palco e
un vibrafono. I concerti durarono per due settimane, col teatro sempre
pieno. Il disco ha avuto meno successo, ma in verità neppure credevo di
inciderlo! Fra le musiche che scelsi di Tom vi fu "Surfboard".
A suo tempo fu molto suonata in radio, ma in seguito è scomparsa. C'é un
po' di improvvisazione jazzistica e in fondo è una bossa nova jazzificata,
uno stile simile al mio. Come
è stata la sua esperienza al Museo da Imagem e do Som? Quando
sono entrato come direttore c'era appena stato un furto enorme, avevano
portato via tv, computer, registratori e il materiale della filmoteca.
Durante la mia gestione siamo riusciti a rimettere in sesto tutto e a
creare un movimento culturale intorno al Museo, anche grazie al persone
molto competenti che vi lavorano. Ho cominciato a fare cose che sono state
portate avanti anche dalle successive gestioni: corsi di percussione,
concerti settimanali ai quali invitavo musicisti di varie correnti della
musica popolare. Vennero sambisti come Nelson Sargento, un gruppo jazz,
gruppi di percussioni, pianisti. E' venuto anche Cliff Korman come
solista. Il lavoro fu gratificante. Ma una volta cambiato il governo della
città, tutto finì. Durante
il periodo in cui lei era primo clarinettista dell'orchestra del Teatro
Nacional, ha conosciuto e collaborato con Ary Barroso. In seguito ha pure
dedicato un omaggio a Dorival Caymmi registrando un disco di sue
composizioni. Che ricordo ha di questi compositori? Caymmi
lo sento da quando ero bambino, e c'é sempre da imparare da lui: la sottigliezza,
la dolcezza, la fluenza melodica, il lirismo. Ho suonato per l'orchestra
di Ary Barroso per un po', e con lui ho appreso a distinguere la musica da
radio, da ascolto, da quella per ballare, dal vivo, musica da balera.
Entrambi, sebbene non siano nati a Rio, hanno cercato di ampliare le
caratteristiche del Samba. Lei
è stato anche arrangiatore di Elis Regina. Concorda con chi afferma che
dopo la sua morte non è ancora apparsa una cantante della sua altezza? Nonostante
l'eccellente qualità dei nostri cantanti, quello che Elis ha segnato con
la sua maniera di cantare, con la sua voce metallica, la sua ritmica
precisa è stato eccezionale. Ciononostante Elza Soarez è un faro
permanente e affascinante. Chi
apprezza invece nella nuova scena strumentale? Nel
Rio Grande do Sul c’é un fisarmonicista che fa musica incredibile,
Borguete. Abbiamo fatto un concerto insieme e recentemente ho visto il suo
show a Rio e ne sono rimasto impressionato. La sua è una musica che non
ha bisogno delle tecniche di quella americana. E’ una musica
estremamente difficile da eseguire, e lui lo fa in maniera geniale. A
Bahia c’é l’Armandinho che suona il bandolim. A Brasilia c’é
Hollanda che pure suona il bandolim. In Brasile c’é un sacco di gente
nuova che suona musica tipicamente brasiliana. E’ il caso di Jamandú
Costa, un chitarrista del Rio Grande del Sud eccezionale, con una tecnica
esuberante, estroversa, diversa da quella della maggior parte dei
chitarristi, che in genere sono persone timide. In
Brasile i cantanti spesso raggiungono fama e successo, mentre per gli
strumentisti è vita dura. Non sarà anche colpa dei critici musicali? Io
non ho nessuna pretesa, ma non posso fare a meno di notare che le mie
fotografie nelle "storie della musica" sono comparse solo dopo
che una mia foto è stata pubblicata su un libro tedesco! E dirò persino
una cattiveria: la grande maggioranza dei critici deve parlare solo dei
cantanti perché appena parlano di musica strumentale... sbagliano sempre.
Confesso di non leggere questi libri di bografie di Pixinguinha o Jacob do
Bandolim perché non sono scritti da musicisti, e non mi danno alcuna
informazione nuova dal punto di vista musicale. C'é appena scritto:
"Un giorno passò all'angolo ... e là ha trovato non so chi al
baretto". Sono storielle ricopiate da altri sulle quali non abbiamo
tempo da perdere. Noi musicisti dobbiamo studiare le tecniche e comporre! E
lei ha composto molto anche per il cinema... Ho
composto per il cinema e ho anche fatto qualche parte di attore-musicista,
come è successo in in “Parceirios na aventura”. Qui il mio
personaggio era un sassofonista, un musicista che abitava in una pensione,
che ritardava sempre il pagamento. Non aveva mai i soldi per pagare
l’affitto e beveva fino a notte fonda. Mi piace il cinema perché vi
trovo una solidarietà e una forte volontà da parte di tutti. Quando si
gira una scena, l’attenzione di tutti è rivolta solo a quello. Tutti
sono impegnati appassionatamente e la solidarietà spesso si estende.
Quando qualcuno del cinema rimane senza lavoro, un’altro gli presta i
soldi. Hanno una vita molto comunitaria. L’ultimo film in cui ho
lavorato è stato “Villa Lobos. Uma historia”. Ho scritto alcuni pezzi
di choro che io stesso suono per la parte di un sassofonista. Infatti
Villa Lobos aveva un amico che abitava al Morro da Mangueira ed era il
suo“consigliere popolare”. Faceva parte della scuola di samba
Imperatriz e si chiamava Zé Espinguela, un tale che era ben immerso pure
nella macumba. Quando Stokowski è andato in Brasile, si portò sulla nave
un’orchestra sinfonica e persino uno studio di registrazione. Poi a Rio
voleva registrare musica popolare: allora parlò con Villa Lobos che a sua
volta parlò con Zé Espinguela per procurare i musicisti, e Zé porto in
barca Cartola, Pixinguinha, João da Baiana, Luiz Americano. Sembra che
adesso vogliano recuperare queste registrazioni e lanciarle
commercialmente. Nel film suono il clarinetto, cosa che Zé non faceva...
ma un film è sempre un romanzo, e offre l'occasione per volare di
fantasia. C’é poi un documentario francese dove compaio conversando con
Grande Otello, un grande attore brasiliano, anche lui negro E
ora quali sono i suoi progetti per il futuro? In Brasile sto terminando il progetto per il cd K-Ximblues, sul poco ricordato K-Ximbinho, il soprannome di Sebastião de Barros. Caximbinho, seguendo la grafia brasiliana, viene da cachimbo, il nome che il musicista dava al suo strumento, il sassofono. Si è poi trasformato il "Ca" in "K-" e il "ch" in "x", costruendo una curiosa morfologia semantica che traduce l'intenzione di fare musica brasiliana di valore internazionale. Poi devo scrivere una colonna sonora per un film, "Cafundó", che racconta la storia di una importante figura di Curitiba. Era un curandeiro, una persona che pregava usando il credo cattolico, ma curava le persone secondo i riti afrobrasiliani. Perciò i preti emarginarono questa persona che divenne in seguito leggendaria. Ha composto persino alcune musiche per banda che io utilizzerò per il tema del film. Le musiche che comporrò saranno particolari: solo clarinetto e percussioni popolari ed erudite. Inviterò uno o due musicisti che lavorano nelle orchestre sinfoniche e suonano xilofono, timpano. La mie intenzione è unire i due tipi di percussione. E se sarà necessario, aggiungerò una piccola banda. Ho già fatto un lavoro simile, unendo il clarinetto a tre percussionisti popolari. Ho fatto anche un duo clarinetto-batteria e un concerto con il solo clarinetto, accompagnato da un testo di Alina, mia moglie. A volte invece mi piace lavorare con la musica orchestrale, ma ho la possibilità di farlo solo quando ho un invito che mi permetta di dedicarmici. Per esempio quest’anno mi hanno invitato in Olanda a fare tre concerti e uno era con la big band della scuola del conservatorio. Il festival si chiamava “Da Pixinguinha a Paulo Moura”. Non so perché l’abbiano chiamato così ma ho potuto suonare composizioni di Radames Gnattali, Tom Jobim e alcune mie musiche. Ho anche scritto gli arrangiamenti. Se vuole sapere quello che cerco in questo momento, le posso rispondere che sono interessato ad assimilare il linguaggio della musica contemporanea. Mi soddisfa scrivere un tipo di musica che muta il concetto di armonia, di forma e di ritmo. Credo che la musica contemporanea, mescolata con la bateria dell’escola de samba, possa creare bei risultati. Ed è su questo cammino che intendo continuare.
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