Potere parallelo a Rio E' inquietante che la maggioranza delle preferenze sia andata
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Rio de Janeiro, ottobre 2002
Alle
sei del mattino dell’ultimo lunedì di campagna elettorale ha avuto
inizio qualcosa che gli abitanti di questa città ricorderanno a lungo.
Negozi, scuole, distributori di benzina, uffici postali e sportelli
bancari chiusi in più di cinquanta quartieri e in vari comuni limitrofi
quali Niteroi e São Gonçalo. Centinaia di autobus bloccati nei depositi
e tredicimila poliziotti di pattuglia per le strade semi deserte,
totalmente impotenti di fronte alla paralisi produttiva. Non si è
trattato di uno sciopero generale o di un principio di sommossa popolare
ma, semplicemente, dell’esecuzione di un ordine impartito da alcuni
trafficanti di droga detenuti nelle celle della sede dei reparti scelti
della polizia militare. La scintilla è stata una piccola sparatoria tra
la polizia e trafficanti Fino
a domenica scorsa la pratica della chiusura forzata dei negozi era diffusa
solo nelle favelas e quasi sempre per commemorare il lutto di qualche
trafficante caduto in scontri con la polizia o con bande rivali. Questa
volta, invece, si è trattato di un’impressionante prova di forza che ha
coinvolto tutta la città, compresi i quartieri più chic quali Barra da
Tijuca, Ipanema e soprattutto Leblon. È come se a Milano un detenuto di
in un carcere di massima sicurezza imponesse la chiusura di ogni attività
a cominciare dalle zone di via Montenapoleone, via Torino e corso Buenos
Aires. I danni per il settore del commercio sono stati calcolati in oltre
centoquaranta milioni di Reais mentre quelli dell’industria
ammonterebbero a circa quaranta. Una compagnia di autobus urbani di Rio
che ha seguito il consiglio della polizia di continuare a circolare
normalmente, si è vista sequestrare e bruciare undici mezzi con i poveri
autisti e controllori spogliati delle divise che sono state utilizzate dai
trafficanti per appiccare il fuoco alle vetture. A São Gonçalo
un’altra compagnia ne ha visti cinque fare la stessa fine in circostanze
analoghe. La
concomitanza dell’evento con l’importantissimo appuntamento elettorale
non sembra proprio essere casuale, nello stato di Rio (il Brasile è uno
stato federale). Il potere è stato saldamente nelle mani del socialista
Antony Garotinho per quattro anni fino a quando, sei mesi fa, lo ha
lasciato alla vice governatrice Benedita da Silva del PT (Partido dos
Trabalhadores) per potersi candidare alla presidenza del Brasile. Dal
momento dell’assunzione del potere di Benedita da Silva sono cambiate
parecchie cose e soprattutto è cambiato l’atteggiamento dello stato
nella gestione La
risposta dei trafficanti non si è fatta attendere. All’inizio hanno
bloccato i cospicui pagamenti ai poliziotti creando un forte malumore e
risentimento di questi ultimi nei confronti della governatrice, poi hanno
operato una serie di azioni di tipo terroristico contro uffici e
rappresentanze del governo. Infine, esasperati per il trasferimento in
carceri speciali dei capi seguito alla rivolta del carcere di Bangù
durante la quale il Comando Vermelho ha eliminato i leader di
un’organizzazione rivale, hanno imposto la serrata di lunedì scorso.
Nel frattempo la campagna elettorale per l’incarico di governatore dello
stato vedeva protagonista Rosinha Garotinho, moglie dell’ex governatore,
seguita a grande distanza da Benedita da Silva del PT, Solange Amaral
della coalizione di centro che fa capo al candidato filo governativo alla
presidenza José Serra e Jorge Roberto Silveira, ex sindaco di Niteroi ed
esponente della Frente Trabalhista, una coalizione di sinistra con forti
inclinazioni populiste. È certamente inquietante il fatto che la
maggioranza delle preferenze sia dell’unico candidato che ha potuto
realmente fare campagna elettorale nelle favelas, per lo meno in quelle
dominate dal Comando Vermelho (come ho potuto constatare personalmente) e
che i fatti di Rio siano occorsi esattamente il giorno dopo un importante
comizio di Benedita insieme al candidato alla presidenza Lula da Silva che
aveva prodotto una sensibile impennata delle preferenze a favore della
stessa Benedita. Pare anche che molte delle telefonate di avvertimento
fatte ai commercianti non siano partite dalle favelas ma dagli stessi
quartieri ricchi il cui black out ha suscitato tanto scalpore. “Potere
parallelo” è stato scritto lunedì sulle facciate di alcuni palazzi di
Copacabana. Bandiere e simboli del Comando Vermelho sono un po’ ovunque
e il potere parallelo del traffico di droga sarà senz’altro uno dei
grandi problemi che dovrà affrontare il prossimo governo sia nazionale
che statale. Tutto sta nel vedere come, almeno a livello statale, visto
che di fatto Rosinha Garotinho ha indubbiamente avuto un grosso aiuto
proprio dalla malavita organizzata: un aiuto probabilmente determinante
per il raggiungimento di quel 51.2% che le ha consentito l’elezione già
al primo turno. Intanto Lula si trova a dover affrontare il candidato del
governo José Serra in un secondo turno che alcune voci raccolte qua e là
sostengono sarà molto insidioso perché pare che poteri occulti si stiano
muovendo in grande stile per scongiurare un governo petista in Brasile. In
effetti pare strano che tutti, ma proprio tutti, gli istituti demoscopici
abbiano sbagliato in eguale misura le previsioni di voto attribuendo a
Lula oltre il 3% in più, quel 3% che gli avrebbe quasi garantito
l’elezione già al primo turno. Inoltre il Brasile si è dotato di un
sistema di voto totalmente informatizzato con urne elettroniche e
trasmissioni dei risultati tramite linee telefoniche, un sistema rapido ed
efficiente ma certamente vulnerabile sotto il profilo della sicurezza e
che rende impossibile qualunque verifica successiva essendo privo delle
schede di voto. Chiunque vinca c’è solo da sperare che lo faccia senza
aiuti esterni e inconfessabili perché significherebbe proiettare
all’indietro di decenni la storia di questo splendido paese. Già lo
stato di Rio si ritrova un governatore con un grosso debito contratto con
delinquenti e anche se il vantaggio politico fosse frutto di una mera
coincidenza, non c’è da dubitare che qualcuno coglierà l’occasione
per presentare il conto.
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