Belém punta sulla cultura Nell'aprile scorso la capitale del Parà ha reinaugurato il Theatro da Paz e reso omaggio al Cinema Olympia
traduzione, adattamento e note storiche di Dulce Rosa Rocque
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(em
portugues)
In un paese dove
memoria storica e culturale sono un optional, la reinaugurazione di
un teatro e l’anniversario del più antico cinema brasiliano sono eventi
eccezionali. Pertanto, tentare di fare di Belém una realtà urbana ogni
giorno più rappresentativa nello scenario nazionale, riscattando poco a
poco la sua storia e la sua fisionomia, è un compito che – oltre ad
aver bisogno della sensibilità degli addetti ai lavori, di molta forza di
volontà e, certo, di molto potere – merita plausi. Il
"Theatro da Paz" è
considerato il gioiello più prezioso del patrimonio artistico e culturale
di Belém e dello stato del Pará. Inaugurato il 15 febbraio del 1878,
durante i suoi primi quarant’anni ha vissuto momenti di gloria. Vi si
sono esibite le più grandi personalità del mondo dell’arte – da Carlos
Gomes a Bidu Sayão, la ballerina russa Tamara Toumanova,
Tito Schipa, il Ballet Kirov, la pianista Maria Helena
Coelho e tanti altri artisti. Le
ristrutturazioni e gli interventi effettuati negli anni successivi sono
stati spesso disastrosi. Negli ultimi due anni il teatro è stato chiuso
per una ristrutturazione generale, e in aprile è stato restituito alla
cittadinanza in tutto il suo splendore, con i suoi 952 posti a sedere; un
palcoscenico di 12,20 per 10,10 e alto
ben 14 metri, una sala da ballo, una sala prove, oltre a bar, foyer,
camerini e nuovi servizi igienici. Al suo patrimonio sono stati aggiunti
due pianoforti, uno Yamaha Grand Concert ed uno Steinway. L’affresco
del soffitto, eseguito dagli italiani Domenico De Angelis e Giovanni
Capranesi, il sipario (un pannello raffigurante un’allegoria della
Repubblica), le pitture dei palchi, i fregi, tutto è stato minuziosamente
restaurato da un gruppo di artisti, ricercatori e tecnici sotto la
direzione dell’attuale assessore alla Cultura, Paulo Chaves,
amante della sua città. Per
questa reinaugurazione è stato elaborato un ampio programma: un festival
di opere e operette – dal "Macbeth" alla "Vedova Allegra"
– che comprende la "Noiva do Condutor", di Noel Rosa;
un recital della soprano americana Gail Gilmore, dei pianisti Arthur
Moreira Lima e Marcelo Bratke; uno spettacolo dell’Orchestra
Sinfonica del Teatro e tanti altri concerti e seminari sulla musica colta
e popolare. In
questo momento il Theatro da Paz è il più grande e il più moderno del
Nord del Brasile, e la città ne è orgogliosa. Il
cinema Olympia, invece, è considerata la sala brasiliana che da più
tempo svolge la stessa attività: ha infatti compiuto 90 anni lo scorso 24
aprile. Primo cinema di lusso della città, l’Olympia
formava insieme al Grand Hotel ed al Palace Theatre - già demoliti - il
vertice dei punti turistici e culturali della città, fin dai tempi del
caucciù. Una delle sue caratteristiche era la posizione della platea,
ancora oggi rivolta verso l’entrata: quando si entrava nella sala di
proiezione, si era visti da tutti i presenti. In pratica, l’entrata al
cinema si svolgeva come una sfilata, e le donne in particolare quando si
recavano a quel cinema prestavano una particolare attenzione
all’abbigliamento. Nella sala d’attesa la raffinatezza era estrema.
Un’orchestra suonava per gli spettatori che aspettavano la proiezione
successiva. Negli
anni novanta l’Olympia
è entrato a far parte del patrimonio storico della città e non potrà
essere distrutto, anche se la sua destinazione d'uso dovesse cambiare. Per
la sua importanza storica ed affettiva, gli amanti della settima arte si
preoccupano molto della sua preservazione. Per festeggiare la ricorrenza dei suoi 90 anni si sono riuniti l’Associazione dei Critici di Cinema – presieduta dal medico e critico Pedro Veriano –, il Cine Unama (Nucleo culturale dell’università dell’Amazzonia), la società proprietaria del cinema - il gruppo Severiano Ribeiro – nonché diversi amanti della settima arte. E’ stata organizzata una proiezione speciale ad inviti, con la distribuzione di un’edizione speciale del giornale dell’Unama, dedicata all’anniversario e alla proiezione del film "Avviso ai Naviganti" dell’Atlantida. Questo film degli anni cinquanta, con Oscarito, Grande Otelo, Eliana, Adelaide Chiozzo, Emilinha Borba e tanti altri artisti, è un esempio di musical carnevalesco, in voga negli anni ’40 e ’50. Il regista Watson Macedo, padre di questo genere in Brasile, propone la versione carioca di un musical in stile hollywoodiano. Questo film è stato il primo a essere restaurato dal Centro di ricerca del Cinema brasiliano, e ha fatto felice il grande pubblico presente alla proiezione speciali. Si è insomma trattato di due eventi che nell'aprile scorso hanno riscaldato il cuore della città. Il riscatto della memoria di un popolo può
infatti meritare solo applausi.
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Note
storiche Belém,
quella città del nord del Brasile poco conosciuta dagli stessi
brasiliani, ha avuto nella sua storia due periodi importanti dal punto di
vista architettonico. Il primo è dovuto al Marchese di Pombal il
quale, nel XVIII secolo, ha reso possibili nuove prospettive e dato nuovi
ritmi alla vita di quella piccola città inserita fra fiumi, sorgenti e la
foresta amazzonica. Nel
1751 il marchese nomina suo fratello Francisco Xavier de Mendonça
Furtado governatore e capitano generale dello stato del Grão Pará e
Maranhão. Nel 1753 arriva a Belém la Commissione incaricata della
demarcazione delle frontiere portoghesi e spagnole nel nord del Brasile.
Di questa commissione faceva parte l’architetto bolognese Antonio
Giuseppe Landi, contrattato come disegnatore di carte geografiche. I
problemi relativi alla difficoltà di trovare indigeni per guidare le
imbarcazioni, nonché la mancanza di disponibilità da parte dei superiori
delle missioni religiose che si trovavano lungo il percorso prestabilito
di fornire i mezzi di sostentamento, ritardarono di un anno la partenza
della commissione. Landi, curioso osservatore, mentre attendeva la
partenza si occupava di altre cose che niente avevano a che vedere con le
carte geografiche e che spaziavano dalla architettura alla pittura,
dall’astronomia alla natura. Allora, le specializzazioni non erano
richieste. In
quel periodo l’economia delle spezie, fino ad allora sfruttata dalle
missioni religiose che si servivano della manodopera indigena, si è
trovata di fronte alla concorrenza degli avventurieri. Alla città non
rimaneva niente. Con l’espulsione dei gesuiti dal territorio brasiliano,
l’economia delle spezie è passata nelle mani della Compagnia di commercio
del Grão-Pará e Maranhão. Questa compagnia fu responsabile della
maggior parte dei cambiamenti avvenuti nello stato del Pará dell’epoca. Belém
ha cominciato a cambiare aspetto: fu fatta una sorta di piano regolatore
della città, sono sorte edificazioni come l’Ospedale militare, il
Palazzo del governo e tante chiese. Landi, considerato oggi il «Bibiena
equatoriale» partecipa attivamente a questi cambiamenti: disegna «Pelourinhos»
(colonna dove legavano principalmente gli schiavi per punirli) per la
capitale e per i nuovi villaggi e progetta chiese che serviranno da
modello per le parrocchie dell’Amazzonia. Per quanto riguarda la sua
grande creatività nel campo della costruzione di chiese, sono da tenere
presente quelle progettate e costruite ispirandosi alla tradizione
bolognese - Sant’Anna e la Cappella di San Giovanni Battista – oltre a
quelle che ha finito di costruire come quella del «Carmo», della «Mercês»,
del «Rosario da Campina», ealtre ancora. Con la sua opera ha lasciato
segni profondi nell’urbanizzazione e nell’architettura di varie città
dell’Amazzonia, e soprattutto di Belém. Questo
primo periodo si conclude alla fine del XVIII secolo. Alcune tra le chiese
progettate, costruite oppure concluse da Landi – precursore
dell’architettura neoclassica in Brasile – si trovano oggi in uno
stato penoso. Un caso per tutti è lo stato d’abbandono della chiesa di
Sant’Anna. L’umidità non perdona! Con
il passare degli anni, la città è cresciuta e l’euforia del commercio
delle spezie è diminuito. Nella società paraense, fortemente repressa
dai meccanismi di dominio e di controllo ereditati dall’ordine
coloniale, iniziano una serie di lotte fratricide. Belém sembrava
condannata alla decadenza. E’
la scoperta del lattice, del caucciù, che toglie Belém
dall’ostracismo. Inizia così il secondo periodo di trasformazione della
città e dei dintorni. Ricominciano le costruzioni e l’urbanizzazione:
vengono aperte nuove strade e piazze bellissime dove il paesaggismo fa da
padrone. I marciapiedi vengono ricoperti di pietra di Lioz. La ricchezza
prodotta dallo sfruttamento del caucciù si ritrova nelle opere pubbliche:
trasporti, illuminazione stradale, rete idrica, costruzione di porti, e
altro. Nel
1870 viene inaugurato il «Bosque do Marco da Legua» (un ettaro di terra
adibito a bosco) e poi il «Theatro da Paz». Nasce il Museo Paraense di
Storia Naturale (oggi «Emilio Goeldi» in omaggio all’illustre
scienziato svizzero). Ai margini del fiume che bagna la città, è
inaugurato il Necroterio Pubblico e successivamente il Mercato di Ferro,
più conosciuto come del «Ver-o-Peso». Ai confini della città viene
costruito l’Asilo dei Mendicanti. Il Mercato della carne, costruito nel
1876 è stato ristrutturato con elementi decorativi art-noveau,
composti di strutture di ferro arrivate da Glasgow. Inizia a funzionare il
Mercato di São Braz, progettato e costruito da capimastri e operai
arrivati dall’Italia. Si costruiscono ville con mosaici Boulanger, e così
via. Lo
stesso accade in altre città dell’Amazzonia. Soltanto come teatri,
nello stesso periodo ne vengono inaugurati altri due: il bellissimo Teatro
Amazonas nella città di Manaus e quello delle Vittorie a Santarém, la
perla del fiume Tapajós. Tutta la regione trae profitto del lattice. Con il crollo del prezzo del caucciù, nel 1910, inizia un lungo processo di stasi in tutta l’Amazzonia. Per Belém fu un colpo durissimo. Negli anni seguenti iniziarono e si svilupparono problemi riguardanti l’amministrazione della città, delle infrastrutture, delle politiche pubbliche e degli investimenti.
(em portugues) |
Belém defende sua historia No mes de abril a capital do Parà reinaugurou o Theatro da Paz e homenageou o Cinema Olympia
por Clemilde Castro
tradução, adatamento e notas historicas por Dulce Rosa Rocque
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Num pais onde a memoria
histórica e cultural é um “opcional” fortuito, seja a reinauguração
do Teatro seja o aniversário do mais antigo cinema brasileiro, são
eventos excepcionais. Portanto, tentar fazer de Belém uma realidade
urbana cada dia mais representativa, resgatando pouco a pouco sua história
e sua fisionomia, é uma tarefa que - além de precisar de pessoas com
muita sensibilidade, fôrça de vontade e também, porque não dizer,
muito poder – merece aplausos. O
Theatro da Paz é considerada a
joia mais preciosa do patrimônio artístico e cultural de Belém e do Parà.
Inaugurado em 15 de fevereiro de 1878, durante seus primeiros quarenta
anos de vida viveu o seu apogeu, seus momentos de glória. Em seu palco
apresentaram-se as maiores personalidades do mundo artístico – de
Carlos Gomes a Bidu Sayão, Tamara Toumanova, Tito Scchipa, Ballet Kirov,
Maria Helena Coelho e tantos outros. As
intervenções e reformas feitas nos anos seguintes foram, muitas delas,
desastrosas. Nos ultimos dois anos estava fechado para uma reforma geral e
agora foi entregue ao público em todo o seu esplendor, com os seus 952
lugares, a boca de cena de 12,20x10,10m e altura de 14m., sala de dança,
sala de cursos e ensaios, bar, camarins, copa, novos serviços higienicos,
etc. Ao seu patrimonio foram incorporados dois pianos de cauda, um Yamaha
Grand Concert e um Stenway. A
pintura do teto, feita pelos italianos Domenico De Angelis e Capranesi, o
pano de boca – painel onde se encontra pintada a alegoria à Republica
– a pintura dos camarotes, frisas, tudo foi minuciosamente restaurado
por uma enorme equipe de artistas, pesquisadores, arquitetos, etc, tendo a
frente o atual Secretario de Cultura Dr. Paulo Chaves, um amante da sua
cidade. Para
a sua reinauguração foi elaborada uma extensa programação: um festival
de operas e operetas – de Macbeth à Viuva Alegre – incluindo A Noiva
do Condutor, de Noel Rosa; recitais com a soprano americana Gail Gilmore,
os pianistas Artur Moreira Lima, Marcelo Bratke; apresentação da
Orquestra Sinfonica do Teatro e varios outros concertos e palestras sôbre
musica erudita e popular. Neste
momento é o maior e mais moderno – em seus equipamentos – teatro do
Norte do Brasil… e a cidade é orgulhosa. O
cinema Olímpia, em vez, é
considerado o mais antigo cinema brasileiro na mesma atividade durante 90
anos, completados no dia 24 de abril. Inaugurado
como o primeiro cinema de luxo da cidade o Olympia
formava juntamente com o Grande Hotel e o Palace Theatre (que não
existem mais) o vertice de pontos turísticos e culturais de Belém, desde
o “tempo da borracha”. Uma de suas características era que a platéia
era- e é até hoje- voltada para a entrada. As pessoas praticamente desfilavam ao entrar no cinema, eram vistas por todos. Havia
então uma preocupação muito grande -principalmente por parte das
mulheres- com o vestuário. O requinte era enorme na entrada ou sala de
espera: uma orquestra tocava para os espectadores que aguardavam o inicio
da próxima sessão. Nos anos 90 o Olímpia foi incluído no tombamento de uma área histórica da cidade e não poderá ser destruído, entretanto poderá mudar de finalidade. Por sua importância histórica, afetiva e emocional há uma preocupação muito grande dos amantes da 7a. arte e daqueles que conhecem e amam sua história, de preserva- lo. Nas comemorações dos 90 anos uniram-se a Associação dos Críticos de Cinema –presidida pelo medico e critico Pedro Veriano, o Cine UNAMA- núcleo Cultural da Unama /Universidade da Amazônia) e a empresa dona do cinema, Grupo Severiano Ribeiro, alem de inúmeros amantes da Setima Arte. Foi realizada uma sessão especial para convidados com a distribuição da edição especial do Jornal da Unama dedicada ao aniversário e a exibição do filme “Aviso aos Navegantes” da Atlântida, dos anos 50, com Oscarito e Grande Otelo, mais Eliana, Adelaide Chiozzo, Emilinha Borba e tantos outros artistas, exemplo do musical carnavalesco, uma constante dos anos 40 e 50. O diretor Watson Macedo “pai” do gênero, retrata a visão bem carioca de musicais ao estilo de Hollywood. O filme foi o primeiro a ser restaurado pelo Centro de Pesquisadores do Cinema Brasileiro.e fez a alegria do grande público que compareceu a sessão especial. Estes dois eventos aqueceram o coração da cidade. O resgate da memoria de um povo só pode merecer elogios.
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Notas historicas Belém
do Pará, aquele cidade do norte, pouco conhecida mesmo pelos brasileiros,
teve na sua história, dois periodos importantes do ponto de vista
arquitetônico. O primeiro, é mérito do Marques de Pombal que no século
XVIII imprimiu novos rumos e novos ritmos à vida daquela cidadezinha
perdida entre rios, igarapés e a floresta amazônica. Em
1751, o Marques nomeia seu irmão Francisco Xavier de Mendonça Furtado,
Governador e Capitão General do Estado do Grão Pará e Maranhão. Em
1753, chega a Belém a Comissão Demarcadora das fronteiras portuguesas e
espanholas no norte do Brasil. Desta Comissão fazia parte o arquiteto
bolonhes, Antonio Giuseppe Landi contratado como desenhador de cartas
geográficas. A partida da Comissão para o interior da Amazônia sofreu
varios atrasos relacionados com dificuldades em obter indios para remarem
as embarcações e os mantimentos necessarios que tinham sido pedidos aos
superiores das várias missões religiosas estabelecidas ao longo do
percurso. Enquanto esperava a partida, Landi, observador e curioso, se
ocupava de outras coisas que nada tinham a ver com cartas geograficas:
passava da arquitetura à pintura, da geografia à astronomia, ecc.
Naquele tempo não era necessaria uma especialização estrita. Naquele
periodo a economia das drogas do sertão, até então explorada pelas missões
religiosas servindo-se da mão de obra indígena, passou a ter a concorrência
dos aventureiros. Para a cidade não sobrava nada. Com a expulsão dos
jesuitas do territorio brasileiro a economia das drogas do sertão passou
a ser feita pela Companhia de Comércio do Grão-Pará e Maranhão. Esta
companhia sustentou boa parte das principais mudanças feitas no Pará da
época. Belém
começou a mudar de aspecto; foi feito o planeamento da cidade, surgiram
edificações como o antigo Hospital Militar, o Palacio do Governo e
muitas Igrejas. Landi, considerado hoje o “Bibiena equatorial”
participa ativamente neste projeto: desenha pelourinhos para a capital e
para as novas vilas e projeta igrejas que serviriam de modelo às
paroquias da Amazônia. Em sua importante criatividade no campo de construção
de igrejas, destacam-se as que êle planejou inteiramente dentro de uma
tradição bolonhesa: a Matriz de Sant’Ana e a Capela de São João
Batista, e as outras que êle concluiu como a do Carmo, das Mercês, do
Rosario da Campina. Com seu trabalho deixou marcas profundas na urbanização
e na arquitetura de várias cidades da Amazônia e principalmente de Belém. Este
primeiro período acabou antes do fim do século XVIII. As igrejas
projetadas, construidas ou mesmo aquelas que foram acabadas por Landi - o
precursor da arquitetura neoclassica no Brasil – se encontram, hoje,
algumas delas, numa situação penosa. O estado de abandono da igreja de
Sant’Ana è um exemplo de tanto descaso e não sòmente da umidade. Com
o passar dos anos, a cidade cresceu e a euforia do comércio de drogas
diminuiu. Belém estava condenada a decadência. A sociedade paraense,
fortemente reprimida pelos mecanismos de dominação e de controle
herdados da ordem colonial, começou a lutar pela construção de uma
propria identidade. E’
a descoberta do latex -da
borracha - que tira Belém do ostracismo. Tem assim início o segundo
periodo de transformação da cidade. Recomeçam a construir, reurbanizar:
ampliam-se as obras públicas, abrem-se ruas nova, o paisagismo
começa a ser utilizado e nascem praças lindissimas. As calçadas são cobertas com pedra de
Lioz. A riqueza que a borracha criava se via nas melhorias: transporte,
iluminação, abastecimento de água, construção de portos. Em
1870 é inaugurado o Bosque do Marco da Legua, depois o Theatro da Paz.
Nasce o Museu Paraense de História Natural (hoje “Emilio Goeldi” em
homenagem ao ilustre cientista suiço). As margens do rio, é inaugurado o
Necroterio Público e sucessivamente o Mercado de Ferro mais conhecido
como “do Ver-o-Peso”. Nos confins da cidade foi feito o Asilo de
Mendicidade, onde eram recolhidos todos os mendigos. O Mercado de carne,
construido em 1867 é reformado com elementos decorativos art-nouveau,
composto de ferros vindos de Glasgow. O Mercado de São Braz, projetado e
construido por mestres e, principalmente, operarios italianos, começou a
funcionar. Palacetes eram construidos com azulejos de Boulanger e assim
por diante. Isto
também acontecia em outras cidades da Amazônia. Falando sòmente de
teatros, no mesmo periodo foram inaugurados: em Manaus ,o lindissimo
Teatro Amazonas e em Santarém, o Teatro Vitoria. Toda a região tirava
proveito do “latex”. A partir de 1910, com a queda dos preços da borracha, inicia um processo de estagnação de longo curso em toda a Amazônia. Para Belém isso foi um golpe profundo. Ao longo dos anos seguintes começaram e se desenvolveram, principalmente, os problemas de administração e de infra-estrutura, de políticas públicas e de investimentos.
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