Il
Festival diventa adulto e cerca casa. La manifestazione che dopo dodici
stagioni è diventata uno dei principali punti di riferimento estivi per
gli appassionati di musica e cultura latino americana, si trasforma
in associazione con sede in Milano.
Ma più che di una sede in senso amministrativo, si tratterà di una vera, grande "Casa" dove troverà spazio e dignità
qualsiasi iniziativa che abbia a che fare con la cultura latino-americana.
Tutti i paesi, compreso naturalmente il Brasile, saranno rappresentati in
quello che promette di diventare uno dei crocevia europei più ricchi di
mostre, conferenze, corsi e altre manifestazioni. Dopo il crescente
successo delle proprie iniziative (dai 38mila visitatori si è passati
agli oltre 770mila dell'edizione 2001) la società Latinoamericando punta
insomma a mettere l'esperienza maturata in questi anni anche a disposizione di
chi produce cultura, e non solo la consuma. Ma non dimentica il consueto
appuntamento annuale che quest'anno scatta il 20 giugno con un programma
più che mai ricco e intenso e della durata di quasi due mesi, non solo
all'insegna di musica, ma anche di gastronomia, turismo, volontariato e
artigianato, all'interno del quale saranno rappresentati 21 paesi. Di
tutto questo abbiamo parlato con Juan José Fabiani, direttore del
Festival Latino Americando.
La
vostra manifestazione si conferma come
il più importante appuntamento italiano dedicato agli appassionati di musica e cultura sudamericana. Può tracciarci un breve bilancio di questa esperienza?
Sì,
effettivamente nessuno avrebbe potuto ipotizzare, 12 anni fa, che questa manifestazione potesse prendere
piede in un paese come l'Italia nel quale la salsa era conosciuta solo
come ingrediente per rendere appetitose le pietanze. Anche noi stessi siamo partiti dodici anni fa
per gioco e per passione, senza capire cosa potesse essere o diventare un festival latino americano
che era un progetto senza precedenti. E ben presto ci siamo ritrovati con una
festosissima bomba che ci è esplosa in mano. Già alla seconda edizione, che avevamo organizzato in soli 2mila metri quadri,
a Milano, presso il Castello Sforzesco, non riuscivamo a contenere la grande affluenza di pubblico.
Per dare un'idea delle proporzioni, ora stiamo allestendo una manifestazione che si svolge appena fuori Milano e che dura due mesi, occupando oltre 34mila metri quadri...
Avete incontrato
molte difficoltà nel portare avanti il vostro progetto?
Come per qualsiasi progetto. Niente è facile e, a maggior ragione quando si parla di qualcosa di assolutamente nuovo, vi sono molte perplessità da parte di tutti,
e in particolare quando si intende creare una manifestazione aperta al pubblico si ha da lottare contro
problemi di ogni tipo, non esclusi quelli della burocrazia italiana.
Abbiamo avuto a che fare con istituzioni di ogni tipo e credo sia solo
mancato il rapporto con la Guardia forestale: vicende e permessi di ogni tipo per una manifestazione articolata che non è solo musicale, ma che ospita molte altre iniziative come manifestazioni culturali, espositive, gastronomiche, danzanti che vanno a comporre insieme ai concerti la formula-festival.
Come si sono comportate con voi le istituzioni?
Sin dall'inizio, sia il pubblico che le autorità milanesi, incoraggiate dai nostri diplomatici dell'epoca, hanno
accolto con calore e entusiasmo la nostra iniziativa. Era una novità assoluta, di dimensioni contenute ma che aveva subito saputo
risvegliare l'interesse del pubblico. Alla prima edizione ricordo ci hanno tenuto a battesimo diversi ambasciatori di paesi latino-americani venuti appositamente da Roma
con i vari consoli, insieme al sindaco di Milano.
Dal vostro punto di osservazione privilegiato, come giudicate l'affermarsi nel nostro paese di altre culture non anglocentriche? E rispetto agli anni scorsi, il fenomeno
continua a essere in ascesa oppure sta segnando il passo?
Dal nostro punto di vista la situazione si sta piuttosto consolidando: dopo il primo boom e i primi entusiasmi, che possono dare
luogo a fenomeni legati ai balli o alle mode del
momento e che possono dunque portare a un interesse superficiale e passeggero, abbiamo verificato il radicarsi di un interesse più profondo da parte dei
frequentatori. Che non vengono soltanto per trascorrere allegramente una serata, ma anche perché sono stati sinceramente colpiti da un aspetto della cultura di un dato paese. Il Brasile, ad esempio, è stato molto importante da questo punto di vista. Di solito è visto come isola,
nell'America Latina. Ma per noi latino-americani non brasiliani è un paese talmente importante che non ne vorremmo fare a meno.
E come vede oggi questa sua creatura, considerato che è stato proprio lei, dodici anni fa, a
"inventarsi" questa manifestazione?
Io stesso solo il prodotto di una fusione tra italiani e sudamericani essendo peruviano di origini italiane e portavoce di questo incrocio di culture, e mi fa molto piacere osservare come gli italiani abbiano abbracciato qualcosa che ritenevo appartenesse alla mia cultura e che invece ora appartiene anche
a quella di molti italiani. Mi fa ricordare la mia esultanza quando, da italiano, festeggiavo in Perù l'Italia che vinceva i mondiali di calcio.
Come mai quest'anno siete presenti soltanto a Milano?
Perché abbiamo preferito concentrare su una città importante come Milano una manifestazione lunga due mesi e ricchissima di appuntamenti
anziché disperderla in diverse città come in passato, anche se da queste precedenti esperienze abbiamo tratto ottimi risultati.
Alcune settimane fa si era sparsa la voce di una possibile presenza di Gal Costa, ma poi non se ne è più sentito parlare. Ce ne può spiegare il motivo?
In un primo momento ci era stato annunciato che la cantante avrebbe effettuato una tournee in Europa, che successivamente è stata cancellata. La voce era circolata per il fatto che
ci eravamo assicurati la sua presenza al festival, ma le cose sono poi andate
diversamente.
Come vedreste, in base alla vostra esperienza, un festival dedicato alla sola musica e cultura brasiliana?
E' una cosa che abbiamo valutato, ma scartato, perché crediamo che non vi siano i presupposti per garantire il successo a tutte le iniziative. Credo molto di più in rassegne tematiche: una settimana di musica o di gastronomia brasiliana secondo noi ha molto più senso di una manifestazione articolata come la nostra e tutta imperniata sul Brasile. Il vantaggio del nostro festival è che offre spunti a 360 gradi su tutti questi paesi.
Focalizzando solo sul Brasile si consuma tutto subito, mentre allargando a tutta l'America latina
il visitatore può tornare, e ogni volta trovare qualcosa di nuovo.
Siete aperti a forme di collaborazione nei confronti di coloro che potrebbero essere interessati, ad esempio, a organizzare una manifestazione sul Brasile?
Negli anni siamo diventati una sorta di consolato latino-americano e da noi confluiscono una serie di forze interessate a cercare informazioni e sostegno, che noi mettiamo a disposizione di chiunque. Siamo insomma una banca-dati dalla quale poter attingere informazioni
sull'America latina e disponibili a qualsiasi forma di collaborazione.
Quali programmi avete per il futuro?
Siamo sempre in evoluzione e abbiamo diversi progetti in cantiere, tra cui quello più ambizioso di istituire una Casa America Latina, che sarebbe ora trovasse ubicazione anche
a Milano.
Ma non esiste già qualcosa del genere?
Non voglio sminuire le iniziative già esistenti, ma mi sembra siano marginali rispetto a una grande casa destinata a tutta l'America latina. Il progetto è già partito: siamo già alla ricerca dei locali dove riversare anche l'esperienza del festival coordinata da un'associazione
Onlus senza scopo di lucro già costituita, che servirà a promuovere tutto l'anno manifestazioni a 360 gradi nel settore commerciale, turistico, musicale, espositivo, senza limitarsi a qualche mostra o
a qualche corso sporadico, come avviene ora.
Quanto contate di aprire questa nuova casa?
Siamo in trattative con il comune di Milano per individuare locali capienti di cui abbiamo necessità.
Questa città in fondo merita di avere un'istituzione del genere come altre importanti città europee.
Ci sarà spazio anche per il Brasile?
Certamente: come le dicevo non vogliamo e neppure possiamo fare a meno di un paese importante come il Brasile.
Ritiene sia possibile organizzare, magari in dimensioni minori, altre manifestazioni non soltanto nei mesi estivi ma
nel corso di tutto l'anno, come stanno facendo altri festival di portata internazionale?
I nostri sforzi attualmente si stanno concentrando appunto su questa Casa
dell'America Latina nella quale creare un programma continuativo per singoli settori nell'arco dell'anno. Vogliamo dare voce e luogo a tanta gente
che ormai lavora in questo campo e un punto di riferimento importante a
tutti quelli che sono interessati alla cultura latino-americana.
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