Reduci dalle feste natalizie e di fine
anno, nelle nostre scorpacciate di dolci non sarà certamente mancato il
cioccolato. Oltre che a solleticare la vostra
golosità, questo articolo soddisferà anche una certa curiosità: sapere
come è nasce e viene prodotta questa leccornia, nota
anche come "cibo degli dei", oltre che conoscere la attuale,
preoccupante situazione in Brasile.

La
produzione brasiliana
L'introduzione
e la prima grande crisi degli anni '50
Il
cacao in Brasile è coltivato in otto stati del nord e del nordest: Acre,
Amazonas, Bahia, Espirito Santo, Maranhão, Mato Grosso, Pará e Rondônia,
ma lo stato che fa da leone è senz'altro Bahia. In questo stato la pianta
del cacao fu introdotta nel 1746 da un colono francese, Louis Frederico Warneaux,
che importò le sementi dal Pará, regalandole all'amico Antonio Dias
Ribeiro che iniziò la prima coltivazione nella fazenda Cubículo, situata sulla
sponda destra del Rio Pardo, nell'epoca in cui la zona apparteneva alla Capitania de São Jorge dos Ilhéus,
attualmente comune di Canavieiras. La fazenda Cubículo esiste anche oggi, appartiene
a Augusto Reis e
coltiva le discendenti di quelle prime importate. L'introduzione della
coltivazione del cacao ha contribuito a diffondere ricchezza nel sud di
Bahia, ha fatto nascere città, ha segnato generazioni intere, e ha
fondato una identità storico-culturale basata sull'attività agricola.
Anche lo scrittore brasiliano più celebrato, il baiano Jorge Amado
ha scritto un libro col nome di Cacao, opera pubblicata nel 1933 le
cui 2mila prime copie andarono esaurite in 15 giorni. Purtroppo però le cose
per i coltivatori non sono sempre andate per il meglio: negli Anni '30-40
la coltivazione del cacao soffre della crisi mondiale di quegli anni. Una
non felice gestione delle fazendas e un comportamento non favorevole
degli organismi dello stato che ciecamente minimizzavano il problema e
tagliavano fondi fecero precipitare la situazione. Si arrivò al punto che
la produzione divenne antieconomica, gli agricoltori erano divisi, senza
fondi, senza stimoli e molti abbandonarono la coltivazione. All'apice
della crisi, il Governo federale si svegliò e fondò il 20 febbraio 1957,
la "Comissão executiva do plano de recuperação econômico rural da lavoura
cacaueira"-
Ceplac,
con l'obbiettivo di recuperare e razionalizzare la coltivazione. Il
credito orientato fu lo strumento usato dalla Ceplac per recuperare
il settore in crisi, finanziando nuove tecnologie e fornendo le fazendas
di infrastrutture appropriate per una maggior produzione, ma ci
vollero 15 anni per riportare i livelli di produzione a quelli precedenti.
La
ripresa e la seconda grande crisi odierna
La
produzione brasiliana di cacao si riprese molto bene, sino a sfiorare la
considerevole produzione di 383mila tonnellate nell'annata 1987/1988
corrispondente al 16% della intera produzione mondiale, ma i coltivatori erano destinati a non dormire sonni
tranquilli: il disastro era
alle porte. Un terribile fungo chiamato
Vassoura-de-bruxa, (Crinipellis
perniciosa) ha preso di mira le piantagioni brasiliane facendo precipitare
la produzione a 124mila tonnellate circa nell'anno 2001/02, con una
prevista ripresa a 150mila tonnellate (fonte: stime Ed&F Man, Il Sole
24 ore).
Questa malattia è responsabile del calo di circa il 40% della produzione
di cacao in Amazzonia e del 30% in Venezuela. La forte umidità e il
caldo favoriscono l'espandersi delle spore del fungo, che è capace di
attaccare e distruggere il 90% dei frutti di una pianta.
Alla
ricerca di una soluzione
La
terribile malattia della Vassoura-de-bruxa (letteralmente scopa della
strega), come detto ha provocato un sostanziale calo della produzione di
cacao brasiliano, che associato al basso prezzo del prodotto sul mercato
internazionale (attualmente in lieve aumento e quotato 2.150 dollari per
tonnellata al Mercato di Londra del 2 gennaio 2003, fonte ICCO,
ndr) ha provocato un indebolimento generale del
capitale dei produttori e, conseguentemente, un insufficiente investimento
in mezzi per il mantenimento a livelli competitivi delle coltivazioni. Di fronte a questo scenario si esige l'adozione di nuove strategie sia dal
punto di vista amministrativo che tecnico per la continuazione di una
attività economica e socialmente adeguata. Contro il contagio del
fungo tutti i provvedimenti sono risultati sinora inefficaci o
antieconomici. L'unica soluzione adottata dai coltivatori è quella di
tagliare rami e foglie infestati e distruggerli, spesso con il sacrificio dell'intera pianta.
Verso
la clonazione?
Secondo
un recente studio, nello stato di Bahia vi sono attualmente 600mila ettari
di terreno coltivato a cacao, 400mila dei quali coltivati con specie
theobroma normali e soggette quindi alla malattia. I restanti 200mila
ettari sono coltivati con
piante denominate ibride ottenute da incroci operati
naturalmente dall'uomo utilizzando piante locali e quelle di altri paesi,
ma pure queste sono soggette
alla Vassoura-da bruxa. Nella regione di Bahia esiste una
azienda che sta studiando come combattere questa malattia partendo dai geni
della pianta. Pur essendo una soluzione quest'ultima che desta
molte perplessità nelle organizzazioni ambientaliste contrarie alla
modificazione genetica degli alimenti, l'azienda è giunta alla conclusione che il
miglior
metodo per sconfiggere la
malattia sia la coltivazione di una pianta di cacao geneticamente
migliorata e riprodotta per clonazione. A questo progetto sta lavorando la
Biofábrica de Cacau, organizzazione vincolata al Governo do Estado da
Bahia, creata appositamente per incorporare il Programa de Recuperação da Lavoura Cacaueira
per il recupero delle piantagioni di cacao. Secondo
questa azienda il metodo avrebbe molti aspetti positivi, non ultimi quelli
relativi alla velocità di
attuazione del progetto.
La bioazienda a suo dire sarebbe in grado di produrre in 6 mesi una
pianta di cacao immune partendo da una normale theobroma innestata
con tessuto geneticamente
modificato. In 4 anni il coltivatore avrebbe una piantagione
rinnovata composta da piante di cacao esenti dalla odiata malattia della
Vassoura. Tale immunità non
sarebbe però trasmissibile e si renderebbe necessaria in caso di sostituzione di
una pianta vecchia con una nuova geneticamente modificata fornita dalla
Biofábrica. Questo metodo sicuramente troverà mille ostacoli, ma secondo
l'azienda sarebbe attualmente sia l'unico possibile.
Orlando
Cruz, curatore del sito della Biofábrica de Cacau e di una bella pagina
sulla coltivazione di cacao in Bahia, ci ha risposto così commentando
questo articolo: "É di vitale importanza che il mondo conosca la
cultura del cacao e la crisi che si è abbattuta su di noi con
l'insorgenza della malattia vassoura-de-bruxa. Solo grazie al cacao clonato la
nostra regione ora si rimetterà in piedi".

La storia del cacao
Cacahuaquabitl
era la parola con cui le civiltà pre-colombiane chiamavano la bella pianta del cacao che cresceva spontaneamente nelle foreste del centro e sud
America. Le proprietà eccitanti del frutto erano già apprezzate da Maya e
Aztechi, che ne consumavano una bevanda derivata dalla
macinazione delle sementi durante cerimonie sacre o importanti banchetti
considerandola addirittura come la bevanda degli dei. Pare che i Maya
furono i primi a coltivare questa pianta, mentre la prima testimonianza al
mondo occidentale viene dal conquistatore spagnolo Hernán Cortez
(scambiato per il dio Quetzacoalt in persona) che
nel 1516 sperimentò personalmente una bevanda amara offertagli con
solennità dal re Azteco Montezuma in una brocca d'oro. Egli constatò che
quella bevanda aveva un effetto tale per cui una sola tazza
"forniva energia a un uomo per
un giorno intero di cammino". Come successe con altri frutti tipici
delle Americhe quali pomodori e patate, anche il cacao venne apprezzato e
poi diffuso nel resto del mondo, non senza però incontrare contrasti sul suo
cammino: il viaggiatore milanese Gerolamo Benzoni nel 1575 scrisse che "la
bevanda assomiglia più al cibo per maiali", sebbene fosse il prodotto più
costoso importato dalle Indie. Vi fu addirittura chi,
a Vienna nel 1624, tale
Johan
Franciscus Rauch, condannò la bevanda perché "infiamma le passioni"
e ordinò ai monaci di non farne uso. La prima grande affermazione
del cacao si ebbe in occasione del matrimonio tra Luígi
XIII re di Francia con Anna d'Austria. Gli sposi
ricevettero in dono questa nuova energetica bevanda da un ordine di monaci spagnoli.
La corte francese aderì subito alla novità in maniera tale che modificò
rapidamente le
abitudini della nobiltà dell'epoca. All'inizio il cacao veniva consumato
alla maniera azteca, ossia i semi erano semplicemente triturati ed
impastati, solo in seguito si imparò a mescolare l'impasto con del miele,
cosa che ne rese molto più gradevole il sapore e quindi la diffusione.
A Londra nel 1657 nacque la prima "Casa del
cioccolato", ma a questo alimento era ancora lontano da come lo
intendiamo
noi. Solo molto più tardi infatti si ebbe una
svolta: nel 1828 l'olandese
Coenraad
Johannes van Houten
sottoponendo la pasta di cacao a una forte pressione riuscì ad ottenere il burro di
cacao e triturando il residuo, la polvere di cacao. La vera e propria produzione del
cioccolato venne accreditata in seguito alla ditta inglese Fry che a Londra nel
1847 misturò polvere e burro di cacao con dello zucchero ottenendo quel
gradevolissimo alimento che conosciamo tutti. Una
trentina d'anni più tardi, nel 1875, dalla collaborazione di Daniel
Peter con Henri
Nestlé
nacque il primo cioccolato al latte, naturalmente in Svizzera.

La coltivazione
ed il prodotto
Fu il botanico svedese Karl Linnaeus nel 1753 a classificare questa
pianta della famiglia delle Sterculiacee col nome di Theobroma fructus
modificato più tardi in Theobroma cacao il cui
significato é, in memoria alla credenza degli Aztechi, "Alimento degli dei".
L'albero del cacao non è
molto alto, raramente supera la decina di metri e nelle coltivazioni viene mantenuto
a un'altezza
sui 5-6 metri per favorire la raccolta dei frutti. La maturazione della
pianta avviene dopo circa 10 anni, mentre la sua vita produttiva è di 25.
La theobroma non ama i raggi del sole diretti, per cui viene coltivata all'ombra
di altre piante quali il banano, prediletto per l'abbondante ombra data dalle sue
grandi foglie, ma anche il cedro e la mangueira. Sulla pianta del cacao coesistono
contemporaneamente gemme, foglie, fiori, frutti acerbi e frutti maturi. Ogni albero
produce all'anno all'incirca 10-15 di questi frutti, raramente si arriva a 20. Questi sono dei grossi
baccelli
chiamati cabosse che hanno una lunghezza di circa 20-25 centimetri e contengono
dai 20 ai 60 grossi semi ricoperti da una gelatina dolciastra. Esistono
due varietà principali di theobroma: la Criollo e la Forastero da cui derivano numerosi
ibridi. La varietà Criollo è la più pregiata, ma anche più delicata e meno
produttiva. Le sue cabosse sono tondeggianti, verdi quando acerbi e gialli
quando maturano. La varietà Forastero ha una cabossa più o meno piatta,
di colore rosso, bruno quando maturo ed i semi hanno un gusto più forte e amaro per la maggior
concentrazione di tannino. La pianta è più robusta e ha un maggior rendimento sia in crescita che in produttività, ma qualità meno pregiata.
Spesso i piantatori le coltivano entrambe e le incrociano ottenendo ottimi ibridi.
Il migliore è chiamato Trinitario e riunisce le caratteristiche positive delle due varietà, ma
vi sono molti altri ibridi diversi gli uni dagli altri per gusto, aroma, colore.
Così come per il caffè, anche per il cioccolato si ricerca un prodotto
migliore ricorrendo a miscele di qualità differenti di cacao secondo ricette custodite gelosamente da ogni fabbricante. La raccolta dei frutti può avvenire diverse
volte durante l'anno, ma vengono privilegiati due periodi, uno principale
che viene preferito per la miglior maturazione del frutto ed un secondario
in cui il raccolto è egualmente buono, ma di minor qualità. Una volta
estratti i semi dal frutto con un apposito coltello li si mettono prima al
macero e poi all'essiccazione per eliminare quella scorza gelatinosa che
li ricopre. Vengono poi messi in sacchi di juta di 60 kg e
commercializzati. Per arrivare al prodotto-cacao che tutti conosciamo
queste sementi devono ancora subire alcuni passaggi. Dapprima una leggera
tostatura per eliminare gli eventuali residui della buccia del seme, poi
la torrefazione. In questa lavorazione i semi di cacao vengono messi in
sfere rotanti alla temperatura di 110-120 gradi per un periodo di 15-20 minuti. Dalla temperatura
e dal tempo di torrefazione determinano la bontà finale del prodotto, per
cui questo è un passaggio fra i più delicati di tutta la lavorazione e
necessita di una notevole esperienza. Subito dopo si effettua la
macinazione in diversi passaggi che ci dà come risultato finale la pasta
di cacao, che contiene all'incirca il 55% di burro di cacao. Potenti
presse provvedono poi alla spremitura di questa pasta che sottoposta a
pressioni sino a 600 atmosfere rilascia un olio giallastro, il burro di
cacao. Il residuo di questa spremitura sono dei panetti detti
"torte" dalla cui sottile triturazione si ottiene il cacao in
polvere che tutti conosciamo. La sapiente miscelazione di burro e
polvere di cacao, zucchero, latte ed aromi naturali genera quella dolce
leccornia che è il cioccolato.
Non
solo alimento
Oltre
che l'utilizzo del prodotto lavorato nell'industria dolciaria, il cacao è
usato anche come frutto in quanto tale, utilizzando la polpa per la
produzione di succo e di dolci. È utilizzato in molte regioni anche come
comune ingrediente di cucina. Ha molte altre virtù: oltre alle sue note
proprietà energetiche è un flebile stimolante del sistema nervoso
centrale ed ha anche proprietà
diuretiche. E', inoltre, aromatico e facilmente
digeribile. Ha un alto potere calorico grazie alla presenza di lipidi e glicidi (a eccezione del cacao amaro). Non è consigliato l'uso del cioccolato alle persone che soffrono di cefalea, di diabete, di disturbi
epatici e naturalmente alle persone con problemi inerenti al peso, agli
obesi. Anche coloro che soffrono di disturbi gastrici e di calcolosi renale ossalica devono aver cautela nel fare uso di questo alimento.
Oltre a entrare nelle preparazioni alimentari, il burro di cacao è usato in farmaceutica
nella produzione di suppositori e per le sue proprietà di
cicatrizzazione per la cura di ragadi. In cosmesi è utilizzato per la
produzione di creme e prodotti per la pelle e stick protettivi ed
emollienti per le labbra.
La diffusione e la
commercializzazione
La
Theobroma Cacao come detto è originaria del centro America, più
esattamente dai bacini dell'Orinoco e del Rio Amazonas, ma si diffuse
anche in Colombia ed ancor più in Messico. Dal Sud America la
coltivazione è poi stata esportata in Africa, le prime piantagioni nelle
isole di São Tomé e Príncipe e Fernando Póo (Biok, Guinea Eq.), in
seguito approdò anche sul continente, in Ghana. Il clima tropicale
favorevole facilitò l' espansione della coltura in diversi paesi quali Nigeria, Costa
d'Avorio e Camerun. Al giorno d'oggi la coltivazione di cacao si estende
praticamente in tutta la zona tropicale mondiale con una produzione totale
di 2milioni 827mila di tonnellate nel 2002/03. Peraltro il mercato del cacao è in
deficit rispetto alle richieste, che sempre quest'anno hanno superato di
133mila tonnellate la produzione. Il Paese maggior fornitore di cacao in
assoluto è l'Africa con al primo posto la Costa d'Avorio con 1milione 175mila
ton.,
al secondo l'Indonesia con un terzo di produzione rispetto al paese
africano, 420mila ton. Il Brasile è al sesto posto con 150mila
tonnellate di prodotto (fonte: Ed&F
Man Cocoa, Il Sole 24 ore). Attualmente
il più grande partner commerciale del Brasile in materia di cacao è il Canada che nel 1998/99
ha importato 1877 tonnellate di prodotto, peraltro nemmeno direttamente, ma
tramite gli USA.

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