(em
portugues)
In
meno di dieci anni (il suo primo disco, "Aos vivos", è del
1994) Chico César si è ritagliato un proprio spazio sulla scena della
cosiddetta "Nuova Mpb", facendosi conoscere non soltanto in
Brasile, ma anche negli Stati Uniti e in Europa, dove ha abitato per
qualche tempo. Oltre all'indiscutibile talento compositivo e alla presa
che i suoi brani solari, ritmati ma al tempo stesso melodici e ricchi di
candore quasi infantile hanno nei confronti del pubblico, ciò che
conquista della sua musica è l'attenzione per le proprie radici e per la
musica del Nordest brasiliano in generale nei confronti della quale vi è
una nuova attenzione. Chico è riuscito con abilità a misturare i
suoni etnici della sua terra aspra e selvaggia, lo stato del Paraiba, con
quelli di estrazione urbana di una megalopoli come San Paolo che da sempre
ha molto da offrire anche sul versante musicale, e dove lo stesso Chico si
è trasferito dal 1985. Il segreto della sua veloce affermazione è in
fondo proprio questo, oltre naturalmente all'autenticità di un
personaggio che oggi vive di musica ma che il successo non ha allontanato
dalla sua gente, cui è legato e per la quale è impegnato in iniziative
sociali. Da poche settimane è uscito il suo quinto disco, del quale musibrasil.net
ha parlato con il musicista nell'intervista qui di seguito.
Con l'uscita di "Respeitem meus cabelos, brancos" (Rispettate i
miei capelli, bianchi), lei giunge al suo quinto disco. Qual è il significato di questa sua nuova opera nel suo percorso musicale?
E' il disco che mi piace di più dei cinque che ho fatto, sia dal punto di vista musicale
che per quanto riguarda la produzione. E' anche il lavoro
che ha richiesto più impegno per la scelta dei brani. Per esempio, il brano che ha dato il titolo al
cd l'ho inserito quando il disco era già in fase avanzata di preparazione. E una volta
scelto, gli ha dato l'impronta principale.
Perché quel titolo? E dev'essere inteso come ammonizione contro il razzismo in generale, o contiene riferimenti
alla sua vita?
Nelle note di copertina vi è un paragrafo in cui si tratta con esattezza la questione: quando dico "rispettate i miei capelli, bianchi", non parlo solo di me stesso né intendo dire soltanto questo. E' come se qualcuno dicesse "rispettate la mia peculiarità". Ed è proprio questo che intendo dire, come artista brasiliano del Nordest discendente di negri e indios. E anche bianchi. Oppure, al plurale: le mie peculiarità che cambiano. Si parla di tolleranza. Ma non è di questo che si tratta. Piuttosto, di rispetto.
In questo disco lei si indirizza decisamente, grazie al suo modo di comporre e di cantare, verso il romanticismo: qual è il motivo di questa scelta, considerato che la maggior parte dei brani contenuti nei suoi primi dischi era più basata sul ritmo?
Ho sempre composto canzoni romantiche, che parlano di amore, e sono quelle più conosciute della mia opera: "A' primeira vista", "Templo", "Onde estará o meu amor". Credo che oggi in Brasile vi sia un monopolio da parte del ritmo. Ma la musica brasiliana si è sempre distinta per la melodia, come retaggio portoghese delle mornas. Per me comporre musiche melodiche è una necessità perché l'amore è molto presente nella nostra quotidianità. E non parlo solo di amore romantico.
Nel suo disco c'è una mescolanza di suoni che si presenta per lo più con influenze musicali provenienti dal Nordest del Brasile grazie alla partecipazione di alcuni musicisti del suo stato natale, il Paraiba. Ce ne potrebbe parlare?
Ho sempre cercato di mantenere i contatti con la mia terra e con i suoi artisti. In tutti i miei dischi vi sono partecipazioni di artisti nordestini come Lenine, Elba Ramalho, Dominguinhos, Alceu Valença, Nana
Vasconcelos, tra gli altri. Penso che il differenziale della nostra generazione di musicisti popolari - Zeca Baleiro, Lenine e io, oltre ad altri - sia proprio questa mescolanza tra il suono delle nostre terre natali con quello delle grandi città in cui viviamo oggi. Nel caso di questo disco: ho sempre amato il lavoro di "Metalúrgica Filipéia" e ho voluto lavorare con loro. La loro partecipazione nel brano "Sem ganzá não é coco" è stata fantastica - ovvero ne è venuta fuori una traccia indiscutibilmente "nordestina" - per il ritmo, i testi e le musiche anche perché oltre alla Metalúrgica vi ha partecipato il bassista paraibano Xisto Medeiros e il percussionista pernambucano Nana Vasconcelos.
Perché ha deciso di inserire nel disco il brano "Nas fronteiras do mundo", un reggae del compositore spagnolo Luiz Pastor?
Ho conosciuto Pastor grazie a un mio amico, il compositore spagnolo Pedro Guerra durante il mio soggiorno in Spagna per alcuni concerti. Mi ha fatto ascoltare alcuni brani che ho molto apprezzato. Mi fece leggere anche il testo di "Nas fronteiras do mundo" in spagnolo. Composi una melodia lì per lì, ma poi ci lavorai su al mio ritorno in Brasile e ne venne fuori questo reggae. Ho tradotto il testo e ho deciso di incidere il brano nelle due lingue. E ho registrato la stessa canzone insieme a Luiz nel suo disco.
Nella seconda traccia del suo disco, "Antinome", di cui lei è autore, vi è la partecipazione di Chico Buarque, che canta insieme a lei. Ci può dire come è nata questa collaborazione?
Per me è stata una grande felicità che Chico Buarque abbia accettato il mio invito. Quando ho scritto la canzone, capii che aveva molto a che fare con lui. Così gli telefonai e lui accettò subito, prima ancora di averla ascoltata. Sono stato onorato di questo, perché non solo per me ma per tutta la mia generazione, Chico Buarque è ritenuto il maggior compositore brasiliano.
Lei ha abitato e vive tuttora a San Paolo. Ci può dire del differente ambiente musicale che ha trovato in questa città rispetto a quello del Paraiba?
San Paolo, oltre a essere una grande città con molte influenze musicali a causa dell'immigrazione, è un universo musicale. Mi ci sono trasferito perché sapevo che la mia musica vi avrebbe trovato spazio. All'epoca, la scena musicale in Brasile era molto dominata dal rock. Ma sono arrivate cose molto differenti da San Paolo in Paraiba: il suono avanguardista di Arrigo Barnabé, Itamar Assumpção. Cià mi risvegliò il desiderio di trasferirmi qui.
Che importanza ha avuto nella sua formazione musicale l'avere avuto un padre musicista?
Ho avuto la mia prima "esperienza musicale" insieme ai miei genitori. Mia madre cantava musiche religiose in casa, e mio padre partecipava al reisado, una rappresentazione popolare del Nordest. Ciò sviluppò in me curiosità e mi spinse a sapere di più sulla musica. E, nel mio disco "Mama mundi", ho chiamato mio padre a cantare nel brano "Dança do papangú".
E come ha inziato a scrivere musica? Potrebbe parlarci dell'inizio della sua carriera musicale?
All'inizio vi furono le "bandas cover", a partire dai dieci anni, come "Mirim e the snakes", con strumenti inventati da me e i miei amici. Poi, a quattordici anni, fondammo il gruppo "Ferradura", suonando nostre canzoni. A 16 anni, trasferitomi a João Pessoa, conobbi i fratelli Paulo Ró e Pedro Osmar, del gruppo "Jaguaribe Carne", che facevano sperimentazione di linguaggi e mi adottarono artisticamente. Fino a oggi hanno costituito un riferimento importantissimo per il mio lavoro.
Lei è anche impegnato in un progetto sociale, l'Istituto Beradêro, che ha creato in Paraiba. Ci può dire di questa esperienza e delle motivazioni che l'hanno spinta a questo passo?
Abbiamo creato ufficialmente l'Instituto Cultural Casa do Béradêro, a Catolé do Rocha, il 16 aprile dell'anno scorso e mi sono ispirato ai bambini di São Caetano, in Pernambuco, un progetto molto bello a favore dell'infanzia bisognosa della
regione. Ho parlato con persone collegate alle Ong (Organizzazioni non governative, ndt) del terzo settore, e maturai la decisione di ampliare questa idea che è iniziata con la musica e si è estesa alla cultura, alla salute e all'autostima di bambini e adolescenti del "sertão" di Paraiba. Queste persone, che già avevano esperienza, mi hanno aiutato a concretizzare ciò che era soltanto un'idea. La mia prima insegnante di musica fu colei che ha posto le basi per questa organizzazione. Ha sviluppato un progetto musicale chiamato "Gente que Encanta" e che è stato inserito nell'istituto Béradêro. Abbiamo già ricevuto vari contributi come strumenti musicali, dischi e libri. Il prossimo passo sarà di ristrutturare l'edificio che ci è stato ceduto e utilizzarlo come sede del nostro progetto.
Tornando alla musica: cosa pensa della scena musicale oggi in Brasile? Chi sono i nuovi musicisti che giudica più interessanti?
Trovo che la musica brasiliana viva una fase molto fertile, anche con i problemi attuali di mercato. Della generazione che deve essere ancora scoperta dal grande pubblico mi piace (tra gli altri) Vanessa da Mata, una giovane compositrice che sta lanciando il suo primo disco.
Quando ha in programma di tornare in Europa?
Tra giugno e luglio del prossimo anno.
Lei è già venuto in Italia. Le piacerebbe tornarci?
Molto. E' un po' di tempo che non suponiamo in Italia, ne ho nostalgia.
Conosce qualche musicista italiano?
Ho conosciuto personalmente Fiorella Mannoia che ha già registrato brani di vari compositori brasiliani. Sono anche amico di Mafalda Minozzi che abita qui a San Paolo.
Quali sono o suoi futuri progetti musicali?
Musicare una poesia di 40 pagine che ho scritto nel 1994 e che si chiama "Cantáteis". Si tratta di un vecchio progetto che spero di poter realizzare l'anno prossimo.
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Com o "Respeitem meus cabelos, brancos", o senhor chega no seu quinto disco. Qual è o significado dessa nova opera no seu percorrido musical?
É o disco que eu mais gosto dos meus cinco - em termos de som e produção. Também é o disco para o qual houve mais discussão para a escolha do repertório. Por exemplo, a faixa título só entrou quando o disco já estava bem adiantado. Entrou, e deu até o rumo ao disco.
Porque esse titulo? Deve ser entendida como um admonição contra o racismo em geral ou como um referimento a voce mesmo?
No meu texto de apresentação do disco, há um parágrafo que trata exatamente desta questão: "Quando digo "respeitem meus cabelos, brancos" não falo só de mim nem quero dizer só isso. É como se alguém dissesse "respeitem minha particularidade". É o que eu digo, como artista brasileiro nordestino descendente de negros e índios. E brancos. Ou ainda no plural: minhas particularidades mutantes. Fala-se em tolerância. Pois não é disso que se trata. Trata-se de respeito."
Nesse trabalho o senhor aprimora seu jeito de cantar e compor em direção ao romantismo: qual è motivo, calculado que a maior parte das musicas dos primeiros cd foram ritmados?
Sempre fiz músicas românticas, que falam de amor, e são entre as mais conhecidas da minha obra: "à primeira vista", "templo", "onde estará o meu amor". Creio que hoje no Brasil há um monopólio do ritmo. Mas a música brasileira sempre se destacou pela melodia, esta uma herança portuguesa das mornas. Para mim é uma necessidade compor músicas românticas pois o amor é muito presente no nosso cotidiano. E não falo só do amor romântico.
No seu disco tem uma mistura dos sons em várias vertentes da música nordestina, realizada tambem com a ajuda dos musicos da sua terra, a Paraiba. Poderia falar disso?
Sempre procurei manter o contato com minha terra e com os artistas dela. Em todos meus discos, há participações de artistas nordestinos - Lenine, Elba Ramalho, Dominguinhos, Alceu Valença, Nana Vasconcelos, entre outros. Acho que o diferencial da nossa geração de MPB - Zeca Baleiro, Lenine e eu, entre outros - é exatamente esta mistura do som das nossas terras natais com o som das cidades grandes onde vivemos hoje. No caso deste disco: sempre adorei o trabalho da "Metalúrgica Filipéia" e quis trabalhar com eles. A participação deles na faixa "sem ganzá não é coco" ficou fantástica - aliás, uma faixa bem "nordestina" - pelo ritmo, pela letra e pelos músicos pois além da metalúrgica há o baixista paraibano xisto Medeiros e o percussionista pernambucano Nana Vasconcelos.
Porque o senhor decidiu em incluir "Nas fronteiras do mundo" um reggae do compositor espanhol Luiz Pastor?
Conheci Luis pastor através do meu amigo, o compositor espanhol Pedro guerra quando estive na Espanha para algumas apresentações. Ele me mostrou algumas músicas das quais gostei bastante. Mostrou também a letra de "nas fronteiras do mundo" em espanhol. Fiz uma melodia na hora, mas trabalhei em cima dela quando estive de volta ao Brasil e ficou este reggae. Traduzi a letra e resolvi gravar nas duas línguas. E gravei a música junto com o Luis no disco dele.
Na segunda faixa, "Antinome", que è uma sua musica, tem a partecipação do Chico Buarque, que canta com voce. Pode o senhor falar dessa parceria? Como nasceu?
Foi uma felicidade muito grande para mim o Chico Buarque ter aceitado meu convite. Quando fiz a música, achei que tinha muito a ver com ele. Aí, liguei e ele topou na hora, nem quis escutar a música antes. Fiquei muito honrado pois não só para mim como para toda minha geração, o Chico Buarque é o maior compositor do Brasil.
O senhor morou
e mora ainda em Sao Paulo. Pode falar sobre a diferença musical que achou com aquela da Paraiba?
São Paulo, por ser uma cidade grande de muitas influências musicais por causa da imigração, é um universo musical. Mudei para cá porque sabia que minha música acharia um espaço. Na época, a cena musical no Brasil era muito dominada pelo rock. Mas chegaram coisas muito diferentes de são Paulo até a Paraíba: o som vanguardista de Arrigo Barnabé, Itamar Assumpção. Isto despertou o desejo de mudar para cá.
Qual importancia tive na formação musical do senhor ter um pai musico?
Eu tive a minha primeira "experiência musical" com os meus pais. Minha mão cantava músicas religiosas em casa, e meu pai participava do reisado, um folclore do nordeste. Criou a curiosidade em mim de querer saber mais de música. E, no meu disco "mama mundi", chamei meu pai para cantar na faixa "dança do papangú".
Como foi que o senhor começou arranjar musicas? Poderia nos falar do seu começo da sua carreira musical?
Primeiro vieram as "bandas cover", a partir dos dez anos, como super som mirim e the snakes, com instrumentos inventados por mim e meus amigos. depois, aos 14 anos, fundamos o grupo ferradura. tocamos canções próprias. aos 16 anos, ao mudar para joão pessoa conheci os irmãos paulo ró e pedro Osmar do grupo jaguaribe carne, voltado para experimentação de linguagens, e eles me adotaram artísticamente. Até hoje eles são uma referência importantíssima no meu trabalho.
O senhor esta empanhado em um projeto social, o Instituto Beradêro, que criou na Paraiba. Pode falar sobre essa esperienca e as motivaçoes?
Criamos oficialmente o Instituto Cultural Casa do Béradêro, em Catolé do Rocha, no dia 16 de abril do ano passado e me inspirei nos meninos de São Caetano, de Pernambuco, um trabalho muito bonito com as crianças carentes da região.Conversei com pessoas ligadas à ONGs, ao terceiro setor, e fui criando coragem para amadurecer e ampliar esta idéia que começou com a música e se ampliou para a cultura, a saúde e a auto-estima de crianças e adolescentes do sertão da Paraíba. Estas pessoas, já com experiência, me ajudaram a tornar legal o que era apenas uma idéia. Minha primeira professora de música foi quem deu a base para esta ong. Ela desenvolve um projeto musical chamado "Gente que Encanta" e que foi incorporado pelo Béradêro. Já recebemos várias contribuições como instrumentos musicais, cds e livros. O próximo passo será reformar o prédio que nos foi cedido e será usado como sede do nosso projeto.
Voltando para a musica, o que o senhor pensa do cenario musical hoje no Brasil? Quem são os novos musicos que acha mais interesantes?
Acho que a música brasileira está numa fase muito fértil, mesmo com os problemas no mercado. Da geração a ser descoberto ainda pelo grande público, gosto (entre outros) de Vanessa da Mata, uma jovem compositora que acaba de lançar seu primeiro disco.
Quando o senhor pensa em voltar na Europa?
Em julho e agosto do ano que vem.
O senhor ja conhece a Italia. Gostaria voltar no nosso pais?
Gostaria muito. Há algum tempo não tocamos na Itália, estou com saudades.
O senhor conhece uns musicos italianos?
Conheci pessoalmente a Fiorella Mannoia que já gravou vários compositores brasileiros. Sou amigo também da Mafalda Minozzi que mora aqui em são Paulo.
Quais são os seus futuros projetos musicais?
Musicar um poema de 40 páginas que eu fiz em 1994 e que se chama "Cantáteis". É um velho projeto que espero poder realizar no ano que vem.
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