AVVENTURE DI UN BRASILIANO PER LO STIVALE Scusi, dove fica il duomo? (terza puntata)
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Firenze e l'"Irishcoffee"
Che arrivo nel Bel Paese, ragazzi, il mio. Tutto
il percorso di notte, sotto il diluvio universale. Meglio di così... Beh,
intanto, la “vecchia” abitudine di dormire con un occhio attento allo
zaino non è certo sopita e, ogni tanto, scorgo la luce di qualche
stazione. Ventimiglia,
c'è scritto. Sarà
la distanza burocratica da percorrere prima di mettere piede in Italia. A
un tratto, il treno rallenta, e si ferma. Dal
finestrino appannato scorgo solo una scritta: Brignole. Un
brivido, scatto in piedi e esco di corsa dallo scompartimento, passando
sopra gambe, piedi e vaffanculo dormenti, trascinando lo zaino, cercando
di scendere. “'Sti
bastardi nazisti, mi hanno messo in un treno di ritorno in Francia”. Quando
finalmente sono arrivato alla porta, scendo, mi guardo in giro e… leggo
tutta la targa: GENOVA Brignole. Ehm,
eh eh, scusate, falso allarme, rientro, permesso, ecco, sì è vero, sono
un pirla, permesso, grazie… Mica
al vecchio scompartimento, però. Che tra l’altro era già occupato da
qualcuno appena entrato. E neanche avrei avuto la faccia di ri-svegliare
quelli lì. Sicché, con un sorrisetto un po’ imbecille, cerco invano,
per tutto il treno, un posto libero. Ed
ecco il mio primo "buon viaggiare italiano": come tanti altri,
mi metto sdraiato in corridoio, e buona notte. Davvero. Arrivo
a Firenze che sono le 42. Più o meno le dimensioni del piede che ho visto
passare ad un millimetro del naso. Santa Maria Novella. In quella
posizione, mi sembra una bestemmia. Mi
alzo, mi stiracchio un po’, faccio un po’ la faccia del consumato
viaggiatore. Ma sono consumato e basta. Sono
le 3 del mattino. Almeno così sembra. Il
tenentino ventimigliaco mica lo sa, ma mi ha procurato un bel guaio.
Dove
cazzo si va alle tre del mattino? Di domenica, poi. Avevo sì un indirizzo
dove andare, ma mica potevo arrivare lì a quell’ora. E mi avevano
raccomandato di non arrivare durante il fine-settimana. Fregatuuura tanto
temuta, eccomi… vengo… ma ‘ndo vado?… Beh:
dovunque sia, sarà verso l’uscita, tanto meglio avviarsi e…PAM! D’un
tratto sono a terra. Che è, chi è stato, cosa succede? Niente. Mi alzo e
mi accorgo che la sudata jlaba marrochina non c’è più… Come
abbiano fatto a portarmela via, è un mistero. Benvenuto
alla civiltà!!! Fa
male scendere dal proverbiale pero. Dopo alcuni mesi di Marocco, rimasto
illeso anche dopo essere stato nelle medine più sperdute nelle ore
più assurde, cominciavo a credere di essere immune ai furti. Ci pensa
Firenze, nella sua immensa civiltà, a riportarmi alla ragione. Tappa
obbligata al bar della stazione: sono le 3 del mattino e non credo sia
molto elegante chiamare qualcuno a quest’ora, ammesso ci sia qualcuno da
chiamare. Nei
bar delle stazioni hai due possibilità: o vuoi stare per i fatti tuoi, e
allora vai ai tavoli, o ti azzardi a incontrare qualcuno, e allora stai in
piedi. La
mia fortuna non andava per la maggiore, e quindi non mi stupisce il tipo
rosa-violaceo che mi dà pacche sulle spalle, offre birra e straparla in inglese.
Dopotutto, sono due o tre ore da passare, e se quello mi tocca il culo
posso dargliene due che tanto è stra-ubriaco. Tanto a quest’ora nelle
stazioni non gliene frega niente a nessuno… Il
tipone però è in gamba. Irlandese, dice, e di questo sono sicuro. Di
dove, lo sono invece di meno. Poi non so se mi dice un nome di città, un
verbo, oppure parla di sé. Ma anche se non capisco bene il suo inglese,
ciò che è certo è che bestemmia come un fiume in piena. E ride, ride a
voce alta e di gusto, il tipaccio. Mi piace. Mi racconta di viaggi che a
quell'ora e a quel livello etilico, mi scendono giù che è un piacere. Nel
mezzo dello spara-balle reciproco, mi offre una stanza per la notte, da
solo, sottolinea ripetutamente (e meno male). Che ci perdo? E’ quasi
domenica, fino a martedì non trovo nessuno della scuola, e se non do un
po’ d’attenzione alla mia vecchia compagna fortuna va a finire che
questa si rompe e mi mette le corna. In più, la birra la paga lui. Ok,
Irish Coffee, andiamo. Firenze,
di notte, fa uno strano effetto. Finora, il gotico l’avevo visto
soltanto nei fumetti di Batman. A dire il vero, visto sì, ma non
“vissuto”: mi sembrava d’essere a Gothan, con le guglie
delle chiese
e le casette medievali. Santa Maria Novella, mi dice, e le giriamo
intorno. Porcavacca,
l’irlandese è il prete!!! E
tanti saluti alla mia spavalderia. Da
non credere: corridoietti con la volta rotonda, porte con enormi assi in
legno, come una segreta!! Finalmente ero nell’Italia che ho sempre
letto: quella di Corto Maltese! Infila la chiave in una delle porte:
dentro c'è un letto, interruttore luce, tavolino, comodino e bicchiere
d’acqua. Bagno in fondo. Ecco la chiave, ci vediamo domattina, buona
notte! E
chi riesce a dormire? La
stanza era fenomenale: mattoni a vista, stucco cadente, quadretto di Gesù
col cuore lucente e spinato, come l’aveva soltanto mia nonna. Anche la
luce, proveniente da un lampadario di ferro battuto così piccolo che
starebbe bene sul comodino, piuttosto. Grandioso. Mi
addormento sognando misteri, fughe impossibili per i corridoi bui delle
segrete, catacombe e riunioni iniziatiche. Non
male, non male davvero. Fortuna mia, ben tornata!! Mi
sveglia alle sette (solo TRE ore dopo!!!), e ci metto un po’ a capire
come è vestito. "C’mon,
wake up, man, how was the night? Here you are, i’ve brought you some
coffee. Stand up and hurry, it’s time to pray". CHE??? M’alzo,
mezzo in fretta, parecchio intimidito, sono sicuro che gli do fastidio:
passata la birra, ora s'è accorto di aver portato qualcuno dentro. “Here,
man, here: hurry up”. M’indica
una porta, passo più in fretta che posso, accenno uno sguardo di scusa,
ma non ho tempo: sono già dentro, a destra dell’altare. La chiesa è
piena!! Mi
dà un abbraccio, due pacche sulle spalle, un cenno d’addio alla maniera
militare, mi fa segno di sedermi e prende posto accanto al prete: la messa
è già iniziata. La
messa. E' dal tempo della prima comunione che non ci vado. All’inizio mi
sento un po’ fregato, un po’ indispettito. Poi è rimasto solo il
suono, l’eco di tutte quelle voci che rimbombano sul tetto di Santa
Maria Novella. E
una leggerezza mite, amichevole, di casa. Non
l'avrei rivisto mai più. Chissà dov'è finito? Fatto
è che quell’irlandese mi ha fatto fare la più bella entrata in una
città da quando sono uscito da casa. Lui
non era il prete, certo che no, ma non ho capito bene chi fosse. E chissà
che razza di nome aveva. Ma
mi ha aperto il cuore. E Firenze, vecchia puttana, c'è entrata per restarci.
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