La sfida di Lula e il Sebastianismo Le ragioni storiche che spiegano la vittoria del leader del Pt
di José Luiz Del Roio
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Apprendisti di speranza |
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A voz do continente eles têm aqui |
La voce del continente essi hanno qui |
(K. Ramil/B. Fogaça) |
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Nel 1578 il re di Portogallo, Sebastiano, partì da Lisbona con un' immensa flotta. Portava con sé il fiore della gioventù lusitana. Sognava di conquistare il Marocco e tutta l'Africa mora. In modo arrischiato si addentrò nelle immense sabbie del Sahara e fu completamente annientato ad Alcácer Quibir. Il suo corpo, e quello delle migliaia dei suoi giovani soldati, scomparve, inghiottito dal deserto. Indebolito da tale disastro, il Portogallo, due anni dopo, cadeva - insieme con tutte le sue colonie - sotto il dominio della Spagna che sarebbe durato otto decadi. Fra il popolo cominciò a circolare la leggenda che Sebastiano non era morto, e che un giorno sarebbe tornato per rendere il suo paese indipendente, con molta abbondanza per tutti. La violenza, le diseguaglianze, le sofferenze sarebbero divenute cose del passato. Il gesuita Antônio Vieira, sebbene fosse un uomo di cultura, era un ardente adepto di questo messianismo e lo diffuse fra gli abitanti della colonia brasiliana. E il mito del "nascosto" che sarebbe venuto per dare una giravolta a tutto, che sarebbe stato capace di "fare diventare il sertão mare e il mare sertão" germogliò radici e persistette nel tempo. Grandi ribellioni contadine come quella di "Canudos" nella regione del Nordeste nel XIX secolo e quella del "Contestado" nel sud, pochi anni dopo, furono "sebastianiste". La classe dominante brasiliana sempre fu elitista e escludente, gestendo il potere e l'economia come se fosse cosa sua. Così il reddito andò sempre più concentrandosi. Negli ultimi anni la globalizzazione neo-liberista è passata come un temporale sul Brasile, portando nel suo seno una profonda denazionalizzazione dello stato, con le privatizzazioni e l'aumento della dipendenza dal capitale finanziario internazionale. La situazione dell'economia popolare è precipitata, con il suo corollario di disgregazione sociale e di violenza. L'ottimismo innato del brasiliano, la speranza che il domani "deve essere migliore e lo sarà", l'orgoglio per il proprio paese, l'autostima, tutto ciò ha cominciato a vacillare, il futuro si è offuscato e smetteva di esistere. E in modo diverso e contemporaneo nuovamente si è profilato il mito del "sebastianismo". È in questo stato di spirito delle masse che si è inserita la candidatura Lula. Mostrava la faccia di un uomo del popolo sofferto, uguale a esso. Non veniva dalle élites, aveva patito la fame, l'impossibilità di studiare, era stato sfrutttato nel lavoro di fabbrica, aveva avuto dei morti fra le persone a lui più care per mancanza di assistenza medica. Allo stesso tempo era trascinato nella sua ascesa da una vasta rete di movimenti sociali, sindacali, di partito, religiosi che riaprivano nella muraglia della disperazione uno spiraglio di speranza. La tendenza messianica in rapporto a Lula è diventata ancora più forte dopo le elezioni. Ogni volta che appare in pubblico, la moltitudine lo accerchia commossa, i genitori portano i bambini perché egli li tocchi, come se fosse il re taumaturgo del medioevo. Tutto ciò è indubbiamente una ricchezza di sentimenti e un capitale politico, ma anche una responsabilità enorme. Questi milioni di persone non possono essere delusi. Tuttavia, il quadro economico e internazionale è negativo. Molte sono le forze che faranno di tutto per portare al naufragio questa esaltante esperienza. La sfida per il Presidente eletto e per le forze che lo appoggiano insieme ai movimenti sociali è di fare di tutto per collaborare alla organizzazione del popolo brasiliano. Perché possa esso stesso impugnare la bandiera della speranza per il futuro dei suoi figli e di tutta l'America Latina.
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