La speranza che sconfigge la paura Oltre che dagli esclusi dal benessere, la proposta di Lula
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RIO DE JANEIRO “Qui
è uno schifo, si guadagna una miseria e non avrò mai la possibilità di
iscrivermi all'università! Spero tanto che con Lula la situazione
migliori ma non ci conto più di tanto.” Beatriz
ha diciotto anni, la mattina si alza alle sei per essere a scuola per le
sette e mezza; finita la scuola lavora in una lanchonete (una
specie di bar-tavola fredda molto diffuso a Rio) fino alle otto per
portare a casa meno di duecento reais al mese. Vive in una favela
di Rio nord e prima di trovare questo lavoro a casa sua si passava spesso
la fame. Roberto
invece vota per Serra. Operaio di ventinove anni con salario minimo (200 reais),
da cinque mesi è disoccupato e vende arachidi tostate per la strada.
Dedotte le spese, riesce a portare a casa quasi centottanta reais al mese
e il suo sogno è di trovare un lavoro fisso con uno stipendio di trecento
reais per poter aiutare la madre e i suoi quattro figli. In famiglia tutti
votano Lula, ma lui pensa che Serra sia molto più rappresentativo e offra
un'immagine migliore del Brasile. Andrea
è avvocato civilista oltre a essere una dinamica imprenditrice; ha una
società di importazione di prodotti alimentari di lusso e un negozio-laboratorio
di articoli di decoro per la casa. Vive alla Barra da Tijuca, quartiere
della nuova borghesia carioca, e pensa che solo Lula potrà portare un
po’ di giustizia sociale e di benessere in questo paese. A
Rio de Janeiro il 79,64 per cento della popolazione ha votato per Lula.
Lula ha avuto la maggioranza dei voti in tutti gli stati fatta eccezione
per l'Alagoas, stato agricolo della famiglia Collor in cui il 75% delle
terre (praticamente tutte quelle coltivabili)
è di proprietà di
venticinque famiglie. In un certo senso si tratta di uno degli ultimi
stati feudali del pianeta terra, dove i “padroni” hanno di fatto
diritto di vita e di morte sulla popolazione che da loro dipende. Ciò
che ha fatto nettamente propendere l’elettorato a favore del candidato
petista è la delusione per i modesti risultati del governo uscente, che
ha mantenuto in piccolissima parte le promesse fatte in campagna
elettorale: nell’ottava potenza economica mondiale sono infatti milioni
le persone che non possono permettersi tre pasti al giorno, oltre al
permanere di una grave crisi economica, vista dai più come il sostanziale
fallimento del modello economico proposto dal governo. Tutti
riconoscono in Fernando Henrique e, in una certa misura in José Serra,
una grande statura morale e un sincero convincimento nella bontà delle
proprie idee. Ma la loro visione fideista del mercato quale esclusivo
strumento di regolazione e redistribuzione della ricchezza si è rivelata
fatale dal momento che in un’economia globalizzata
la compensazione tra le forze in gioco non è interna al paese; e
quindi è molto facile che la speculazione di pochi, quasi tutti
all’estero, spolpi all’osso interi stati abbandonandoli poi con una
montagna di debiti che non potranno mai pagare. È
più o meno quanto accaduto in tutta l’America Latina, che negli ultimi
dieci anni si è vista quasi dimezzare gli indici di crescita. Il Brasile
ha avuto nell’ultimo decennio la peggiore performance in campo economico
di tutta la sua storia. La
proposta di Lula, che tra le varie cose prevede la revisione totale dei
criteri di intervento dello stato e dei suoi organismi finanziari e la
riduzione progressiva del rendimento dei titoli pubblici per liberare
risorse a favore del sistema produttivo, ha quindi potuto contare non solo
sulla grande massa degli esclusi dal benessere, ma anche di ampi settori
imprenditoriali. Il
mondo dei media, per esempio, sta affondando in un mare di debiti dovuti
all’inconsistenza del mercato interno che ha ridotto ai minimi termini
gli investimenti pubblicitari. Non è un caso quindi che questa volta
giornali e televisioni si siano mantenuti neutrali quando non leggermente
a favore del candidato petista, come nel caso del giornale "O Globo". Per
alcuni aspetti quella di Lula ricorda l’elezione di D’Alema in Italia,
ma a differenza di quest’ultimo Lula rappresenta per i brasiliani un
motivo di rinascita dell’orgoglio nazionale e attorno a lui si sta
creando un forte movimento di coesione sociale. È
piaciuta l’iniziativa di creare subito una segreteria straordinaria per
affrontare il dramma della fame (secondo stime di ambienti prossimi al Pt
sono quarantadue milioni i brasiliani che, in varia misura, soffrono
carenze alimentari), ed è piaciuto che sin dal primo discorso pubblico
Lula abbia dichiarato di volere che il Brasile sia il punto di riferimento
politico ed economico per tutta l’America Latina, tramite il
rafforzamento del Mercosur e l’adozione di una ferma politica che
intende la pace quale strumento indispensabile per il risanamento delle
economie e dei rapporti sociali di tutti gli stati del continente. Nonostante
l’enormità delle problematiche da affrontare è proprio questo clima di
solidarietà nazionale che sta prendendo piede con forza in tutti gli
strati della società a far ben sperare per il futuro del paese e
rappresenta pure il vero “fatto nuovo” di questa storica transizione
di potere.
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