Nouvelle vague in salsa paulistana "O invasor" tra i film migliori dell'ultima generazione di registi
|
Lanciato
nel 2001, programmato al Festival del cinema latino americano di Trieste
dopo essere stato premiato al Sundance 2002 come miglior film latino
americano ed essere selezionato al festival di Berlino, O Invasor è
senz’altro una delle migliori pellicole dell’ultima generazione di
autori brasiliani. Con quest’opera il regista Beto Brant si è a
sua volta imposto all’attenzione quale uno dei massimi rappresentanti di
questa nouvelle vague di cineasti made in Brazil. La
vicenda, totalmente ambientata a São Paulo, narra di tre amici
proprietari di un’impresa di costruzioni, fin dai tempi dei loro studi
universitari. A un certo punto i due soci di minoranza Gilberto (Alexandre
Borges) e Ivan (Marcos Ricca) si trovano in disaccordo con la
concezione etica di Estevão (George Freire) nella gestione degli
affari, e decidono di risolvere il problema contrattando un killer per
eliminare il socio. I
problemi nascono quando Anisio, il sicario, interpretato in modo
sorprendente dal vocalist dei Titãm, Paulo Miklos, alla sua prima
apparizione come attore, decide di insinuarsi nell’impresa e nella vita
di Gilberto e Ivan dopo aver ucciso Estevão
e sua moglie. Anisio irrompe nella quotidianità di Gilberto e Ivan con
continue pretese, crea scompiglio nella routine dell’azienda e per di più
inizia una relazione con la figlia delle sue vittime. Tutto questo porta
al crollo psicologico Ivan, il più debole e insicuro del gruppo. Il
film corre su due binari narrativi: uno è quello della trama, tutto
sommato abbastanza convenzionale nella sua struttura; l’altro è quello
della trasformazione dei personaggi nel venire a contatto con mondi
totalmente alieni: il centro, rappresentato dai ricchi soci, e la
periferia che il marginale Anisio porta con sé. In tutti il contatto
porta a una trasformazione e principalmente su Anisio “...Sto facendo la
bella vita e mi piace! ...Non c’è portafoglio che contenga abbastanza
denaro per togliermi questo piacere.” (in risposta alla classica
domanda: “Quanto vuoi per sparire?”) “...Ora non uccido più
personalmente, mando qualcun altro.” Sono alcune delle frasi che
maggiormente simboleggiano la mutazione. Ivan
invece ha un crollo psicologico, si sente accerchiato e costantemente
minacciato, ed è anche l’unico ad avere qualche tardivo senso di colpa
per le proprie azioni. Ad un certo punto tenterà di fuggire da
quell’ambiente dominato dalla legge del più forte e del più furbo dove
tutti sono contro tutti, ma si dovrà arrendere all’evidenza che ciò
non è possibile: quel mondo e quell’etica perversa sono “tutto il
mondo”. Quindi, non c’è via di scampo. Gilberto a sua volta sembra
essere immune a tutto, compreso com’è nel suo arido cinismo. Ma a sua
volta si piega senza fiatare a ogni richiesta di Anisio, in netto
contrasto col suo abituale piglio da manager onnipotente. Vi è poi Marina
(Mariana Ximenes), figlia poco più che adolescente delle due
vittime, tipica rappresentante di una gioventù dorata, ricca e totalmente
priva di cervello e sentimenti, che soccombe al fascino delle “emozioni
forti” che la marginalità può offrire. Nel complesso si tratta di un film splendidamente equilibrato nelle sue varie componenti, girato in super 16 e finalizzato nel formato di proiezione 35mm con processo digitale risente solo in pochi momenti della limitazione imposta dal mezzo grazie a una buona fotografia e ad accurate scelte registiche. La trama scorre veloce e senza smagliature. Il montaggio si ispira, quasi sempre positivamente, a quello dei film di Oliver Stone. La colonna sonora è ottima e realizzata con molta cura; purtroppo per cogliere alcune chicche nella scelta dei brani è necessario conoscere il portoghese. Ottimo anche il lavoro degli attori e in particolare splendida la performance di Paulo Miklos che letteralmente invade la scena e cattura sempre l’attenzione. "O Invasor" è un film intelligente e ben fatto, peccato solo che in Italia saranno rare le occasioni per vederlo.
|