Ivan
Lins
Hotel Park - S.Felice Circeo
26 Luglio 2002
Piano e voce. Due voci: Ivan Lins e Tosca. Due universi distinti e vicini,
shakerati con misura, fusi con discrezione. Due estrazioni musicali differenti, un'unica atmosfera: cordiale. E lontana dagli eccessi di chi deve necessariamente dimostrare qualcosa, oppure catturare il consenso. Un concerto per conoscersi, incontrarsi, sperimentare, pianificare il lavoro che verrà: senza voler straripare, al di là delle leggi del mercato. Un approccio morbido, vissuto intensamente: per condividere esperienze e sensazioni. Per il piacere di esserci. E, magari, di coinvolgere. Senza un'orchestrazione robusta: piano, voce e pubblico, appena un passo più in là.
Concerto agile: un'ora e tre quarti di note già memorizzate e di composizioni in cerca di conferma. Bossa e xote, samba-canção e sorrisi: Ivan Lins, al Circeo, è sciolto, disteso. Tosca è emozione sincera, voce forte e delicata, curiosità che scivola sul palco. E' accostamento timido e solido, leggero ed espressivo. Non aggredisce, completa. La notte di fine luglio è fresca. Il giardino del Circeo Park Hotel di San Felice trattiene umori e sapori. Max De Tomassi è padrone di casa accattivante e traduttore ufficiale. Musica e parole svicolano senza inciampare, godibili e rapide. La seconda volta italiana del duemiladue di Ivan Lins non ammette repliche: unica data, dopo la prima razione distribuita a febbraio tra Roma, Porto d'Ascoli e Milano. E' ancora nostalgia di un passato che preme (Dindi, Samba do Avião, Começar de Novo, Dinorah Dinorah, Depois dos Temporais, Madalena), è ancora Rio, è ancora tributo a Jobim. Ma non solo: questa volta Ivan Lins atterra anche sul repertorio di João Do Vale (Pisa na Flor), cui dedica pure un pezzo inedito. Il suo processo di italianizzazione, intanto, avanza coraggiosamente, speditamente. Ora traduce persino i testi, cantandoli: ovviamente con l'appoggio di Tosca, che emerge nella seconda metà del concerto. La
parceria con Celso Viáfora si fortifica, arricchendosi di nuovi spunti: e allora la scaletta si rinnova, devia, allarga l'orizzonte. Ivan non doppia le fatiche di febbraio, le integra: con intelligenza, sensibilità. E poi promette: "La collaborazione con Tosca avrà un seguito. Riannoderemo i contatti, ideeremo qualcosa. Potremmo realizzare un nuovo CD, non lo escludo affatto. La sua voce mi piace, l'avevo ascoltata in Brasile e mi aveva subito rapito. L'ho cercata, ci siamo trovati, ci siamo intesi immediatamente. Ed è stato bello incontrarsi": La notte del Circeo: non una notte qualunque.
(Maurizio Mazzacane)
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Bebel
Gilberto
Festival "Roma incontra il mondo" - Villa Celimontana
22 luglio 2002
Disappointing: sarebbe stato il primo commento di un anglosassone nella platea del Festival Roma Incontra il Mondo del 22 luglio: prima tre quarti d'ora in attesa del concerto promesso per le 22:00, poi frastornato da un
sound check non perfetto e da un certo scollamento tra la voce di Bebel Gilberto e il resto della sua band.
Ma un tour atteso come questo merita pazienza e la pazienza, si sa, alla lunga viene ricompensata.
Bebel non ha nulla dell'ombrosità del padre, si presenta spigliata, spiritosa, ciarliera, capelli folti e selvaggi alla Gal Costa. Si concede da subito, instaurando un
feeling positivo con il pubblico, dichiarando il suo antico amore per Roma. E salva così la prima parte del
set, inquietantemente scricchiolante. Si parte con "Tanto Tempo", "So Nice" e un pezzo nuovo ancora poco rodato: distonie episodiche turbano la comunicazione e la voce della figlia d'arte annaspa qua e là, vagamente monocorde. Grazie a Dio è il motore non ben caldo, e lo dimostrerà il prosieguo del concerto. Dietro di lei una squadra internazionale: il brasiliano Paulo Levi al sax e flauto (piuttosto insipido), il giapponese Masaharu Shimiza alla chitarra (onesto ma non brillante), l'altro brasiliano Antonio Guilherme Borges alla batteria e percussioni (eccellente) e il tastierista argentino Diego Roman (discreto ma efficace). Si alza la
temperatura percussionistica sul palco e scatta una versione della "Bananeira" di Joao Donato che lascia intravedere le alchimie
lounge-neobossistiche tanto celebrate. Segue un classico: "Samba e Amor" di Chico Buarque ("meu tio" sussurra orgogliosa la star), ben punteggiato dal
violão di Shimiza. Il motore ha incominciato a ingranare. Bebel si esibisce in un italiano zoppicante, conversa col pubblico. Una nuvola di fumo
invade il palco e lei ridendo dice: "che profumo! Questo mi piace". Ci fosse un Gasparri o uno Storace farebbe accorrere le forze dell'ordine. Invece no: tutto si scioglie in una festa rilassata e ancora più ispirata. Tutti ballano, Bebel salta e danza sul palco come colpita dal morbo di Daniela Mercury, presenta nuovi brani che funzionano. La voce - già lo sapevamo - non ha un'estensione formidabile (i geni della laringe sono più del padre o della madre? Non fa grande differenza in effetti) ma il taglio interpretativo è caldo ed efficace.
Presto, troppo presto, arriva la sequenza dei bis. Inizia sul sicuro con una versione
downtempo di Aguas de Março e veleggia verso il trionfo con una immancabile "Eu preciso dizer que te amo" in memoria di Cazuza. A furor di popolo il terzo bis: è la stagionata ma effervescente "Batucada Surgiu" di Marcos Valle, sempre in ipnotica e danzabile chiave trip-hop.
Dopo un po' di suspence, il meritato successo e una conferma: Bebel ha le carte in regola per continuare una carriera luminosa, e funziona anche sul palco.
(Giangiacomo
Gandolfi)
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