LETTURE BRASILIANE Storie di solitudine e infelicità Note a commento di "Legami famigliari", di Clarice Lispector
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Leggere è in fondo accogliere sconosciuti nella propria vita: ascoltarli e cercare di capirli anche se a prima vista non ci sono molto simpatici, e provare a ricostruire le vicende della loro vita, collegando i fili che lo scrittore lascia tra una frase e l'altra, connettendo dettagli, immagini, sensazioni. Leggere fa venire voglia di leggere di più, per sapere come proseguirà la storia, nell'illusione che le "storie" -e non solo quelle scritte- abbiano un andamento infinito, o almeno continuino ancora un po'. E invece i personaggi escono di scena dopo poche pagine: quando
cominci ad affezionartici, ecco che la storia finisce. Come sarà il figlio de "La donna più piccola del mondo": maschio o femmina? minuscolo e istintivo come sua madre? E
Mogli e madri che non conoscono se stesse, bloccate e infelici, con rapide visioni di chi forse potrebbero essere, ma non vorrebbero, pena il sentirsi in colpa, come se l'unico vero gesto d'amore che una donna adulta può provare sia l'abnegazione; soliloqui di donne sole, scontente, piene di piccole manie con le quali riempire il vuoto del loro cuore. Mariti un po' distratti, o mariti attenti ma confusi dal mistero della donna che vive nella loro stessa casa e che non riescono a comprendere. Figli goffi, impauriti, indecisi, lacerati tra ribellione e insicurezza, figli feriti. Genitori autoritari quando sono presenti, oppure assenti e distanti. Coppie in crisi? Purtroppo no: coppie del tutto nella norma sono queste che osserviamo. Il "legame" famigliare è quasi sempre questo: qualcosa che ci paralizza, ci impedisce di crescere e esprimerci, qualcosa che ci fa star male ma che continuiamo a sopportare come prezzo inevitabile per avere un posto "sicuro". Si soffre, leggendo queste storie, perché ci si vede ritratti in esse, si colgono i pericoli insiti in questo nostro modo di vivere e di rapportarci e si esce perdenti, nel riconoscere debolezze simili alle nostre, paure così note: i timori di ferire chi si ama, la fragilità degli equilibri conquistati a fatica, un'immagine di noi sempre da verificare. Questa è la società umana. E' interessante lo sguardo che viene posato dalla Lispector sulla società animale, priva di sensi di colpa o di inadeguatezza, priva del costante conflitto tra la voglia di vivere per sé e la voglia di vivere per qualcun altro: "Credo che anche questo racconto provenga dal mio amore per gli animali; è come se io sentissi che gli animali sono una delle cose tuttora vicine a Dio, materia che non ha inventato se stessa, che è ancora calda dalla nascita, e nello stesso tempo, cosa che si mette immediatamente in piedi, viva fino in fondo, e che vive ogni istante per intero, mai poco alla volta, senza mai risparmiarsi, senza mai consumarsi". Come a suggerirci che il terribile senso di solitudine e di estraneità è un fardello che noi esseri umani dovremmo provare ad alleggerire, affidandoci a un modo di vivere autentico anche all'interno della famiglia, sperimentando nuovi tipi di legami che rendano possibile una convivenza appagante.
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