LETTURE BRASILIANE Storie di solitudine e infelicità Note a commento di "Legami famigliari", di Clarice Lispector
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Leggere è in fondo accogliere sconosciuti nella propria vita: ascoltarli e cercare di capirli anche se a prima vista non ci sono molto simpatici, e provare a ricostruire le vicende della loro vita, collegando i fili che lo scrittore lascia tra una frase e l'altra, connettendo dettagli, immagini, sensazioni. Leggere fa venire voglia di leggere di più, per sapere come proseguirà la storia, nell'illusione che le "storie" -e non solo quelle scritte- abbiano un andamento infinito, o almeno continuino ancora un po'. E invece i personaggi escono di scena dopo poche pagine: quando cominci ad affezionartici, ecco che la storia finisce. Come sarà il figlio de "La donna più piccola del mondo": maschio o femmina? minuscolo e istintivo come sua madre? E la vita di Ana che si perde nel Giardino Botanico in "Amore": resterà segnata dai magnifici alberi, dai frutti maturi e dal morbido e luminoso abbraccio della natura? Ana riuscirà a compiere quel passo che la conduca finalmente verso un'esistenza più felice? E la "Preziosa", al compiere i suoi 16 anni, sarà sempre magra, impaurita dallo sguardo altrui o saprà rischiare e uscire dal suo disagio e dalla sua malinconia? Anche scrivere è accogliere qualcosa, qualcuno. In coda ai racconti che compongono "Legami famigliari", Clarice Lispector ci svela cosa sia per lei scrivere e come sono nati questi racconti: "Non mi è facile ricordare come e perché ho scritto un racconto o un romanzo. Dopo che essi si separano da me, anch'io mi sottraggo da loro. Non si tratta di trance, sembra piuttosto che la concentrazione dello scrivere annulli la coscienza di tutto ciò che non sia lo scrivere propriamente detto". Mi stupisco che abbia tratto piacere, come l'autrice afferma, nello scrivere un racconto molto drammatico, o che non ricordi nulla del periodo della stesura di altre storie. Mi appassiono a spiare le storie vista dall'altra, cioè dalla parte di chi le scrive e non solo di chi le legge. Capisco che a volte è una casualità, una vecchia fotografia, un indizio minimo nella vita della scrittrice che la porta a creare un certo protagonista. Sono 13 questi racconti brevi e intensissimi e molti di essi portano a domandarsi se la famiglia tradizionale, coi suoi ruoli immutabili e una sicurezza economica che cristallizza invece di diventare risorsa, non sia solo un'istituzione che garantisce una sicura e rispettabile infelicità. Mogli e madri che non conoscono se stesse, bloccate e infelici, con rapide visioni di chi forse potrebbero essere, ma non vorrebbero, pena il sentirsi in colpa, come se l'unico vero gesto d'amore che una donna adulta può provare sia l'abnegazione; soliloqui di donne sole, scontente, piene di piccole manie con le quali riempire il vuoto del loro cuore. Mariti un po' distratti, o mariti attenti ma confusi dal mistero della donna che vive nella loro stessa casa e che non riescono a comprendere. Figli goffi, impauriti, indecisi, lacerati tra ribellione e insicurezza, figli feriti. Genitori autoritari quando sono presenti, oppure assenti e distanti. Coppie in crisi? Purtroppo no: coppie del tutto nella norma sono queste che osserviamo. Il "legame" famigliare è quasi sempre questo: qualcosa che ci paralizza, ci impedisce di crescere e esprimerci, qualcosa che ci fa star male ma che continuiamo a sopportare come prezzo inevitabile per avere un posto "sicuro". Si soffre, leggendo queste storie, perché ci si vede ritratti in esse, si colgono i pericoli insiti in questo nostro modo di vivere e di rapportarci e si esce perdenti, nel riconoscere debolezze simili alle nostre, paure così note: i timori di ferire chi si ama, la fragilità degli equilibri conquistati a fatica, un'immagine di noi sempre da verificare. Questa è la società umana. E' interessante lo sguardo che viene posato dalla Lispector sulla società animale, priva di sensi di colpa o di inadeguatezza, priva del costante conflitto tra la voglia di vivere per sé e la voglia di vivere per qualcun altro: "Credo che anche questo racconto provenga dal mio amore per gli animali; è come se io sentissi che gli animali sono una delle cose tuttora vicine a Dio, materia che non ha inventato se stessa, che è ancora calda dalla nascita, e nello stesso tempo, cosa che si mette immediatamente in piedi, viva fino in fondo, e che vive ogni istante per intero, mai poco alla volta, senza mai risparmiarsi, senza mai consumarsi". Come a suggerirci che il terribile senso di solitudine e di estraneità è un fardello che noi esseri umani dovremmo provare ad alleggerire, affidandoci a un modo di vivere autentico anche all'interno della famiglia, sperimentando nuovi tipi di legami che rendano possibile una convivenza appagante.
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