Recensioni

PEDRO MARIANO

Intuição

ANTONIO TARANTINO

 

O violão no Brasil

CHICO CESAR

Respeitem meus cabelos, brancos

DUDUKA DA FONSECA

Samba Jazz Fantasia

HELENA

Azul

 EUMIR DEODATO

Plays Marcos Valle - Summer Samba

 

 

Pedro Mariano - "Intuição"
Trama - 2002
T004/556-2
****

Con un guizzo inaspettato il secondogenito di Elis Regina e componente dell'ormai trendy gruppo degli Artistas Reunidos, propone un album tanto "easy" e gradevole quanto convincente. Tra i compagni di musica della Trama (che per inciso continua a sfornare prodotti brillanti), Pedro Camargo Mariano sembrava dovesse recitare un po' in seconda fila, con lavori pop scorrevoli e levigati un po' privi di mordente rispetto alle peripezie di Max De Castro, Wilson Simoninha, Jair Oliveira e Luciana Mello. "Intuiçao" invece si presenta a suo modo ben più aggressivo e "cheio de personalidade", una collezione di brani da interprete maturo e sofisticato al punto giusto. Intendiamoci: questo è un CD da relax, orecchiabile e lussuoso nella confezione, che non pretende lo spessore del capolavoro. Piuttosto è un pop-soul arrangiato in modo intrigante e impeccabile, talvolta reminiscente di Lulu Santos, talvolta di vecchie glorie come Cassiano e Tim Maia. Qualcosa di estivo e facilmente digeribile insomma, il che a volte può essere un ottimo pregio in tempi di band prive di originalità che girano a vuoto. "O amor se acaba", "Furacao" e "Tudo certo" stabiliscono il giusto groove "Trama", mentre vengono ripescati "song" d'annata come "Eu preciso dizer que te amo" di Cazuza e il santosiano "De repente" a dare profondità storica all'operazione. Ma ci sono episodi che toccano più in profondità e vanno messi in luce adeguatamente: il Jobim languido e sinuoso di "Voce vai ver", con uno splendido intervento vocale di Zelia Duncan, e il celebre "20 anos blues" di Sueli Costa, uno degli standard prediletti da Elis proposto in un blue mood particolarmente felice. Tra i vari esempi di "intuito" musicale che Mariano dispiega con l'aiuto del padre, il veterano pianista Cesar Camargo, spicca lo strano incontro col rock dei Pato Fu, in "5 discos".

(Giangiacomo Gandolfi)

 


Antonio Tarantino - "O violão no Brasil"

Berimbau Produzioni Artistiche - 2002
AT001
***

Tra gli strumentisti italiani impegnati nel divulgare la musica popolare brasiliana nel nostro paese, Antonio Tarantino rappresenta forse il nome di maggior spicco. Chitarrista, compositore e insegnante di musica, l'artista napoletano possiede tecnica e sensibilità che gli consentono di esplorare a fondo il complesso e variegato universo della musica strumentale brasiliana, dandone prova in questo disco nel quale passa in rassegna alcuni brani composti attorno ai primi decenni del '900 che possono essere considerati "classici" a tutti gli effetti. Come "Odeon" di Ernesto Nazareth, "Se Ela Perguntar" di Dilermando Reis e "Bachianinha 1 " di Paulinho Nogueira, già note al pubblico italiano grazie alle esecuzioni di Toquinho, con il quale il musicista si è già esibito. Non mancano brani universalmente conosciuti come la jobiniana "Garota de Ipanema", "Consolação" di Baden Powell, e una riuscita riproposizione di "Manhã de Carnaval" di Luis Bonfà, nella cui parte centrale il chitarrista affianca alla tecnica acustica tradizionale un gradevole effetto elettrico. Il disco, prodotto dalla "Berimbau Produzioni Artistiche" di Treviso, si conclude con cinque brani composti e eseguiti dallo stesso Tarantino, nei quali l'autore si destreggia con efficacia mostrando discrete doti compositive e muovendosi a suo agio tra ritmi fondanti come samba, bossa nova, choro, frevo e baião. Un disco per chi - come suggeriscono le note di copertina - si avvicina per la prima volta alla chitarra brasiliana, ma anche per coloro che ne apprezzano già tutto il suo fascino. 

(Fabio Germinario)

 

 


Chico Cesar - "Respeitem meus cabelos, brancos"
MZA Music - 2002
2407001-2
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Continua lo stato di grazia di Chico Cesar, anche se la sua voce da caetano acido e i suoi ritmi nordestini globalizzati possono piacere o non piacere, deliziare o infastidire l'ascoltatore europeo medio. Lo spessore delle canzoni, e in particolare delle liriche, dolci e ironiche al tempo stesso, è comunque eccellente. Per accentuare il regionalismo internazionalizzato del suo discorso musicale (bel paradosso, ma di moda a quanto pare), il nostro Chico stavolta risciacqua i panni nel Tamigi con l'aiuto del produttore Will Mowat, che ricordiamo nei De La Soul e al fianco di Fernanda Abreu, sfiora più o meno consapevolmente Manu Chao misturandolo alla musica reggaeira del Maranhao ("Nas Fronteiras do mundo") e infonde sapori vagamente tangueri al bel duetto con Chico Buarque ("Antinome"). Non mancano i momenti spensierati e ritmici ("Sem Ganza nao è Coco", "Respeitem meus cabelos, brancos"), ma le perle della sua arte vanno cercate nelle tenere e romantiche ballad, che da qualche tempo a questa parte va affinando con sapiente maestria. "Petala por petala" è davvero incantevole per esempio, praticamente già un classico, alla maniera di "A primeira vista". Ottime anche "Ceu Negro" e "Teofania". In Brasile il CD va fortissimo, segno che il variopinto paraibano ha finalmente toccato il cuore dei suoi connazionali e che ci possiamo aspettare presto lo status di artista cult anche in patria, dopo le difficoltà iniziali. Da parte nostra ci permettiamo di segnalare in particolare l'ultimo brano, "Experiencia", in cui l'elettronica fa capolino con più convinzione e la bella voce di Nina Miranda degli Smoke City (nelle note di copertina Chico la paragona addirittura a una Nara Leao in esilio europeo) si affianca a quella dell'artista mulatto creando un "balanço" nordestino moderno, gradevole e stimolante.

(Giangiacomo Gandolfi)

 

 

 

 

Duduka da Fonseca - "Samba Jazz Fantasia"
Malandro Records - 2002 - 68'43"
MAL 71018
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Finalmente un titolo che rispecchia perfettamente il contenuto del disco. Duduka da Fonseca, uno dei migliori batteristi brasiliani, noto ai più per la lunga militanza nel Trio da Paz, assieme a Romero Lubambo e Nilson Matta, nel suo primo disco solo ambisce, e riesce, a creare l'ennesimo, ben accetto, esempio di via brasiliana al jazz. Come in un binocolo visto a rovescio, Duduka osserva una tradizione prettamente nordamericana (Charlie Byrd, Stan Getz, Herbie Mann, Stanley Turrentine, etc.), e ce la sciorina cotta e glassata a puntino, e con la giusta dose di personalità. Il sound di questo disco, curatissimo, ha le credenziali per non sfigurare di fronte ai migliori episodi del genere, tanto che, già ad un primo ascolto, sorge una netta sensazione di classicità, che non diventa però di deja vù. Come sempre succede in questi casi, Duduka chiama a raccolta alcuni degli amici con cui ha suonato in questi anni, tra cui Tom Harrell, Joe Lovano, Lisa Ono, John Scofield e David Sanchez. Volendo un esempio pratico musicale di cosa intenda Duduka per "Fantasia" musicale, si ascolti Manhattan Style (# 12), pezzo di chiusura, con un eccellente assolo di sax di David Sanchez, doppiato da Claudio Roditi alla tromba, e triplicato da Helio Alves al piano. Ma il disco parte subito con il piede giusto, "Partido Out" (si noti il calembour), con i tocchi felpati al piano di Helio Alves, e i vocalizzi di Maucha Adnet, Alana da Fonseca e Lisa Ono, che si intrecciano con il sax di Billy Drewes. Niente di stilisticamente iconoclasta, chiaro, ma chi ha detto che questo è un limite? Deliziosa (viene naturale usare termini da pasticceria, per questo disco) Sco's Bossa (# 3) composta e suonata da John Scofield, la cui chitarra gorgheggia spensierata con quella di Romero Lubambo. Bello anche il trattamento hard jazz riservato a "Pedra Bonita" (# 5) di Mario Adnet, con un ottimo assolo al basso, più vocalizzi di sottofondo, di Eddie Gomez. Molto rarefatta la versione qui offerta di "Saveiros" (# 7), composta da Dori Caymmi e Nelson Motta, con la voce di Maucha Adnet languidamente distesa sul tappeto pianistico di Kenny Werner, così come "Fotografia" (# 11), di Mastro tom jobim, con la partecipazione di Joe Lovano, Tom Harrell, e il pianismo asciutto di Alfredo Cardim. Un disco che deluderà solo chi non ama il jazz. 

(Mauro Montalbani)

 

 

Helena - "Azul"
Tricatel/Universal 2001 - 40'28"
0138702
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Sulle orme di Bia (e tante altre prima di lei: Zelia Barbosa, Nazaré Pereira, etc.), un altro disco di una cantante brasiliana che risciacqua i panni in Senna. Questa volta, l'etichetta d'origine è la Tricatel, più o meno nota per le proposte di pasticceria pop a cura di Bertrand Burgalat, e il disco non si discosta più di tanto dallo stile di famiglia: melodie raffinate, un po' di elettronica che non dia nell'occhio, un senso di spleen tardoadolescenziale e un po' erotico che sembra uscito da un film di Barbarella. Si inizia subito con una bossa in filigrana, sinuosa e ammiccante, "Morrer nos seus braços", composta dalla Nostra con Philippe Katerine, coautore di tutto il disco. Il senso di ammiccamento prosegue per tutto il disco, merito anche della voce esile e intimista di Helena, che a volte dà l'idea che potrebbe sbandare anche in rettilineo, un po' come succedeva per Astrud Gilberto, anche se poi non succede mai. Si veda ad esempio "Vida nunca terà fim" (# 3). I testi oscillano tra il brasiliano e il francese, con l'unica eccezione in inglese per "Baby Butterfly" (# 4). I vari brani si distinguono tra loro per minime variazioni stilistiche: ciò però non guasta, perche dischi come questo sono principalmente la rappresentazione di una attitudine, qui proposta in undici declinazioni. Una bossa nova da Costa Azzurra o Montecarlo, aggiunto un pizzico di malizia, che fa venire voglia di essere nell'epoca in cui Grace Kelly irradiava la sua sovrana bellezza dai rotocalchi rosa di tutto il mondo. 

(Mauro Montalbani)

 

 

Eumir Deodato - "Plays Marcos Valle - Summer Samba"
Irma Casa di Primordine - 2002
IRMA 507901-2
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Strano personaggio questo Eumir Deodato. Non trovo di meglio che descriverlo come una sorta di Quincy Jones brasiliano, un pianista e arrangiatore che vola dal jazz alla fusion tenendo sempre d'occhio le radici del samba e della bossa-nova, anche nei momenti più biecamente commerciali, in grado di scrivere pagine fondamentali per la musica del suo paese quanto per il panorama internazionale. L'etichetta italiana Irma Records rispolvera una raccolta di incisioni "vintage", in cui il suo sound squisitamente "seventies", che oggi tanto fa tendenza, incontra le composizioni del parceiro Marcos Valle, uno dei grandi (e a lungo dimenticati) creatori della bossa-nova. La modernità degli arrangiamenti e delle soluzioni sonore è effettivamente impressionante: l'organo hammond di Eumir si alterna al piano svettando sulla sua big band in un crescendo di swing colmo di saudade. Da vero "malandro" musicale Deodato anticipa qui tutte le grandezze e le miserie della futura lounge music: energia ritmica, gusto per gli impasti soul, cadute di gusto in tono piano-bar e muzak. Ma il CD funziona e ammalia, grazie ad una straordinaria line-up di musicisti da studio brasiliani e statunitensi. Colpiscono standard intramontabili come "Crickets sing for Anamaria (Os Grilos)" e "Summer Samba (So Nice)", affascinano pezzi semi-dimenticati ma efficaci come "The White Puma" e "Land of Nobody". I brani sono principalmente degli anni '60 e dell'inizio degli anni '70: di lì a poco l'arrangiatore carioca sarebbe esploso con una versione funky di "Also Spracht Zarathustra". In seguito avrebbe guadagnato più di 15 dischi di platino, lavorando con Roberta Flack, Frank Sinatra, Kool and the Gang ed altri personaggi dello star-system americano, per approdare infine alle colonne sonore hollywoodiane, al panorama dancefloor europeo e (con una certa dose di improbabilità) alla sperimentazione di Bjork. Più che un musicista un enigma, ma con una bella storia alle spalle... 

(Giangiacomo Gandolfi)