Navigato e geniale, ecco Rivaldo Economia in crisi, ma Berlusconi pensa a rinforzare il suo Milan
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Pernambucano
appariscente: in mezzo al campo, al limite dell’area altrui, dove si
inventa, dove il calcio si fa evoluzione, dove la palla crea il risultato
che olia l’ingranaggio. Esuberante: di tecnica, di gesti, di arte, nella
cadenza e nell’applicazione. Olivastro, apparentemente timido: Trentenne di successo: coppe, titoli nazionali, un Pallone d’Oro, il Campionato del Mondo. Dell’album dei più forti era la figurina mancante e l’Italia l’ha chiamato: la crisi del calcio bussa solo alla porta dei più deboli e non spaventa Berlusconi. Affare annusato e concluso: la gente applaude e pregusta, la linea di montaggio si rianima. Il Milan, malgrado tutto, può spendere. Tanto. Perché Rivaldo costa. Tanto. Cartellino più contratto, si scivola su cifre indigeribili. Ma non importa: Rivaldo c’è, quando sembrava irrimediabilmente lontano, irraggiungibile. Se n’era invaghita la Lazio di Cagnotti: abbordaggio lungo e lusinghe continue, ma spese invano. Il Barcellona lo blindava, lo difendeva. La teoria di Luis Van Gaal, tecnico scomodo, l’ha liberato, proiettandolo nel libro paga gestito da Galliani. Rivaldo c’è, è arrivato: atterraggio morbido, quasi silenzioso. Ha svicolato, dribblato pressioni e passioni della gente. Poche parole, chiarificatrici: “Ho trent’anni, ho appena aggiunto in bacheca la coppa più importante con la Seleção, ma non vuol dire che sia già stanco oppure appagato. Vengo per vincere: ovunque sia stato, ho vinto qualcosa. Lo farò anche in Italia”. Concetti che garantiscono la tifoseria accuratamente evitata all’aeroporto: perdono immediato, allora. Rivaldo è classe genuina, controllo di palla coniugato all’astuzia, esperienza miscelata all’abilità. Con la palla tra i pedi, ma anche tra verbi e aggettivi: “Ronaldo? Problemi dell’Inter. Io parlo della mia squadra, del Milan”. Cronisti raggirati, con garbo, eleganza. La stessa eleganza di tocco, rapido e incisivo. Spesso decisivo. “Il numero di maglia? Prendo la undici, la dieci la lascio volentieri a Rui Costa”: taccuini delusi, Rivaldo è pratico, furbo, saggio. Rivaldo ha edificato il cammino del Brasile in Corea, devolvendo i riflettori giapponesi a Ronaldo. Vincendo la scommessa che era sua, di Scolari e della squadra tutta. Aggiudicandosi uno spazio indelebile nella galleria dei più amati, nel club dei vincenti. Occupando un posto perpetuo nel cuore della gente e nella storia del football. Incassando e ripartendo per una nuova avventura, che è un’avventura complessa. Il Milan rimane un’idea, un progetto indefinito. E sì: capire quanto Rivaldo possa aggiungere concretamente al quoziente di pericolosità del team di Ancelotti è il nuovo gioco di società che ha colorato un’estate sbiadita e che non ha ancora ottenuto risposte eloquenti. La classe, da sola, non sempre basta. Soprattutto in Italia, dove calcio significa stress, condizionamenti, polemica, tecnica, tattica e agonismo, tutto assieme. Dove il risultato è la diretta conseguenza di un equilibrio, sul campo e al di fuori, sulle panche degli spogliatoi e tra le scrivanie societarie. Ma Rivaldo c’è. E ha già decodificato e capito il mondo che gli ruota attorno. A Barcellona, e non solo. C’è, con le sue intuizioni e con quella malizia di attore consumato. Con la furbizia che sgorga dal talento: quella palla che a Ulsan, a gioco fermo, gli franò addosso e lo indusse a barcollare e cadere fortificò il Brasile di Felipe Scolari. Era simulazione pura, espediente limpidissimo, la Turchia pagò e protestò: forse, però, proprio allora la Seleção emerse dalla paure e dal torpore, appropriandosi di certezze e coraggio, di forza interiore e convinzione. Forse proprio allora il Brasile acquisì il possesso della propria inespressa potenzialità, modificando un ancor fragile profilo psicologico. Probabile, probabilissimo: o, almeno, ci piace pensarlo. La storia, intanto, racconta di quel Brasile che guadagnò un passo diverso e più sicuro e che raggiunse l’ultima stanza del corridoio, a Yokohama. E Rivaldo c’era, protagonista di un sogno, di un’impresa. Protagonista, pensando all’Italia.
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