EDITORIALE

Quale  Brasile

di Fabio Germinario

Che cosa spinge un gruppo di persone che vive nel ricco Occidente a utilizzare il computer per scambiarsi appassionati messaggi sulla musica e la cultura di un altro paese, per di più appartenente al Terzo Mondo, anziché servirsene per scaricare immagini pornografiche, per oziose conversazioni in rete o semplicemente per giocare, come vorrebbero le insistenti statistiche sull’utilizzo dell’internet? E cosa spinge le medesime persone a interessarsi alla cultura di un paese come il Brasile che ha fondato sulla tolleranza religiosa la propria convivenza civile, mentre in questo stesso momento in altre parti del mondo la diversità di religione è pretesto per un nuovo conflitto universale? Chi di noi partecipa dallo scorso febbraio alla lista di discussione Musibrasil e ora si accinge a dare vita a questo giornale, non ha una unica risposta da dare a questi interrogativi. Della comunità sorta in questi mesi, fa parte chi prova interesse per il Brasile perché ne ha apprezzato una delle espressioni di cui in genere non trova traccia nei mass media, a causa di un’offerta culturale sempre più anglocentrica. Ma vi è pure chi ha aderito per conoscere meglio le origini di un proprio familiare di nazionalità brasiliana, o perché attratto dal Brasile dopo esservi andato per turismo. Poi vi sono coloro che sono alla ricerca di nuovi modelli culturali perché delusi dal provincialismo in cui da qualche tempo è caduto il Bel Paese. E anche coloro che dal Brasile provengono, trovando negli scambi di opinioni e nelle informazioni che ogni giorno ci scambiamo un modo per riavvicinarsi ad esso, seppure in modo virtuale. Vi sono infine musicisti, giornalisti, docenti e altre professionalità che utilizzano la nostra lista come fonte di notizie utili a svolgere il proprio lavoro. Abbiamo riempito un vuoto, dice chi ci ha trovato e si è unito a noi. Le motivazioni che ci hanno spinto a dedicarci in privato a una cultura differente dalla nostra e ora ad aprire questa finestra nella rete sono molteplici, se sommate a quelle che sfuggono alla sfera razionale.

Ma più che esporre le nostre motivazioni, ci preme chiarire a chi ci legge per la prima volta di quale Brasile intendiamo occuparci. Del paese noto ovunque per la sfrenata allegria del carnevale, la suggestione delle musiche, i colori del folklore, il fascino esotico di certe bellezze tropicali? Oppure di quello che viene classificato tra i paesi più ingiusti del mondo a causa della enorme disparità economica di chi vi dimora, che assiste con indifferenza all’estinzione di una parte dei propri abitanti e alla devastazione del territorio da essi occupato, che abbandona migliaia di bambini nelle proprie strade? Questo giornale ha l’ambizioso obiettivo di superare i luoghi comuni attraverso i quali il Brasile viene presentato, e di guardare ad esso in modo disincantato, senza tesi precostituite. Siamo consapevoli delle difficoltà, e tra queste principalmente della distanza, fisica e culturale, che ci separa dall'oggetto della nostra attenzione. Non è tuttavia la distanza fisica, nell’era dell’internet, che può frapporre ostacoli alla circolazione delle idee, come vanno ripetendo i guru della globalizzazione, della quale grazie al nostro progetto riusciremo a sperimentare almeno un aspetto positivo. Inoltre confidiamo nella nostra visione europea (quella che ancora non ci hanno colonizzato) come chiave di lettura di quella parte della cultura brasiliana che nell’Europa affonda le proprie radici. Non vogliamo, infine, nascondere il contenuto volutamente provocatorio della nostra proposta. Al vuoto culturale del nostro paese, un'italietta che si ostina a guardare all’occidente xenofobo dei blocchi contrapposti (un tempo politici, ora pseudo-religiosi, in realtà sempre di potere) ci piace opporre quei valori della tolleranza, della mescolanza etnica e del sincretismo, dei quali il Brasile è portatore.