Xangô
è figlio di Oranian, re di Oyó, e guerriero double-face: è
infatti famoso per avere il lato destro del corpo di colore nero e
quello sinistro bianco. Crebbe nella terra di Tapá, da dove
proveniva sua madre Torosi, e fin da piccolo dimostrò un carattere
molto forte. Anzi, decisamente autoritario, visto che diventò capo
incontrastato dei bambini del villaggio, che conduceva a
rubare la frutta dagli alberi e ad altre imprese analoghe.
Stancatosi presto del teppismo da periferia, si dedicò ad avventure
più gloriose: decise di partire da solo, portando con sé soltanto
un oxé (scure a doppia lama, che è anche il suo simbolo),
un sacchetto di cuoio contenente una sostanza che una volta
inghiottita gli permetteva di sputare fuoco, e alcune piccole pietre
chiamate edun ará (le pietre del fulmine, dalla forma simile
a quella dell’Oxé) che lanciava contro le case dei suoi nemici
per incendiarle. Gli abitanti di Kossô, la prima città in cui
giunse, gli riservarono un’accoglienza tutt’altro che
amichevole: difatti cercarono subito di scacciarlo temendo che con
il suo carattere prepotente portasse disordine e violenza. Ma bastò
che Xangô li minacciasse con la sua scure e che incendiasse qualche
casa con le sue pietre, perché la popolazione si riducesse a più
miti consigli acclamandolo addirittura re. Preso il potere, dimostrò
inaspettatamente di possedere tutte le doti che si addicono a un
buon sovrano: amministrava con equità la giustizia e spesso
intraprendeva opere utili alla comunità.
Ben
presto però quella vita così tranquilla gli venne a noia e riprese
il suo girovagare. Fu così che finalmente giunse a Oyó che come si
è detto era stato il regno di suo padre e che in quel periodo era
governato dal suo fratellastro Dadá-Ajaká, un uomo tranquillo e
pacifico che amava molto i bambini e le arti. All’inizio tra i due
fratelli filava un perfetto accordo, con Xangô che combatteva al
posto di Dadá-Ajaká, ma trascorso un po' di tempo e non riuscendo
più a dominare il suo bisogno di comandare, Xangô detronizzò il
fratello.
Anche
questa volta si dimostrò un ottimo re, abilissimo sia in guerra,
sia nell’amministrazione della giustizia: si dice addirittura che
ogni volta che si verificava un furto, il sovrano col suo occhio
infallibile riuscisse immediatamente a scovare il colpevole in
qualsiasi posto si nascondesse. In breve il regno divenne grande e
prospero,al punto che Xangô fece costruire un grande palazzo con
cento colonne di bronzo nel quale andò a vivere circondato dalle
sue tre mogli (Iansã, Obá e Oxum) e dai suoi figli.
Il
suo regno tuttavia durò solo sette anni: un giorno, infatti, salì
sulla collina che dominava il suo palazzo per provare una nuova
magia che gli avrebbe permesso di lanciare fulmini più potenti.
Disgraziatamente l’esperimento riuscì fin troppo: il primo
fulmine ridusse in cenere tutto il palazzo, o secondo alcuni (forse
un po' esagerati) addirittura tutta la città, uccidendo tutti
coloro che in quel momento vi si trovavano. Resosi conto del
disastro, Xangô cominciò a vagare in preda alla disperazione, e
una volta giunto a Kossô, non reggendo al grande dolore, batté un
piede al suolo con forza cosicché la terra si aprì e lo inghiottì.
Da questo breve profilo si può capire molto della figura di questo
orixá assai venerato in Brasile. Intanto che è l’orixá del
fulmine, o come si dice più spesso, del tuono: quando una persona
viene colpita da un fulmine si ritiene che abbia fatto qualcosa per
suscitare l’ira di Xangô, che è anche l’orixá della
giustizia: per questo motivo tale morte è considerata
particolarmente disonorevole. Quando a essere colpita è invece una
casa, bisogna scavare nel punto in cui il fulmine si è scaricato a
terra finché non si trova un edun ará che verrà posto
sopra l’altare di Xangô.
Un’altra
singolare caratteristica di questo orixá è quella di lasciare (a
Obaluaiê, l’orixá delle malattie contagiose, che ha una
relazione molto stretta con Xangô, tanto che alcuni li ritengono
fratelli) la “testa” dei suoi figli sette mesi prima della loro
morte… ma ciò non per paura, come qualcuno sostiene
(calunniosamente): solo perché essendo il suo elemento il fuoco
vitale, non sopporta il contatto con un corpo che si sta
raffreddando per l’approssimarsi della morte.
I figli di questo orixá sono molto coscienti della propria
importanza che a volte tendono ad esagerare, hanno un carattere
molto autoritario e mal sopportano di essere contraddetti o
contrastati; cosa che spesso è causa di violenti attacchi di
collera durante i quali assumono atteggiamenti che contrastano col
profondo senso di giustizia che di solito li contraddistingue. Ma
nonostante ciò sono considerate persone molto sensibili… anche al
fascino dell’altro sesso, cosa in cui generalmente sono
ricambiati.
Caratteristiche
Saluto:
Kaó-Kabesilé
Dominio: Fuoco, fulmini, pietre
Axé: Giustizia
Sincretizzazione: S. Gerolamo
Giorno della settimana: Mercoledì
Colore: Bianco e rosso
Strumento: Oxé
Animale sacrificato: Montone
Cibo (offerta): Amalá (coda di bue e quiabo a pezzetti, cotti
nell’acqua)
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