55 minuti di Morte Densa

Colloquio con Kiko Goifman, regista del "corto" che ha
rappresentato il Brasile al Festival del cinema di Locarno

 

di Eliane Oliveira

 

 

(em portugues)

    Cinquantacinque minuti in cui otto persone raccontano un assassinio. L’unico che  hanno commesso nella loro vita, in un momento di rabbia o di paura estrema. La figlia che pianifica la morte del padre, perché maltrattava la moglie. L’uomo che uccide il fratello gemello perché aveva tentato di violentargli la figlia e faceva debiti a suo nome. La donna che assassina il marito nel tentativo di difendersi. La ragazza che spara contro il fidanzato e gli chiede scusa nei suoi ultimi secondi di vita. E’ questo il non facile tema scelto dai registi Kiko Goifman e Jurandir Muller in “Morte densa”, il cortometraggio che ha rappresentato la cinematografia brasiliana al Festival internazionale del cinema di Locarno. Il documentario, basato su testimonianze di vita reale registrate su uno sfondo nero e mixate con immagini neutre, è una realizzazione di Paleo Tv, casa di produzione di San Paolo che già lo scorso anno era stata in concorso con il corto “33”. Fin dagli albori della sua attività, dieci anni fa, ha sempre cercato di privilegiare produzioni culturali. Quest’ultimo progetto è nato 5 anni fa, quasi in risposta al proliferare di film del genere serial killer, di produzione per lo più statunitense, dei quali si dice che “Hollywood fa vedere troppo sangue e dà poche spiegazioni.”

Il lungo tempo di lavorazione è dipeso dalle difficoltà di reperire finanziamenti e dalle difficoltà di produzione. «Nessuno voleva sponsorizzare un video dal titolo “Morte Densa”. La prima impressione di tutti era che si trattasse di un argomento troppo forte, troppo duro», spiega Kiko, presente a Locarno. «Ma a noi, invece, non interessava il lato truculento del crimine. Quello che volevamo fare emergere era la densità delle emozioni che si provano nel commettere un omicidio, nel togliere una vita. I nostri intervistati, a parte uno, hanno commesso un solo crimine, non sono killer di professione. E non è stato affatto semplice incontrare persone disposte a raccontare la loro storia davanti a una telecamera, mostrando il loro volto.”

Contravvenendo alla consuetudine di televisione e cinema, Goifman ha scelto di  raccontare le storie affidandosi solo alle parole dei protagonisti. In questo modo è riuscito a parlare della morte senza mostrare violenza, ottenendo un documentario che scorre veloce, a dispetto dei suoi 55 minuti. «Ho preferito che le persone raccontassero le proprie storie. Le espressioni, quando si ricordano i fatti, parlano molto di più che una ricostituzione filmata del delitto. E per lo spettatore è meglio sentire che la vittima è stata uccisa con un coltello che vedere il coltello insanguinato». “Morte Densa” punta l'indice su un tipo di violenza che non è “esclusiva” del Brasile. «Sono fatti che sarebbero potuti accadere in qualsiasi parte del mondo», commenta Goifman, che precisa: «Il documentario mostra quanto i limiti di tolleranza dell’essere umano possano essere elastici. Come in un secondo, ovvero il tempo di uno sparo non premeditato, si possa spegnere una vita e quanto da quel momento possa cambiare completamente la propria».

Nell’opinione del regista, il video serve anche a dare voce a persone che, una volta condannate al carcere, perdono ogni diritto di parola. «E' necessario capire di che cosa parlano questi individui  per comprendere maggiormente la violenza, soprattutto quella che alberga dentro ognuno di noi». In fondo “Morte Densa” è, anche, una sottile critica alla polizia brasiliana. Che emerge dalle stesse parole degli intervistati: «Quando ho visto che il trafficante mi stava minacciando sono andata a chiedere aiuto alla polizia. Mi sono sentito rispondere: perché non lo uccide? E io l’ho fatto».

 

 

 

 

 

(em portugues)

 

55 minutos de Morte Densa

 

di Eliane Oliveira

 

    Pelo segundo ano consecutivo o Brasil participou do Festival de Locarno. No ano passado com o curta “33”. Este ano com um vídeo em concurso. “Morte Densa”, um documentário de 55 minutos,  conta histórias de pessoas que, em um momento de raiva ou medo extremo, assassinaram alguém. A filha que planejou a morte do pai porque ele maltratava a mulher; o homem que matou o irmão gêmeo porque ele tentou violentar a sua filha e porque fazia débitos em seu nome; a mulher que matou o marido tentando se defender; a moça que deu um tiro no namorado em um momento de desespero e nos seus últimos segundos de vida pediu desculpas.

O documentário é uma realização  da Paleo TV, uma produtora paulista que desde a sua abertura, há 10 anos, privilegia produções culturais. A direção é de Kiko Goifman e Jurandir Muller. O patrocínio é da TV Cultura e da Fundação Holandesa Price Claus. O projeto nasceu há cinco anos de uma inquietação que Jurandir e Kiko tinham com relação ao excesso de filmes tipo serial killer, nos quais a morte era mostrada sem que o autor discutisse os crimes e o significado da morte. “ Hollywood tem muito sangue e pouca explicação"

O longo período de trabalho foi graças às dificuldades de patrocínio e de produção. “Ninguém queria patrocinar um vídeo que tivesse o título “Morte Densa”. A primeira impressão de todo mundo é de que seria um material pesado demais.” Kiko acrescenta ainda que rebateu as críticas com uma afirmação, pra ele, muito simples: “as mortes são extremamente limpas. São tragédias de um cadáver só e quando elas passam a ser espetáculo deixam de ser densas. No caso da produção não foi simples encontrar pessoas que quisessem mostrar o rosto e contar a sua história. “

Os depoimentos são gravados em fundo preto vídeo intercalados com imagens. Contrariando a linguagem da televisão e do cinema, Kiko Goifman escolheu não usar a narração. Ainda assim conseguiu falar de morte sem mostrar violência obtendo um documentário que passa rápido, parecendo ter menos de 55 minutos. “Preferi que as pessoas contassem as suas histórias. A expressão delas quando relembram os fatos diz muito mais do que uma reconstituição do crime, por exemplo. É melhor ouvir que foi morto com uma faca do que ver a faca ensangüentada.”

Morte Densa fala de assassinatos que não são “privilégios” do Brasil. “São fatos que poderiam acontecer em qualquer lugar do mundo”, argumenta Kiko.  O documentário mostra o quanto os limites de tolerância do ser humano podem ser elásticos. Comoum segundo, tempo de um disparo impensado, possa acabar com uma vida e o quanto possa mudar completamente outra.

Na visão do diretor, o vídeo também serve para dar voz a essas pessoas que, uma vez condenadas à prisão, têm o discurso cassado.” É preciso entender o que as pessoas falam pra tentar entender um pouco da violência, principalmente daquela que existe dentro de cada um de nós.” E, por fim, Morte Densa é uma crítica sutil à polícia brasileira. Uma crítica feita pelos prórpios entrevistados. “ Quando eu vi que o traficante estava me ameaçando eu procurei a polícia. O delegado me disse: mata ele de uma vez e eu matei.”