Una fortuna fondata sulla politica

Roberto Marinho fu conservatore per carattere,
dittatore per natura e imprenditore per vocazione

 

di Eliane Oliveira

 

Il "nuovo Brasile" rende omaggio a un pezzo di quello vecchio che se ne va: il presidente Inacio Lula da Silva ha proclamato tre giorni di lutto all'indomani della morte di Roberto Marinho, proprietario e fondatore di Rede Globo.  Bandiere a mezz'asta in tutte le città del paese sudamericano, e una nota diramata ai media nazionali nella quale Lula afferma di riconoscere l'importanza di Roberto Marinho per la nazione, e che egli «è stato un uomo che ha speso la vita credendo nel Brasile». 

(em portugues)

    Manifestazioni di cordoglio, commossi ricordi e aspre critiche. A prescindere dai differenti modi con cui il Brasile ha reagito alla morte del presidente delle Organizzazioni Globo, il giornalista Roberto Marino, è innegabile che egli è stato un uomo che ha anticipato i tempi, che fin da giovanissimo ha scritto una straordinaria pagina personale. Che ha, in sostanza, contribuito fortemente al cambiamento del Brasile. Per un cittadino normale, lui era il padrone della Globo; per i governi e i presidenti era, di volta in volta, un amico fidato o un temibile avversario. Con il suo modo di esercitare il potere, Marinho, come tutti i giornalisti perspicaci e di talento, si è trovato nel posto giusto al momento giusto. E con il più grande impero di comunicazione dell’America latina ha rimarcato la sua posizione. La posizione giusta per il governo giusto.

Raccontare la storia politica del Brasile senza citare Roberto Marinho equivarrebbe a omettere i fatti. Marinho non solo ha dato le notizie: è stato egli stesso notizia. Infatti fu l’interlocutore dei principali politici del ventesimo secolo. Uno a uno, tutti i presidenti brasiliani hanno convissuto con lui. Diede il suo appoggio a Getúlio Vargas nel 1930, si mise contro i comunisti nel '35, contro gli integralisti subito dopo. Si rivolse contro lo stesso Vargas quando ricominciò la democratizzazione del Brasile, nel dopoguerra. Nel '64 appoggiò il regime militare perché, secondo lui, era «la strada giusta per le istituzioni democratiche minacciate dal radicalismo ideologico». Nell'84 ignorò  l’importanza del movimento Diretas Já per appoggiare l’elezione indiretta di Tancredo Neves. Nell'89 sostenne l’elezione di Fernando Collor de Mello per, poi, all’ultimo secondo, quando ormai le accuse contro di lui divennero fondate, dare il suo appoggio alla richiesta di impeachment.

Ciò che Roberto Marinho fece fu di anticipare i tanti momenti di cambiamento secondo le sue convenienze. Dal '69, con la creazione del Jornal Nacional in rete, i suoi messaggi al Brasile, agli amici e agli avversari, arrivarono tramite il JN. Da allora, i brasiliani hanno cominciato ad assistere a un nuovo canale: quello della disinformazione. Il notiziario più importante e popolare della televisione brasiliana ha dato le notizie alla sua maniera. Anzi: alla maniera di Roberto Marinho.

Nell'84, quando tutto il Brasile scese in piazza per chiedere l’elezione del presidente della repubblica, la Globo rimase in silenzio. Soltanto alla vigilia della votazione al Congresso il JN divulgò la manifestazione. Alla sua maniera: «Un giorno di festa a San Paolo. La città commemora i suoi 430 anni…».

La prima elezione diretta del presidente fu favorita dai mass media. Collor ebbe spazio su Globo già prima di essere candidato. Fu l’uomo che cacciava i “marajà” (parassiti statali) nell’Alagoas. Quando arrivò il momento della campagna elettorale era già conosciuto in Brasile come un giovane politico, onesto e di polso fermo. L’ultimo dibattito fra Collor e Lula, prima delle elezioni, fu mandato in onda con un montaggio che favoriva Collor. La Globo scelse il migliore spezzone di Collor e gli diede un minuto e dieci in più rispetto a Lula. Il JN mostrò anche il risultato di un sondaggio telefonico fatto sul dibattito, durante il quale non fu chiesto per chi gli intervistati avrebbero votato, ma la Globo divulgò egualmente che Collor aveva vinto. Non va inoltre dimenticato che il sondaggio fu commissionato allo stesso istituto che curava l’immagine di Fernando Collor. Alla fine Alexandre Garcia concluse il telegiornale dicendo: «Abbiamo mantenuto un canale aperto fra la Tv e i suoi elettori per poter meglio esercitare la democrazia». I sondaggi di opinione rivelarono invece che il dibattito televisivo e il suo montaggio influenzò i risultati elettorali.

Circa l’appoggio dell’emittente a Collor, su interviste ad alcuni giornali internazionali, Marinho ammise di avere usato il potere della televisione per influenzare la politica, ma sostenne di averlo fatto «per patriottismo». Quando il piano di corruzione fu scoperto un’altra volta e la gente andò in piazza chiedendo l’impeachment, la Globo fece la notizia riempiendola di informazioni tratte dalle fonti istituzionali. Quando il congresso approvò il parere della Cpi (Commissione parlamentare d’indagine), la Globo cominciò a mandare in onda servizi più obiettivi.  Solo in quel momento Roberto Marinho cominciò ad appoggiare la caduta del presidente che aveva fatto eleggere.

Marinho fu un conservatore per carattere, un dittatore per natura e un imprenditore per vocazione. Il conservatore contò sempre sui benefici statali per avere esenzioni di tasse, favori fiscali, cambiali e forniture di carta. Il dittatore esaltò le virtù di un modello economico basato sul debito estero, ignorò i gridi dei torturati dalla dittatura e legittimò la censura. L’imprenditore seppe giocare con il potere istituzionale per costruire il suo impero, a cominciare dall’accordo con il gruppo Time Life. Secondo la rivista Forbes, Marinho mise in piedi un patrimonio personale di un miliardo e mezzo di dollari grazie a un conglomerato di oltre 100 aziende e un fatturato di due miliardi di dollari. 

Il Presidente delle Organizzazioni Globo, giornalista Roberto Marinho, come teneva a essere chiamato, ha dato esempio di come impiantare un monopolio, imprimendo a un paese come il Brasile rotte che avrebbero altrimenti potuto essere molto differenti.

 

 

(em portugues)

Um patrimônio fundado sobre a politica

Roberto Marinho foi um conservador por temperamento,
um ditador por natureza, e um empreendedor por vocação

 

por Eliane Oliveira

Manifestações de pesar, elogios e críticas. Independente de como o Brasil expressou a morte do presidente das Organizações Globo, jornalista Roberto Marinho, é preciso admitir que ele foi um homem que enxergou a frente do seu tempo. Um homem que escreveu uma história de transformações pessoais em idades improváveis.  

Para o cidadão comum era o dono da rede Globo, para os governos e presidentes um amigo de todas as horas. No seu modo de exercer o poder, Marinho, como todo bom jornalista de talento e perspicaz, esteve no lugar certo, na hora certa. Com o maior império de comunicação da América Latina marcou sua postura. A postura justa para o governo justo.

Contar a história política do país sem citar Roberto Marinho é omitir fatos. Marinho fez notícias. Foi notícia. Foi, de fato, o interlocutor de todos os principais políticos brasileiros do século 20. Um a um, todos os presidentes brasileiros conviveram com Roberto Marinho. Ele apoiou Getúlio Vargas em 1930, ficou contra os comunistas em 35, contra os integralistas logo em seguida. Se voltou contra o mesmo Getúlio  quando começou a redemocratização do Brasil, depois da guerra. Em 64 apoiou o regime militar porque segundo ele, era o caminho justo para as "instituições democráticas ameaçadas pela radicalização ideológica". Em 84 ignorou o peso do movimento Diretas Já e mais tarde apoiou a eleição indireta de Tancredo Neves. Em 89 ajudou a eleger Fernando Collor de Melo para depois, no último minuto quando não tinha mais saída, apoiar o impeachment. 

O que Roberto Marinho fez foi se antecipar aos muitos momentos de mudança, de acordo com a sua conveniência. E a partir de 69, com a criação do Jornal Nacional em rede, as suas mensagens ao Brasil, aos amigos e adversários, chegavam através do JN. Os brasileiros começaram a assistir um novo canal: o da desinformação. O noticiário mais importante e popular da televisão brasileira dava notícias à sua maneira. À maneira de Roberto Marinho.

Em 84, quando o Brasil inteiro foi às ruas e gritou por eleições  para presidente a Globo silenciou ignorando a campanha Diretas Já. Só nas vésperas da votação pelo Congresso o JN cobriu a manifestação. À sua maneira. “Um dia de festa em São Paulo. A cidade comemora os seus 430 anos...”

A primeira eleição direta para presidente foi favorecida pelos meios de comunicação. Collor ganhou espaço na Globo antes mesmo de ser candidato. Era o homem que caçava marajás no Estado de Alagoas. Quando chegou ao momento da campanha já era conhecido pelo Brasil como um jovem político, honesto e de pulso firme. O último debate entre Collor e Lula, antes das eleições, foi ao ar com uma edição que favorecia Fernando Collor. Colocaram todas as suas melhores falas e deram a ele 1’10’’ a mais em relação à Lula. O JN ainda mostrou o resultado de uma pesquisa telefônica sobre o debate. Não foi perguntado em quem as pessoas votariam mas o Jornal Nacional divulgou que Collor havia vencido Lula. Alexandre Garcia terminou o telejornal dizendo: “mantivemos um canal aberto entre a TV e os seus eleitores para que melhor se exerça a democracia.” Pesquisas de opinião revelaram que o debate e a sua edição influenciaram os resultados eleitorais. Vale dizer que o Instituto que conduziu a pesquisa era o mesmo que cuidava da imagem de Fernando Collor.

Sobre o apoio da emissora a Collor, em entrevistas à jornais internacionais, Marinho admitiu usar o poder da televisão na política mas alegou patriotismo. Quando o esquema de corrupção foi descoberto e o povo foi às ruas em massa, pedindo o impeachment, a cobertura da Globo foi recheada de fontes e versões oficiais. No momento em que o Congresso aprovou o relatório da CPI e foi aberto o processo de impeachment, a Globo levou ao ar uma cobertura mais isenta. Roberto Marinho passou a apoiar o afastamento do presidente que ajudou a eleger.

Roberto Marinho foi um conservador por temperamento, um ditador por natureza, e um empreendedor por vocação. O conservador sempre contou com os benefícios estatais para isenções de impostos, favorecimentos fiscais, cambiais e fornecimento de papel. O ditador exaltou as virtudes de um modelo econômico baseado no endividamento externo, ignorou os gritos dos torturados nos porões e legitimou a censura. O empreendedor soube jogar com o poder instituído para construir o seu império, a começar do acordo com o Grupo Time Life. Roberto Marinho ergueu um patrimônio pessoal de US$ 1,5 bilhão – segundo a revista Forbes –, um conglomerado de mais de 100 empresas com faturamento anual de US$ 2 bilhões

O presidente das Organizações Globo, jornalista Roberto Marinho, deu o exemplo de como criar um monopólio, imprimindo a um país, ao Brasil, rumos que poderiam ser diferentes.