LE PAROLE NELLA MUSICA Caetano e la luna
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La
Luna è senza dubbio una delle immagini fondamentali dell'arsenale poetico
di Caetano Veloso. Essa rappresenta da una parte una costante di
tutta la carriera, dall'altra una variante complessa per le molteplici
venature di cui di volta in volta si ricopre. Già gli esordi sono
segnati, a margine della deflagrazione tropicalista che scombussolò la Mpb,
dai toni elegiaci e idealizzati delle sue esperienze giovanili - amori
pubertari, gli elementi del paesaggio natio, sia naturale che urbano, i
caratteri del popolo baiano inquadrati romanticamente. In questo contesto
la Luna di tanto in tanto fa capolino quale figura marginale del paesaggio
che accompagna i sentimenti delle persone:
«Eu nao vou mais voltar se Deus querer
Il
chiaro di luna (o luar) è un topos folclorico non solo baiano, ma
piú vastamente sudamericano, un motivo che per Caetano rinsalda la comune
identità tra il Brasile e l'America ispanofona nel repertorio selezionato
piú tardi per l'album "Fina Estampa":
«Luna, luna, luna llena menguante (...) Perfino
l'inno che diede il nome al movimento (o che da esso prese il nome), la
canzone "Tropicalia", cita
espressamente un brano che fa parte del patrimonio culturale di ogni
brasiliano ("Luar do sertão" di Pernambuco e Catulo
da Paixão Cearense). L'allegoria
è la figura retorica dominante nei testi tropicalisti degli anni
sessanta, ma nel periodo di massimo fulgore del movimento - dagli esordi
con Gil, Costa, Torquato Neto, Os Mutantes,
alla partenza per l'esilio londinese - la luna non riveste nelle canzoni
di Caetano un'importanza decisiva. Il
passaggio dagli Anni Sessanta ai Settanta non viene generalmente salutato
dalla critica come un mutamento radicale di rotta, ma piuttosto come
un'evoluzione che muove dalle medesime premesse e dai medesimi intenti.
Eppure proprio l'irruzione della luna, in opposizione al sole-allegoria di
una "Tropicália" fondata su una affermativa fusione del
tradizional-popolare con l’ultra-moderno, testimonia di una cesura nella
produzione musicale di Caetano piú netta di quel che generalmente si
tende a pensare. Esiste un'evoluzione nell'opera caetaneana a cavallo degli Anni Settanta, che è legata direttamente all'esilio londinese e ancor di piú al successivo ritorno in patria, salutato dal poeta in modo tutt'altro che euforico. Nemmeno la luna, simbolo qui come altrove di costanza e "bussola" esistenziale, è in grado di lenire la delusione dovuta alla fine del sogno tropicalista:
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Como 2 e 2 "Quando você me ouvir cantar |
(Quando mi sentirai cantare
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La
porta senza serratura rimanda senza dubbio al verso "O monumento não
tem porta" della canzone "Tropicália", scritta solo
quattro anni prima. La perseveranza della luna, che in altre canzoni funge
da apollinea consolazione per il poeta, viene qui associata all‘oppressione
che perdura anche dopo il ritorno dall'esilio. Il discorso
tradizionale/moderno assume in questo caso toni gattopardeschi, accentuati
dall'impotenza del singolo di fronte alla natura (umana?) incarnata dalla
luna. Da notare il fatto che la canzone viene scritta ancora a Londra,
prima del ritorno dall’esilio. Nel
1972, ormai rientrato in Brasile, Caetano pubblica "Jóia", un
disco che apre un trittico significativo nel complesso dell’opera -
insieme al gemello-opposto "Qualquer coisa" e al disco-sintesi
"Odara", tutti e tre richiamati nei versi della canzone eponima
"Odara": Il
tema centrale alla base di "Jóia" è senza dubbio la natura,
che si riveste nella maggior parte delle canzoni di toni salvifici e
tempranti. Un tale anelito è certamente accresciuto dal fatto che invece
il movimento tropicalista privilegia per molti versi l'artificio
culturale: Torquato Neto e Gilberto Gil inventariano la tradizione
brasiliana come una «marmellata generale» (geléia geral),
mediante una sorta di estetica dell'accostamento di frammenti eterogenei
per natura e provenienza che sta anche alla base della "Tropicália"
di Caetano. "Jóia"
viene considerato come un disco profondamente solare, dettato dai ritmi di
vita quotidiani e musicalmente dalle percussioni. La luna vi appare come
un momento di disturbo, una fonte di fascino a cui l'autore tenta di
resistere. Si tratterebbe di una concezione perfettamente romantica, se
non fosse che l'io cantante rifugge l'abisso con apollinea consapevolezza,
non senza che la coscienza del rifiuto risvegli una struggente nostalgia,
come sembra dimostrare la chiusura di "Lua, Lua, Lua, Lua".
Dapprima "Por um momento meu canto contigo
compactua" La
medesima copertina del disco ci offre una conferma interpretativa alle
immagini di un idillio naturale pre-tecnologico: Caetano viene ritratto in
un disegno insieme alla moglie e al figlioletto, tutti e tre nudi, uniti e
ostentativamente felici. Quasi inutile aggiungere che l’immagine venne
censurata dalle autorità, che sostituirono i protagonisti con dei
gabbiani. Il disegno è però da una parte scandaloso per la nudità
(naturale-naturista?), dall'altra neo-tradizionalista nella raffigurazione
della famiglia modello, in un epoca di forti emancipazioni e lotte
sessuali. La
canzone "Lua, Lua, Lua, Lua"
può essere considerata una chiave di volta nell'opera caetaneana,
se è vero che il suo refrem
viene incastonato ripetutamente all'interno di altre canzoni, sia in modo
soft, struggente ed evocativo: con
il secondo verso che significativamente suona un po' come "Só
palavra dança nua" (Solo la parola danza nuda), sia in tono
espressamente citazionale nella canzone "Giulietta Masina", dove
assistiamo ad un inserimento del verso "Lua, lua, lua, lua"
apparentemente fine a se stesso, con la citazione diretta e fugace non
solo del verso, ma soprattutto dell'arrangiamento originale, che
contribuisce ad uno shock estetico ripetuto poco piú avanti con la
seconda citazione "(Existirmos a que será que se destina)",
stavolta inserita nel contesto rimico della canzone, ma con le parentesi
grafiche a sottolinearne il carattere citazionale. Le
due canzoni, accomunate dalla prossimità all'interno dell'album, da
un'epigrammatica stringenza, e non da ultimo dalla ricorrenza del tema
della luna, sembrano invece agli antipodi dal punto di vista della
situazione comunicativa: "Lua, Lua, Lua, Lua" ha il sapore di
una confessione introversa e personale, quasi leopardiana, dell'io alla
luna. Un'invocazione complessa e contradditoria, come abbiamo visto, ma piú
esplicita e meno enigmatica del "Canto", in cui invece la luna
si carica di toni negativi e secondo noi perfino implicitamente
terroristi: "Todo o dia o sol levanta È
evidente un'implicita opposizione tra il sole e la luna, il primo a
sostegno della pacifica laboriosità del popolo, la seconda che concede
una fantomatica tregua solo dopo essersi ammansita: in mezzo vi è una
fase della tarde che parte dal momento in cui il popolo piange perché finisce
il pomeriggio e termina solo quando la luna si acquieta e il popolo può
finalmente tirare il fiato: il riferimento implicito (per evidenti motivi
di censura) al terrore della dittatura con i suoi arbítri serali
coinvolge qui anche la metafora della luna. La restante produzione degli Anni Settanta rappresenta una continuità sul versante della ricerca intertestuale e del dialogo con la parola altrui, ma l'ibridazione tropicalista non contiene piú i toni festosi e popolari degli Anni Sessanta: aumentano i pronomi "eu" e i toni elegiaci e malinconici ("London London", "Queixa", "Nine of ten"), nonché la sperimentazione sul piano musicale e l'influenza dei poeti concretisti per quanto riguarda i testi. Anche
gli Anni Ottanta e Novanta sono caratterizzati da una sostanziale conferma
ed esasperazione di questa tendenza. L’opposizione dialettica tra il
sole e la luna resta ossessivamente presente fino alle produzioni piú
recenti: "Eta, eta eta Il
dibattimento tra dionisiaco e apollineo, nelle opposizioni
solare/notturno, eterno/moderno, natura/cultura sono sempre consapevoli
nel discorso dell’Io cantante: "Onde querez a
lua, sou o sol" Ma
assimilato a una farfalla, la voce intravede un’opportunità tra i due
estremi, vi guadagna una nuova libertà: "A grande borboleta Una
tappa ineludibile di questo percorso è rappresentata dalla celebre "Lua
de São Jorge", ispirata dalla credenza popolare brasiliana secondo
la quale osservando intensamente la luna piena si riesce a distinguere São
Jorge (San Giorgio) che uccide il drago. Nel processo di sincretismo
religioso coatto a cui furono costretti gli schiavi d'origine africana, e
in modo speciale quelli di Bahia, São Jorge venne "sincretizzato"
col dio Ogun, il dio guerriero che sconfigge il Male. Per questo motivo, e
non per la leggenda cristiana di San Giorgio ("sconsacrata" anni
fa dallo stesso Vaticano), l'immagine di São Jorge è così amata e
venerata nella zona centrale del litorale (piú o meno da Rio a Salvador).
Alla luna e alla credenza popolare si aggiunge il motivo del nome Jorge,
che potrebbe rimandare a Jorge Ben (Jorge de Capadócia) o all'autore
maledetto Jorge Mautner, a cui piú tardi Caetano dedicherà anche la
bella "Os Outros Románticos". Pur
non ignorandone gli aspetti deleteri, in "Santa Clara Padroeira da
Televisão" Caetano spezza invece una lancia in favore della
televisione, il mass-medium che aveva contribuito in maniera determinante
al successo dei tropicalisti, esaltando la variante scenica e performativa
del loro spettacolo. Nel
finale della canzone entra però nuovamente in gioco la luna, che fornisce
un controcanto naturale ed eterno alla futile e transitoria luminosità
dello schermo. Anche in questo caso la luna sancisce l'opposizione
naturale/artificiale, eterno/moderno che è una costante di tutta la
carriera di Caetano, senza che l’autore decida deliberatamente di
prendere partito per una o l’altra istanza. Per
ricapitolare, dal punto di vista qualitativo la luna ricorre nelle canzoni
di Caetano con quattro valenze e modalità principali: esistono poche
canzoni che ruotano espressamente intorno al motivo della luna: le piú
famose sono forse "Lua, Lua, Lua, Lua" e "Lua de São Jorge". Una categoria piú vasta comprende le canzoni che
citano incidentalmente la luna, spesso in associazione oppositiva con il
sole. La terza categoria riguarda alcune canzoni in cui il motivo della
luna è una citazione intratestuale, ovvero di sé medesimo, e
specificamente della canzone "Lua, Lua, Lua, Lua", a cui Caetano
evidentemente conferisce valore straordinario. La
quarta classe è costituita da canzoni composte piú o meno appositamente
per Caetano dai musicisti del suo entourage ("A Lua e a Estrela"
di Vinicius Cantuária, oppure "Meia-Lua Inteira" di Carlinhos
Brown), o riprese dalle tradizioni piú diverse, come è il caso di "Tonada
de Luna Llena" o della struggente "Luna Rossa", inserita
nell’album-omaggio per Federico Fellini e Giulietta Masina - che
comprende una volta di piú anche il brano "Lua, Lua, Lua, Lua":
trattando un motivo caro anche al regista riminese, Caetano rinsalda una
profonda affinità elettiva fondata su una poetica della saudade apollinea.
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Lua, lua, lua, lua |
Luna, luna, luna, luna
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Canto do povo de um lugar |
Canto del popolo di un luogo
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Branquinha |
Bianchina
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Lua de São Jorge |
Luna di São Jorge
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Santa Clara, Padroeira da Televisão |
Santa Clara, patrona della televisione
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Lua e estrela |
Luna e stella |
Antonello
Piana è nato ad Alghero nel 1974. Vive attualmente a Berlino, da dove
collabora con la rivista ”Sagarana” (www.sagarana.net) creata dallo scrittore brasiliano Júlio Monteiro Martins.
Note [1] Minuscola scimmia brasiliana in avanzata via di estinzione - ne restano oggi solo alcuni preziosi esemplari -, che deriva il suo nome dal pelo dorato e abbondante attorno alla testa. Con la metafora, l’autore intende probabilmente insinuare come anche l'umano sia in via di estinzione.
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